L’archiviazione di Davide Conti dall’accusa di aver diffamato Isabella Rauti (e di aver leso la memoria di suo padre) segue il proscioglimento (arrivato maggio) della filosofa Donatella Di Cesare, querelata dal ministro Francesco Lollobrigida, da lei definito durante una puntata del programma Di Martedì come «neohitleriano». Un parere espresso sulla base di un discorso che il ministro fece al congresso Cisal, quando parlò di «sostituzione etnica». Da qui la critica di Di Cesare: «Il nazismo è stato un progetto di rimodellamento etnico del popolo e il mito complottistico della sostituzione etnica è nelle pagine del Mein Kampf di Hitler. Credo che le parole del ministro non possano essere prese per uno scivolone, perché ha parlato da Gauleiter, da governatore neohitleriano». Il proscioglimento arrivò perché «il fatto non costituisce reato». Il prossimo 7 ottobre comincerà invece il processo contro il filologo Luciano Canfora, querelato da Giorgia Meloni per averla definita nel 2022 neonazista nell’animo» durante un incontro con gli studenti.

IN DIFESA di Canfora stati lanciati nei giorni scorsi diversi appelli, tra cui uno dell’Anpi, firmato da oltre 50 associazioni e 1.300 cittadini e uno del quotidiano francese Libèration. La giudice Antonietta Guerra ha ritenuto necessaria un’integrazione probatoria e ha rinviato a giudizio il professore emerito dell’università di Bari. «Chiameremo la premier a deporre in aula», ha annunciato l’avvocato di Canfora, Michele Laforgia che ne aveva chiesto invece il proscioglimento «perché il fatto non sussiste, o perché non costituisce reato, o perché comunque non punibile per esercizio del diritto di critica politica». Per motivi simili a quelli di Di Cesare, Lollobrigida ha poi querelato anche lo storico dell’arte Tomaso Montanari, che aveva raccontato la vicenda con un post su X: «Mi è stata annunciata, ma non mi è ancora dato di leggerla, una querela del ministro Lollobrigida per un articolo in cui ho scritto che chi parla di sostituzione etnica usa le parole e i pensieri di Adolf Hitler e di Benito Mussolini: se sarò chiamato a risponderne in tribunale, sarà una buona occasione per fare in pubblico quell’esercizio di discernimento dei tempi che Primo Levi, col suo stile asciutto e reciso, ci supplica di non smettere di fare».

LO SCORSO APRILE l’insieme delle querele piovute dal governo era stata denunciata dall’associazione Articolo 21 e dall’Anpi. «C’è un’evidente diseguaglianza tra il potere del singolo intellettuale o giornalista e il potere del governo – aveva detto il presidente dell’associazione dei partigiani Gianfranco Pagliarulo -. al governo quando sentono la parola cultura mettono mano al tribunale. Noi, come associazione dei partigiani, siamo e saremo al fianco della libertà». A lui aveva fatto eco anche Vincenzo Vita: «Il peccato è uno: l’avere esercitato il legittimo diritto di critica rispetto ad un pensiero che si vorrebbe unico e omologato».
È notizia più recente invece il rapporto della Commissione europea in cui si evidenziavano molte delle criticità legate alla libertà di stampa in Italia, dalla Rai poco indipendente dal governo agli attacchi subiti da varie testate «colpevoli» di non essere allineate alla maggioranza. Del resto è una nota abitudine della premier Giorgia Meloni quella di fare conferenze stampa senza poi concedersi alle domande dei cronisti, se non in casi in cui proprio le è impossibile scappare.