Buona scuola, un colpo alle minoranze linguistiche
Non è stato facile dare attuazione all’articolo 6 della Costituzione, quello che dice «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». Fino all’entrata in vigore della legge 482 del […]
Non è stato facile dare attuazione all’articolo 6 della Costituzione, quello che dice «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». Fino all’entrata in vigore della legge 482 del […]
Non è stato facile dare attuazione all’articolo 6 della Costituzione, quello che dice «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». Fino all’entrata in vigore della legge 482 del 1999, non c’erano apposite norme nazionali che tutelassero effettivamente le minoranze, tuttavia alcune di queste conquistarono, all’ombra dei trattati internazionali, una tutela rafforzata addirittura di livello costituzionale, perché gli statuti delle regioni e province autonome sono approvati con legge costituzionale.
Le norme nazionali ed europee non tutelano le lingue, ma le persone che parlano una lingua minoritaria, anzi che parlano una lingua minoritaria in un territorio connotato dalla presenza di persone che la parlano: una tutela territoriale. Per essere coerenti la tutela richiede interventi plurisettoriali che spaziano dalla tutela del territorio sia ambientale che idrogeologica, di sviluppo economico mirato alla valorizzazione dei beni materiali e immateriali tipici delle popolazioni minoritarie e, su tutte, lo sviluppo della conoscenza della lingua.
Ebbene nella legge sulla buona scuola niente di tutto questo è assicurato. Nessun meccanismo prevede il mantenimento dei precari bilingui nel loro territorio, benché una scuola con una forte presenza della lingua minoritaria sia uno degli obiettivi delle norme nazionali ed europee.
Le azioni cosiddette di discriminazione positiva rappresentano un principio acquisito, vale a dire che la tutela delle minoranze non costituisce violazione del principio di uguaglianza. Orbene succederà invece che i precari appartenenti ad una minoranza linguistica, anche se coinvolti in programmi regionali di sportelli linguistici o di insegnamento nella lingua minoritaria, saranno trasferiti in regioni senza presenza minoritaria. E parimenti accadrà che in territori caratterizzati da una presenza di lingue minoritaria saranno assegnate cattedre a bravissimi insegnati, ma assolutamente digiuni di conoscenze linguistiche e culturali nella lingua minoritaria.
Alla fine i docenti minoritari saranno sradicati dalla loro comunità e le loro comunità private di elementi qualificati per il mantenimento della lingua.
Un tassello che si aggiunge alla progressiva scomparsa politica di rappresentanti delle lingue minoritarie nelle istituzioni pubbliche, con la solita eccezione della Val d’Aosta e della provincia autonoma di Bolzano. I comuni sono raggruppati a forza in Friuli e Venezia Giulia, con annullamento della minoranza slovena e con il mancato sviluppo dell’identità friulana.
L’abolizione della democrazia elettiva diretta nelle province ha comportato l’abolizione di collegi caratterizzati da una presenza linguistica minoritaria, già compromessa a livello comunale da leggi elettorali maggioritarie e dalla diminuzione del numero dei consiglieri e infine dall’abolizione delle Comunità Montane.
Nelle elezioni politiche future, con la nuove legge elettorale della camera cosiddetta Italicum, gli esponenti delle minoranze linguistiche potranno aspirare all’elezione solo se un partito nazionale dovesse sceglierli come capolista in collegi dove la loro presenza è consistente.
Le minoranze filo-governative si sono messe in sicurezza perché in Val d’Aosta e in Trentino Alto Adige-Sudtirolo i collegi uninominali offrono garanzie, mentre in Friuli Venezia Giulia i candidati triestini, che rappresentano il 18% della popolazione avranno il 40% della rappresentanza regionale nella camera dei deputati.
La Sardegna, dove esiste la maggiore minoranza linguistica tutelata dalle legge numero 482 del 1999, non ha norme speciali nemmeno per il parlamento europeo, tanto che presto dovrà occuparsene la Corte costituzionale su rinvio del tribunale di Cagliari.
La tutela delle minoranze è uno dei diritti fondamentali dell’Unione europea e uno dei suoi principi fondativi: «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze» (articolo 2 del trattato sull’Unione europea).
L’Italia ed il suo governo li stanno violando. Anche con la legge sulla buona scuola.
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