Caracas : «Un golpe la sospensione dal Mercosur»
Venezuela Attacco cibernetico all'economia
Venezuela Attacco cibernetico all'economia
«Un colpo di stato nel Mercosur». Così la ministra degli Esteri venezuelana, Delcy Rodriguez ha commentato la decisione di sospendere per un periodo di tempo indeterminato il diritto di voto del suo paese, membro pieno del più importante blocco regionale, dal 2012. Argentina, Brasile e Paraguay hanno votato per la retrocessione del Venezuela, mentre l’Uruguay si è astenuto. Il pretesto è quello dell’«inadempienza» al 20% delle regole del Mercosur: sul piano economico, politico e dei diritti umani.
Nei giorni precedenti, Caracas aveva incorporato la legislazione del Mercosur al suo ordinamento legislativo interno, il cui nucleo centrale è l’avanzamento del libero commercio tra i paesi del blocco regionale. Dietro una questione di dazi doganali – che di solito i partner definivano con una telefonata tra presidenti – si celano ragioni di ordine economico e politico.
A differenza di prima, tre paesi sono ora governati dalle destre e premono per firmare il Trattato di libero commercio con l’Europa, a cui aspira anche l’Uruguay. Il Venezuela – che destina oltre il 70% degli introiti petroliferi alla spesa sociale – segue invece un altro indirizzo e continua a guardare ai rapporti sud-sud. Inoltre, quando nel blocco regionale erano presenti presidenti progressisti come Lula da Silva, Dilma Rousseff o Cristina Kirchner, agli scambi puramente commerciali si sono accompagnati i progetti del «Mercosur sociale», guidato dai movimenti di tutti i paesi membri. Nella visione di Macri e dei due governi frutto di golpe istituzionali (Paraguay e Brasile), ora tutto questo è contorno da cancellare.
L’offensiva contro il paese bolivariano dura da mesi: è cominciata con la contestazione della presidenza pro-tempore del Mercosur, che sarebbe toccata a Caracas di diritto. Il ministro degli Esteri del Paraguay, Eladio Loizaga, venuto in Italia per contrattare il Tlc, ha persino convocato una conferenza internazionale per parlare «della situazione politica in Venezuela». E il suo omologo brasiliano, José Serra – ministro di un governo corrotto che, con l’impeachment a Dilma non ha certo rispettato gli standard di democrazia – è nuovamente salito in cattedra: «Il Venezuela – ha detto – è un regime autoritario». Dopo la destituzione di Rousseff, Caracas aveva congelato le relazioni con il Brasile di Temer, e ora ha annunciato battaglia contro «la triplice Alleanza».
Rousseff ha definito quello contro il Venezuela «un atto pericoloso e irresponsabile che compromette la convivenza tra le nazioni del Sudamerica», e ha denunciato la pretestuosità della decisione, precisando che lo stesso Brasile, come altri membri, non è in regola con i 41 accordi d’adesione al Mercosur. Ancora più duro Daniel Caggiani, vicepresidente del Parlasur: «Stanno violando la legislazione del Mercosur, qualunque contenzioso prevede un terzo mediatore». Intanto, importanti manifestazioni di sostegno al Venezuela si stanno svolgendo davanti alle ambasciate nei paesi del Mercosur. I Movimenti dell’Alba, riuniti a Bogotà, hanno diffuso un duro comunicato in cui hanno denunciato «l’offensiva imperialista contro il Venezuela per disarticolare l’integrazione regionale».
Le destre venezuelane, che premono per un intervento esterno nel paese, hanno salutato la decisione come un gran risultato. Il mercato del dollaro parallelo – diretto dalle mafie di Miami – ha registrato un’impennata senza precedenti. Il traffico di banconote alla frontiera colombiana viene ostentato senza ritegno. Ieri, l’economia venezuelana ha subito un attacco cibernetico. Il flusso di contanti è stato interrotto per diverse ore in un giorno cruciale per la riscossione di stipendi e pensioni.
I Bancomat di Credicard, una banca privata che appartiene solo per il 33,34% al Banco de Venezuela e che fornisce il 77% degli sportelli bancari del paese, non hanno emesso denaro, attribuendo la responsabilità al governo. Solo l’intervento diretto di Maduro ha fatto emergere la verità e portato a risolvere il problema. «Hanno fatto lo stesso con la rivoluzione bolscevica di Lenin, con la Cina di Mao, con la Cuba rivoluzionaria, con il Nicaragua, con il Cile di Allende, solo che allora non esistevano carte di credito», ha detto Maduro.
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