La California, prima economia e stato più popoloso d’America, combatte sin dagli albori una battaglia contro la penuria d’acqua. Dopo un secolo di boom reso possibile da mastodontiche opere di ingegneria ed irrigazione, lo Stato si scopre sempre più vulnerabile a cicli di siccità ingigantiti dal riscaldamento atmosferico.

L’attuale ciclo arido che dura ormai da due decenni, con rare “annate umide” sempre più distanziate fra di loro, disegna un “new normal” che minaccia produzione agricola e stile di vita e prefigura effetti sociali ed economici del mutamento climatico.

La condizione per la verità interessa tutto il quadrante del Southwest degli Stati Uniti. I principali bacini regionali, ottenuti mediante le grandi dighe sul Colorado River, fonte d’acqua per California, Arizona, Nevada, Colorado, Wyoming Utah e New Mexico, sono da mesi ai minimi storici, ed hanno ormai l’aspetto di grandi pozzanghere nel deserto. In California settentrionale i bacini di Shasta Lake e Lake Oroville registrano livelli rispettivamente del 36% e del 47% sotto la norma. La riserva di acqua congelata in forma di neve sulle pendici della Sierra Nevada è ormai praticamente esaurita anch’essa. I periodi aridi («drought») fanno parte della naturale storia climatica della regione, ma recenti studi fatti sugli anelli degli alberi millenari rivelano che la megadrought degli ultimi 22 anni è la più significativa dall’800 dopo Cristo, con prevedibili e proporzionali effetti.

Due settimane fa il governatore dello stato, Gavin Newsom, che da mesi ha esortato la cittadinanza a ridurre volontariamente il consumo di acqua, ha infine annunciato misure di razionamento. Dal primo giugno è vietato innaffiare più di due giorni a settimana, non oltre otto minuti alla volta. Vietato altresì lavare le auto con acqua del rubinetto, chi ha la piscina deve obbligatoriamente coprirla per ridurre l’evaporazione. L’adempienza verrà monitorata dalle agenzia dell’acqua e le infrazioni sanzionate dopo un primo avvertimento; per i recidivi è prevista perfino una riduzione del volume di erogazione mediante apposito dispositivo apposto alle tubature.

Accanto agli obblighi e divieti è stata messa in campo una massiccia campagna di informazione e persuasione per massimizzare la conservazione. La durata consigliata per le docce è di non oltre 5 minuti e si consiglia di farla muniti di recipienti per raccogliere acqua con cui annaffiare le piante, è incoraggiata la sostituzione dei prati con vegetazione autoctona, adattata alla scarsità. Ai bambini vengono insegnati ritornelli per ricordare di non tirare lo sciacquone se si è fatta solo la pipì. Si tratta, ha precisato il governatore, di misure di prima fascia; se l’emergenza si aggravasse potrebbero essere inasprite, più simili presumibilmente a quelle in vigore da tempo in città del deserto come Phoenix e Las Vegas. Intanto le tariffe dell’acqua rimangono su una scala progressiva legate al consumo per penalizzare l’uso eccessivo con bollette più salate.

Tutto questo prima ancora di affrontare l’elefante nella stanza, l’agricoltura, responsabile da sola dell’80% del consumo di acqua. Da un lato la produzione alimentare è chiaramente prioritaria, dall’altro il comparto rappresenta potenti interessi economici di conglomerati di agribusiness che un interesse hanno anche nello sviluppare su larga scala colture “pregiate” di prodotti necessitanti irrigazione intensiva come alfalfa (erba medica) ad uso animale, agrumi, mandorle, oltre allo stesso allevamento di bovini. L’agribusiness dispone di potenti lobby oltre che diritti di prelazione idrica spesso acquisti più di un secolo fa. Si tratta quindi di una questione politica da sempre spinosa. Ora però lo Stato inizia ad imporre limiti anche a questo settore e solo quest’anno prevede di sovvenzionare 100 mila ettari di terreni lasciati incolti.

Collegata alla questione agricola è la situazione drammatica che da qualche anno si è venuta a creare nelle comunità contadine, la fascia di polverosi insediamenti di braccianti perlopiù ispanici della Central Valley dove lo scavo illimitato di pozzi agricoli ha determinato in alcuni casi cedimenti del terreno di oltre due metri e prosciugato le falde. In molti paesi nei pressi di località come Bakersfield e Fresno, le piccole case dipendono già dalle forniture delle autobotti per riempire i serbatoi visibili al loro esterno ed a fare uso di docce da campo in appositi trailer della protezione civile. È la conferma di un’altra verità ormai acquisita: che a fare le spese delle prossime emergenze climatiche globali saranno in prevalenza le comunità economicamente disagiate.

È sempre più evidente altresì dall’esperienza californiana che oltre alle misure di emergenza e conservazione una vera soluzione dipenderà da modifiche permanenti alle abitudini ed ai consumi, e dalla ricerca di modelli di sviluppo sostenibili al posto di quelli di crescita perpetua predicati finora.