Candidatura di Kyiv approvata, ma Bruxelles precisa: a certe condizioni
Unione europea Il Consiglio europeo dovrà esprimersi, all’unanimità, sulle candidature di Ucraina e Moldavia al vertice del 23-24 giugno. Macron: «L’obiettivo della difesa ucraina non deve essere di schiacciare la Russia, se fate questo non otterrete mai una pace negoziata»
Unione europea Il Consiglio europeo dovrà esprimersi, all’unanimità, sulle candidature di Ucraina e Moldavia al vertice del 23-24 giugno. Macron: «L’obiettivo della difesa ucraina non deve essere di schiacciare la Russia, se fate questo non otterrete mai una pace negoziata»
L’Ucraina e la Moldavia possono accedere allo statuto di candidati all’Unione europea. Per la Georgia, il percorso è ancora nella fase della «prospettiva». È il “parere” che ieri la Commissione europea ha espresso sulle domande di Kyiv, Chisinau e Tbilisi (frenata perché «avvenimenti recenti hanno intralciato il progresso» di avvicinamento alla Ue). Il Consiglio europeo dovrà esprimersi, all’unanimità, sulle candidature di Ucraina e Moldavia al vertice del 23-24 giugno.
«Vogliamo che vivano con noi il sogno europeo», ha commentato la presidente Ursula von der Leyen. Da Kyiv, Volodymyr Zelensky parla di «decisione storica», di «primo passo verso l’adesione», la domanda era stata presentata dall’Ucraina alla Ue lo scorso 28 febbraio. Mai domanda di adesione ha avuto una risposta così rapida da Bruxelles. Il viaggio di Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Mario Draghi a Kyiv giovedì è stato il segnale che l’accesso allo statuto di candidato era sbloccato. Ma i leader dei tre principali paesi europei, che erano assieme al presidente rumeno Klaus Iohannis, devono convincere tutti i 27. Oltre all’incognita Ungheria, ci sono perplessità di vari stati, Olanda, Danimarca, Portogallo, Svezia, Austria chiedono «condizionalità» precise. Come ha precisato Macron in un’intervista a Tf1 giovedì sera, «l’Ucraina normalmente non potrebbe essere candidata», ma lo approviamo «perché c’è la guerra», come «gesto politico forte».
La Commissione ha difatti posto delle pre-condizioni: «Ci attendiamo, e ne abbiamo discusso con i paesi – ha spiegato Ursula von der Leyen – che alcune riforme vengano realizzate». La presidente parla di «processo dinamico». Sarà sulla «base del merito» delle «riforme realizzate» che l’apertura vera e propria dei negoziati di adesione potrà venire effettuata, poi se queste riforme non saranno fatte «ci sarà stagnazione» del processo. «L’Ucraina ha il proprio destino nelle sue mani». La Commissione ha dato un parere sulla base di tre criteri: politico, economici e di attitudine dei paesi a assumere gli obblighi che derivano da adesione alla Ue. Ci saranno «condizioni per aprire i vari capitoli del negoziato» (sono 35), ha detto Macron, sarà «una strada lunga», è un «processo che può durare anni». L’analisi del processo sarà sulla base del rispetto dello stato di diritto, della lotta alla corruzione, della modernizzazione dell’apparato giudiziario, della preparazione economica in vista dell’integrazione.
Il commissario all’allargamento, Oliver Varhelyi, ha precisato: «Oggi non si tratta di una decisione di apertura dei negoziati». Per von der Leyen, «abbiamo un messaggio chiaro: sì, l’Ucraina merita una prospettiva europea, sì l’Ucraina deve essere benvenuta come paese candidato, vuol dire che un buon lavoro è stato fatto ma un importante lavoro resta da fare».
L’Ucraina ha con la Ue un Accordo di associazione dal 2016 e ha già adottato varie misure, «già il 70% circa degli acquis europei, lo standard delle norme» è stato avviato. Per Macron, «la Ue sono valori, geografie e anche una serie di regole comuni». Ma «non abbiamo il diritto, dopo tante settimane di guerra, in un momento così difficile, di dire all’Ucraina: tornate più tardi, questo segnale deve essere dato ora». «Sappiamo tutti che gli ucraini sono pronti a morire per difendere l’aspirazione europea», ha affermato Ursula von der Leyen.
Macron dice all’Ucraina anche un’altra cosa: che l’obiettivo della difesa ucraina non deve essere di «schiacciare la Russia, se fate questo non otterrete mai una pace negoziata». La vecchia Europa ammonisce: «Francia e Germania, a volte abbiamo vinto la guerra ma perso la pace».
Intanto, sull’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato i tempi si allungano. L’adesione non è in agenda al vertice di Madrid a fine mese, l’invito potrebbe però arrivare a Stoccolma e Helsinki subito dopo. Di solito, una nuova adesione prende 3-4 anni. Ma Svezia e Finlandia rispettano già le norme di operabilità Nato, hanno partecipato a operazioni in Kosovo, in Afghanistan, l’adesione potrebbe avvenire in sei mesi-un anno. Ma l’ostacolo della Turchia si precisa, visto che non ci sono problemi tecnici quelli politici sono venuti fuori molto presto.
La Turchia ha presentato a Stoccolma una lista di domande di estradizione non solo di curdi accolti in Svezia e considerati tutti terroristi da Ankara, ma anche di rifugiati politici turchi. Erdogan non si accontenta delle proposte della prima ministra, Magdalena Andersson, che ha annunciato una legge anti-terrorismo più severa per l’inizio di luglio, né della promessa di una levata dell’embargo sulle armi, imposto alla Turchia dopo l’attacco contro i kurdi siriani del 2019.
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