Bruxelles, giù le mani dal Congo
Neocolonialismo Un'enorme ricchezza mineraria esce illegalmente dal Congo tramite i confinanti, in particolare il Rwanda. Le multinazionali ci guadagnano perché così non pagano il dazio al Congo che diventa sempre più impoverito (oggi classificato dall’Onu tra i paesi più poveri al mondo)
Neocolonialismo Un'enorme ricchezza mineraria esce illegalmente dal Congo tramite i confinanti, in particolare il Rwanda. Le multinazionali ci guadagnano perché così non pagano il dazio al Congo che diventa sempre più impoverito (oggi classificato dall’Onu tra i paesi più poveri al mondo)
La più lunga e spaventosa guerra oggi in atto in Africa è senza dubbio quella del Congo. Trovo incredibile il silenzio stampa, sia italiano che europeo, su questa guerra che dura da oltre 60 anni e ha già fatto oltre dieci milioni di morti. E la ragione è sotto gli occhi di tutti: il Congo è forse il paese più ricco al mondo per i preziosi minerali, come il coltan e il cobalto, essenziali per l’high tech. Oggi il teatro di guerra è situato soprattutto nella regione del Kivu, confinante con il Rwanda e l’Uganda, una zona dove si trovano le miniere del coltan, minerale essenziale per i telefonini. Luoghi come Masisi, Rutshuru, Rubaya (capitale del coltan) sono occupati e amministrati dal Rwanda tramite forze di occupazione M23 e Rdf (Forze armate rwandesi). Tutta questa enorme ricchezza mineraria esce così illegalmente dal Congo tramite i confinanti, in particolare il Rwanda. Sono le multinazionali a guadagnarci perché così non pagano il dazio al Congo che diventa sempre più impoverito (È oggi classificato dall’Onu tra i paesi più poveri al mondo).
La redazione consiglia:
Kigali primo esportatore mondiale di coltan «insanguinato»Poi, dal Rwanda, il coltan va direttamente in Europa, che potrebbe presto trovarsi al primo posto per riserve di questo prezioso minerale. È inaccettabile il silenzio di Bruxelles su quanto avviene nel Congo. La Ue non solo tace, ma è connivente: infatti, il 19 febbraio 2024 è stato stipulato con il governo del Rwanda un accordo per le “materie prime critiche”, finalizzato a promuovere catene del valore “sostenibili e resilienti”. Il presidente del Congo, Felix Tshisekedi lo ha definito «indecente» e ha aggiunto: «Il Rwanda oggi si costruisce grazie alle risorse rubate alla Repubblica Democratica del Congo (Rdc) …e i minerali dell’accordo con l’Europa sono prodotti rubati alla Rdc».
Tutto questo poi è in piena contraddizione con lo stesso regolamento Ue sulla dovuta diligenza per le catene di approvvigionamento di minerali puliti, entrato in vigore nel 2021. Purtroppo, dell’accordo Ue-Rwanda sulla filiera pulita dei minerali, non c’è traccia a Bruxelles. Per questo ho chiesto a John Mpaliza, attivista congolese per i diritti umani, portavoce della rete “Insieme per la pace in Congo”, uno degli organizzatori della “Congo Week” (da oggi 13 al 19 ottobre), settimana che si terrà anche in tante città italiane, di eseguire una seria ricerca a Bruxelles su questa intesa. Perché – insistiamo – al Parlamento europeo non c’è traccia di questo accordo, mentre la Commissione Europea ne ha dato notizia il 19 febbraio 2024, ad accordo già siglato. È stato firmato nell’ambito della cosiddetta Strategia Global Gateway, Relazione n. A9-0260/20237 del 7/09/2023, su proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio, che istituisce un quadro atto a garantire un approvvigionamento sicuro e stabile di materie prime critiche.
Tale proposta, riportata in questa Relazione, da parte di alcuni commissari europei all’Europarlamento, è stata poi discussa, emendata e votata il 12/12/ 2023 dal Parlamento stesso… L’11 aprile 2024, il Consiglio Ue ha adottato il Regolamento delle materie prime critiche. È il trionfo della potente lobby rwandese a Bruxelles.
Come mai l’Ue ha firmato questo accordo criminale con un paese che non solo occupa e massacra, ma saccheggia il Congo? Perché il Parlamento europeo non è intervenuto? Ma non c’è di che stupirsi: di fatto, anche l’Italia, il 9 luglio scorso, ha firmato un accordo con il Rwanda da 50 milioni di euro attraverso il Fondo italiano per il clima, gestito da Cassa Depositi e Prestiti, per sostenere progetti di resilienza climatica. Tutto questo per realizzare il ‘famoso’ piano Mattei. Finché ci sarà guerra in Congo, nessuno toccherà quell’intesa vantaggiosa solo per una certa classe politica, corrotta e complice.
Per questo chiedo ai nuovi parlamentari europei, in particolare a quelli del gruppo Left, di riportare di nuovo una seria discussione di questo criminale accordo nelle sedi opportune della Ue, per poi arrivare in Parlamento. Ed inoltre supplico tutti voi parlamentari, di costituire al più presto un Gruppo per il Congo, che possa contrastare con efficacia la potente lobby rwandese a Bruxelles. «Giù le mani dall’Africa», ha ammonito tutti papa Francesco nel suo viaggio apostolico in Congo. Giù le mani dal Congo.
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