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Cairo, la procura ottiene solo il 5% dei fotogrammi e due anni dopo

Cairo, la procura ottiene solo il 5% dei fotogrammi e due anni dopo

Omicidio di Giulio Regeni Ricompare il dottorando Walid al-Shobaki, sparito una settimana fa al Cairo, ora è accusato di terrorismo. Studiava il sistema giudiziario egiziano

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 30 maggio 2018

A due anni e quattro mesi dal ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, i video delle telecamere di sorveglianza delle 53 stazioni della metropolitana della capitale egiziana sono stati consegnati ai magistrati italiani. Tanto c’è voluto per ricevere il materiale dalle autorità egiziane, dopo un lungo e certosino lavoro diplomatico del procuratore Pignatone e del pm Colaiocco.

Lo ha confermato ieri l’ambasciatore al Cairo, Giampaolo Cantini: le immagini registrate, e poi sovrascritte, sono ora in mano alla procura romana a due settimane dalla visita in Egitto degli investigatori italiani. Quel giorno, il 14 maggio, erano iniziate le operazioni di recupero dei video da parte di una società russa scelta dal governo egiziano. A disposizione ci sono circa 10 mila fotogrammi e centinaia di sequenze di pochi secondi, immagini decomposte in singoli byte dalla memoria delle telecamere: si tratta però solo del 5% dei 108 terabyte totali, il restante 95% è andato perso. I pm sperano di individuare immagini di Giulio, girate il 25 gennaio 2016 tra le 19 e le 21, giorno e ora della scomparsa dalla stazione Dokki, o dei suoi possibili aguzzini, in particolare dei nove agenti di polizia e Servizi considerati coinvolti nel sequestro e nella morte del ricercatore. Di questi ultimi sono stati consegnati a Colaiocco anche i verbali degli interrogatori.

«Adesso si tratterà di analizzare le immagini e vedere se ci sono dati importanti e rilevanti», ha aggiunto Cantini aprendo a una nuova fase investigativa che non è detto fornisca elementi in più. Quei video non solo sono stati sovrascritti ma sono rimasti nella disponibilità delle autorità egiziane per oltre due anni: i 108 terabyte di materiale erano stati sequestrati il 3 marzo 2016 e da allora conservati negli uffici della procura generale egiziana. Nessuna garanzia di non manomissione visti i precedenti insabbiamenti compiuti dal regime, tra cui la messinscena della perquisizione della casa di un egiziano, Tarek Abdel Fattah, e il ritrovamento – letteralmente, su un vassoio d’argento – dei documenti di Giulio con 560 dollari in sterline egiziane e 15 grammi di hashish. Lo stesso giorno Abdel Fattah e altri quattro egiziani venivano uccisi in una sparatoria.

Intanto è «ricomparso» il dottorando dell’Università di Washington Walid al-Shobaki, sparito una settimana fa al Cairo. Una vicenda che a molti ha ricordato quella di Giulio. Di Walid però sono arrivate «notizie»: domenica è apparso di fronte alla procura suprema della Sicurezza che gli ha comminato 15 giorni di detenzione cautelare. È accusato di diffusione di notizie false e adesione a gruppo terrorista.

La sparizione era stata subito denunciata dalla famiglia e dal professore di legge Nour Farahat che lo aveva incontrato il giorno della scomparsa e con lui aveva discusso gli sviluppi della sua ricerca sul sistema giudiziario egiziano.

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