Buenos Aires in ordine, Macri blinda la marcia anti G20
La protesta dei movimenti Le Madri di Plaza de Mayo in prima linea contro il summit e Macrì: «Altro che "povertà zero". In Argentina un regime di fame, austerity e repressione»
La protesta dei movimenti Le Madri di Plaza de Mayo in prima linea contro il summit e Macrì: «Altro che "povertà zero". In Argentina un regime di fame, austerity e repressione»
«Noi, Madri di Plaza de Mayo, non siamo mai andate a una marcia per provocare, né siamo mai state violente. E di motivi ne avremmo avuti, eccome, per rispondere con la violenza alle desapariciones, le torture, il rapimento dei neonati e i voli della morte». Sono state le parole di Nora Cortiñas, icona delle Madri di Plaza de Mayo, durante la ronda settimanale che i familiari di ex detenuti e desaparecidos della dittatura militare argentina tengono religiosamente da 42 anni. Alle istanze di memoria, verità e giustizia, giovedì scorso si è aggiunto il ripudio del G20 ospitato dall’Argentina.
IL GIORNO DOPO ha avuto inizio il vertice, mentre gli organismi per i diritti umani, partiti di sinistra, studenti, il movimento delle donne, i lavoratori dell’economia popolare e i disoccupati sfilavano pacificamente per le strade blindate di Buenos Aires.
Ma perché, nonostante l’ampio fronte di dissenso alle politiche rappresentate dal summit, la resistenza al G20 in Argentina non è paragonabile a quella di Amburgo nel 2017? Eppure l’Argentina ha un’economia indebitata con il Fondo monetario internazionale che impone politiche di austerità.
E il governo nazionale che promise «povertà zero» ha portato tale indicatore a includere il 33% della popolazione, «l’indice di povertà più alto dell’ultimo decennio» secondo l’Osservatorio sul debito sociale dell’Università cattolica argentina. Non c’è una sola causa e bisognerà analizzare tutto con calma, ma di certo ha avuto un suo peso la volontà del presidente Mauricio Macri che, a meno di un anno dalla ricandidatura, era ansioso di esibire una “casa in ordine” ai leader stranieri in arrivo. I media, da parte loro, si sono incaricati di diffondere messaggi che spingessero la popolazione a trascorrere il fine settimana altrove.
MACRI È STATO COSTRETTO tuttavia a negoziare con i movimenti, nelle scorse settimane. Il governo ha permesso che la ronda delle Madri si realizzasse come ogni giovedì e ha autorizzato un percorso per la mobilitazione di protesta contro il G20 che si è svolta venerdì 30, in concomitanza con il vertice. Fin dal mattino, nelle vie del centro città, il Ministero della sicurezza ha schierato oltre 22 mila agenti.
[do action=”citazione”]Nelle ore precedenti l’inizio della marcia sono state fermate una decina di persone per possesso di taglierini – considerati armi bianche – foulard «arabi» e magliette di band heavy metal. Nonostante ciò migliaia di manifestanti hanno sfilato senza incidenti.[/do]
«Sappiamo cosa vengono a fare in Argentina i leader del G20 – dice al manifesto Hebe de Bonafini, storica leader delle Madres -. Vengono a rubare, e hanno così tanta paura che devono essere protetti da polizia ed esercito. È una vergogna. Come se non bastasse l’esercito yankee sta già pattugliando da alcuni mesi la frontiera con la Bolivia e installa basi militari sul nostro territorio».
IL GOVERNO DEL PAESE anfitrione, presumibilmente collocato tra le prime venti economie del mondo, sta facendo l’ultimo tentativo per ribaltare un’immagine negativa tra la popolazione che supera il 50% e per riabilitare i suoi funzionari, che hanno addirittura tentato di relativizzare le desapariciones durante l’ultima dittatura.
«È un governo di fame, repressione, che premia letteralmente gli assassini e fa falsa propaganda parlando di “fame zero” quando in realtà condanna alla fame i bambini», ha denunciato Bonafini. Per questi motivi le Madri hanno manifestato insieme alle altre organizzazioni politiche e sociali, attraverso le strade recintate della città.
«Non permetteremo che vengano a imporre politiche di fame e disoccupazione – ha aggiunto Nora Cortiñas – . Oggi sembriamo sconfitti; invece no, continuiamo a lottare».
traduzione di Gianluigi Gurgigno
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