Camionisti brasiliani in rivolta, Temer manda l’esercito
Brasile Paese paralizzato da una settimana per la protesta contro il continuo aumento dei carburanti deciso da governo e Petrobras per riallineare i prezzi alle dinamiche internazionali
Brasile Paese paralizzato da una settimana per la protesta contro il continuo aumento dei carburanti deciso da governo e Petrobras per riallineare i prezzi alle dinamiche internazionali
Il Brasile sta facendo i conti con una nuova emergenza. Da una settimana i camionisti stanno attuando il blocco del trasporto su strada per protestare contro gli aumenti dei combustibili. Nell’ultimo mese la Petrobras, la più importante azienda petrolifera brasiliana, ha adeguato ben 16 volte il prezzo di benzina e gasolio. Nelle stazioni di servizio, in questo arco di tempo, la benzina è aumentata 47% e il gasolio del 38%. Il gas da cucina è aumentato del 68% in un anno, costringendo milioni di famiglie povere a tornare all’uso della legna per cucinare. Sta di fatto che in due anni i prezzi dei carburanti sono raddoppiati.
Sono le scelte economiche di Temer ad aver prodotto questo risultato. La Petrobras, detenuta al 68% dallo Stato, è stata svincolata da una politica di controllo dei prezzi, come avveniva prima dell’avvento di Temer. Il nuovo presidente della Petrobras, Pedro Parente, nominato da Temer, sta portando avanti una gestione che si prefigge di adeguare in modo accelerato i prezzi dei combustibili alle dinamiche internazionali, determinando un riallineamento giornaliero. Fino ad ora la compagnia petrolifera operava aggiustamenti di prezzo scaglionati nel tempo, tenendo conto del mercato interno e dell’inflazione, per evitare grandi oscillazioni che potessero avere gravi ripercussioni sul costo della vita. Ora questo sistema di prezzi amministrati è saltato. Il deprezzamento della moneta brasiliana rispetto al dollaro e l’aumento del prezzo del petrolio sul mercato internazionale hanno aggravato ulteriormente la situazione.
Il Brasile ha raggiunto la piena autosufficienza da un punto di vista energetico. Si producono 3 milioni di barili di petrolio al giorno, che corrispondono al fabbisogno del paese. Il processo di raffinazione avviene all’interno del paese e non c’è la necessità di importare derivati del grezzo. Le misure varate del governo Temer e dalla Petrobras hanno determinato una dipendenza dal mercato internazionale, indipendentemente da quanto si produce e si consuma. E così è esplosa la protesta dei camionisti e della popolazione. L’aumento dei combustibili si è scaricato sui prezzi dei trasporti e degli alimentari.
In Brasile il 90% dei prodotti viene trasportato su gomma. Il vasto territorio viene percorso giornalmente da quasi 2 milioni di camionisti. E si comprende bene quale impatto può avere sui prezzi e sulle condizioni di vita un aumento così elevato dei combustibili.
La protesta è esplosa e i blocchi operati dai camionisti hanno interessato tutto il paese, producendo la paralisi di tutte le attività. Le merci non arrivano a destinazione, gli aerei non possono volare perché le scorte di carburante sono finite, le scuole e gli uffici pubblici vengono chiusi, si sono formate file chilometriche di auto alla ricerca di carburante. Sono 14 gli aeroporti del paese in cui non si possono effettuare voli. Gli autobus circolanti si riducono di giorno in giorno. Sono bloccati i terminali da cui partono gli autobus che collegano le città brasiliane.
Dopo 7 giorni di sciopero i dati forniti dicono che ci sono ancora 550 punti in 24 Stati in cui la circolazione è bloccata. Viene consentita l’apertura di corridoi per la circolazione dei mezzi che trasportano animali vivi, medicine, generi alimentari deperibili. Solamente due settimane fa Temer aveva celebrato, in una solenne cerimonia con i suoi alleati, i fasti dei suoi due anni di governo con lo slogan: «Il Brasile è tornato, 20 anni in 2». Il paese avrebbe fatto un salto in avanti di 20 anni nei due anni di gestione Temer. Nella realtà il presidente completa i due anni con il record di impopolarità. Il suo livello di consenso è talmente basso (2%) da costringerlo ad ufficializzare la sua non candidatura alle presidenziali.
Gli avvenimenti di questi giorni dimostrano quali sono state le politiche portate avanti dal governo del «golpe soave». E ancora una volta, dopo 5 giorni di sciopero, vengono impiegate le forze armate per disperdere i dimostranti e scortare i camion alle raffinerie. Il ricorso ai militari sta diventando una pratica costante di questo governo per gestire situazioni di ordine pubblico. Si affidano ad essi compiti che la Costituzione del 1988 non prevede. Un gioco pericoloso che può avere conseguenze devastanti per la democrazia e lo stato di diritto. Il comitato di crisi, formato da ministri e militari, che Temer ha costituito si sta adoperando per arginare la protesta. Un tentativo di accordo è fallito perché l’Associazione brasiliana dei camionisti, la più importante e rappresentativa con un milione di aderenti, ha rifiutato le offerte del governo. Il Fronte Brasile Popolare e il Fronte Popolo Senza Paura hanno espresso solidarietà ai camionisti, denunciando le politiche di Temer che, favorendo l’allineamento dei prezzi petroliferi ai mercati internazionali, determinano un aumento generalizzato dei prezzi di tutti i beni di consumo, penalizzando la popolazione più povera del paese. Si esprime, inoltre, un grave allarme per l’impiego dell’esercito «perché non è compito delle forze armate correggere gli errori di un governo che non ha alcuna legittimità».
L’Organizzazione Amnistia Internazionale denuncia l’impiego dei militari per liberare le strade occupate dai camionisti e afferma in un comunicato: «L’uso dei militari può determinare azioni violente e mettere in discussione la libertà di espressione e manifestazione. Si può determinare una spirale di violenza, innescando un conflitto sociale che può portare a un processo di militarizzazione nella gestione delle politiche pubbliche del paese». E ancora una volta ci si interroga sullo stato della democrazia in Brasile.
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