Notte tra martedì e mercoledì, la terra trema nei Campi flegrei: l’area tra Pozzuoli e Napoli è attraversata da uno sciame sismico, a partire da martedì 88 eventi con il picco alle 3.35, un sussulto che ha toccato la magnitudo di 4.2, registrata dall’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia. Gli epicentri tra la Solfatara e il Golfo di Pozzuoli, a una profondità di 2,7 chilometri. Le scosse sono la conseguenza del bradisismo: quella registrata martedì notte è stata la più forte degli ultimi 40 anni, avendo superato l’evento del 7 settembre di magnitudo 3.8. Solo ad agosto sono state registrate circa 1.200 scosse. Mauro Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano: «I parametri geofisici e geochimici indicano il perdurare della dinamica in corso con il sollevamento del suolo nell’area di massima deformazione, al Rione Terra, a una velocità media di circa 15 millimetri al mese dagli inizi del 2023».

FRANCESCA BIANCO, direttrice del dipartimento Vulcani dell’Ingv: «Il bradisismo si è riattivato dal 2005. Da qualche tempo osserviamo un intensificarsi nel numero di eventi sismici e nella magnitudo. Il suolo si sta deformando con una velocità di sollevamento non particolarmente elevata, ciò comporta però una sollecitazione continua della crosta terrestre. Quest’ultima incamera uno sforzo che poi tende a rilasciare con una fratturazione e, quindi, generando un terremoto. Inoltre, la velocità di sollevamento mostra un trend in aumento. Quando c’è una variazione di velocità, il fenomeno bradisismico tende a mostrare una sismicità di maggiore energia più frequente».

E ANCORA: «Nell’arco di 18 anni si è registrato un sollevamento del suolo che ha raggiunto il massimo di poco più di 113 centimetri nella zona Rione Terra. Quando ci si allontana dal Rione Terra questo sollevamento tende piano piano a diminuire, anche velocemente, in tutte le direzioni fino quasi ad annullarsi dopo qualche chilometro». Altro fenomeno associato alla bradisismo sono le fumarole, come quelle della Solfatara: «Al loro interno – prosegue Bianco – si rinvengono grandi quantità di anidride carbonica, si tratta di un fluido che noi chiamiamo magmatico perché è originato dal declassamento del magma presente in profondità». L’area è costantemente monitorata: «Se il suolo prosegue a deformarsi, si accumulerà sforzo e quindi continuerà a rompersi generando terremoti. Al momento non ci sono variazioni per supportare l’ipotesi di un’eruzione imminente – conclude Bianco – . Lo scenario di riferimento non cambia finché non arriveranno altri dati a indicare la presenza di magma in superficie. Attualmente misure indirette dicono che il magma si trova a circa 6 chilometri».

GIUSEPPE DE NATALE, Dirigente di ricerca presso l’Ingv, ha più volte dato l’allarme, il 18 settembre ha inviato una pec al prefetto di Napoli: «Necessario verificare la vulnerabilità degli edifici intorno all’area. Già nel 2018 ho informato le istituzioni scientifiche che il perdurare del sollevamento del suolo e l’aumento della pressione interna avrebbe portato a una crescita della sismicità, sia in frequenza che in magnitudo. Questi eventi si verificano a 2, 3 chilometri di profondità, molto in superficie, proprio per questo la cosa da fare urgentemente è verificare la vulnerabilità degli edifici intorno alla Solfatara, in modo tale da essere sicuri non ci siano edifici fatiscenti da sgomberare».

I CONTROLLI tra Napoli e Pozzuoli hanno rilevato solo cadute di calcinacci ma la circolazione su ferro è andata in tilt e ci sono volute ore per tornare alla normalità. Il 13 settembre il ministro Musumeci aveva riunito i sindaci flegrei. Tra gli impegni presi, un Piano di analisi della vulnerabilità del territorio; un Piano della comunicazione alla popolazione; l’aggiornamento del Piano di emergenza e delle vie di fuga con esercitazioni periodiche e verifica della rete infrastrutturale. «Ho inoltre sollecitato un approfondimento sul patrimonio edilizio già in condizioni precarie su cui intervenire a scopo preventivo» commentò a fine riunione il sindaco di Napoli, Manfredi.

UN EVENTO ESTREMO vedrebbe la popolazione priva della preparazione necessaria. Edoardo Cosenza, assessore del comune di Napoli alla Protezione civile: «Non ci aspettiamo grandi danni, si tratta di edifici che hanno sopportato le crisi degli anni ’70 e ’80. L’Ordine degli Ingegneri sta mettendo a disposizione personale per fare controlli a vista. Abbiamo affidato a una società esterna l’aggiornamento dei piani di evauazione perché ad esempio cambiano le strade e quindi bisogna studiare i flussi di traffico. L’ultima versione mi pare che fosse del 2009. Ovvio che bisogna aggiornare pure le modalità di comunicazione utilizzando app e cellulari».

IL PIANO NAZIONALE di Protezione civile dei Campi Flegrei è il vademecum in caso di evento grave. In zona rossa ci sono i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto per intero; parte di Giugliano, Marano e alcune municipalità di Napoli. Totale circa 500mila abitanti. Se si arrivasse all’allontanamento, ci sono le regioni gemellate: Pozzuoli ad esempio finirebbe in Lombardia; le municipalità partenopee di Chiaia e Posillipo le più fortunate: in Sicilia e Sardegna. Alla dichiarazione di allarme, tutta la popolazione deve abbandonare la zona rossa in 72 ore. Su 4 livelli di pericolosità, per adesso siamo al secondo cioè giallo («attenzione»). «Oggi ci sarà una riunione in relazione alla microzonizzazione sismica – ha spiegato ieri il governatore De Luca – e sarà convocata a breve un’altra riunione sui trasporti. Ho inviato una lettera alla Presidenza del Consiglio e ai ministri Fitto e Musumeci segnalando che è indispensabile lo sblocco dei Fondi Sviluppo e Coesione per gli interventi di assoluta urgenza sulle reti e la viabilità».