Politica

Briciole per la salute. Italia agli ultimi posti in Europa

Briciole per la salute. Italia agli ultimi posti in EuropaIl pronto soccorso dell’ospedale san Gerardo di Monza – Ansa

Sanità Tecnici a caccia di fondi. Ma sui 4 miliardi chiesti Schillaci invita a non farsi illusioni

Pubblicato circa un anno faEdizione del 6 settembre 2023

L’Italia non resta indietro solo sul piano economico, ma anche su quello sanitario. È la sintesi di un’analisi comparata realizzata dal «Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze» (Gimbe), uno dei think tank più attenti al monitoraggio della sanità italiana. Secondo il rapporto, l’investimento pubblico in sanità italiano è ormai sceso sotto la media Ocse, il club dei 38 Paesi occidentali con un livello di sviluppo economico simile al nostro e dunque adatto alle analisi comparative. Nel 2022 il governo italiano ha destinato alla salute il 6,8% del Pil, contro una media Ocse del 7,1%. Ci supera tutta l’Europa occidentale tranne Portogallo, Irlanda, Grecia e Lussemburgo. Tra i nostri vicini, Germania e Francia sono sopra il 10% e anche la Spagna oltrepassa il 7%. In termini assoluti l’Italia investe solo 3255 euro pro-capite, il 17% in meno della media europea e il 21% in meno degli altri Paesi europei appartenenti all’Ocse. Da notare che questo divario non è atavico, ma è nato e si è sviluppato solo negli ultimi anni: fino al 2010, infatti, l’Italia era in piena media europea.

IL GRAFICO CHE MOSTRA l’andamento storico della spesa sanitaria pro-capite ricorda da vicino quello delle retribuzioni. Su livelli analoghi fino al 2008, negli anni successivi le curve dei vari Paesi hanno preso strade diversissime: la spesa pubblica sanitaria sale ovunque in modo costante, mentre quella italiana rimane piatta. «I confronti internazionali – spiega il presidente del Gimbe Nino Cartabellotta – confermano che l’Italia in Europa precede solo i paesi dell’Est (Repubblica Ceca esclusa), oltre a Spagna, Portogallo e Grecia. E tra i Paesi del G7, di cui nel 2024 avremo la presidenza, siamo fanalino di coda con gap ormai incolmabili».

I dati pubblicati dal Gimbe non sono inediti ma stavolta scatenano le dichiarazioni delle opposizioni, perché la discussione sulla legge di bilancio è già iniziata e il rifinanziamento del welfare si decide proprio adesso. Dalla sinistra agli ex-renziani, a parole la linea è la stessa. «L’entità della cifra mancante alla sanità pubblica del nostro Paese, calcolata dalla Fondazione Gimbe, è mostruosa: ben 47 miliardi di euro» stima Nicola Fratoianni di Avs. «Un tema del genere dovrebbe togliere il sonno a chi governa». Per i parlamentari M5S delle Commissioni affari sociali «la pandemia non ha insegnato niente». «Il governo dei Fratelli di tagli – ironizzano in una nota – al di là dei vuoti slogan con i quali si riempie la bocca preferisce continuare a sacrificare la sanità e la salute degli italiani sull’altare della spesa militare e dei finanziamenti alle squadre di calcio». Il dem Marco Furfaro prova a salvare l’eredità degli esecutivi precedenti: «Nonostante il tentativo di inversione di tendenza fatto dai governi Conte 2 e Draghi la situazione di difficoltà è rimasta inalterata».

Ma è un equilibrismo difficile, perché pure il Def dei «migliori» prevedeva un investimento pubblico in sanità in calo fino al 6,2% del Pil nel 2025. Ora però si alza l’asticella: «Il Pd farà la sua parte, in parlamento e nel Paese, per chiedere un aumento pluriennale del fondo sanitario nazionale fino almeno al 7,5% del Pil, la riduzione delle liste d’attesa e l’assunzione del personale necessario». È la soglia chiesta anche dai governatori post-renziani Bonaccini (Emilia-Romagna) e Giani (Toscana). Persino in Azione ci si riscopre statalisti: «A Brescia e a Bergamo sono nati i primi pronto soccorso privati, fino al codice giallo, ovviamente, perché per quello rosso occorrono macchinari costosi che il privato si guarda bene dall’acquistare» dice la calendiana Daniela Ruffino. «Tutto questo succede perché Meloni pensa di aiutare le famiglie tagliando il cuneo fiscale con un vantaggio di 30-40 euro mensili».

DAL GOVERNO e in particolare dal ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) non arriva alcun commento ai numeri del Gimbe. Solo il ministro Schillaci ribadisce la richiesta di 4 miliardi presentata a luglio, che sarà oggetto di un «confronto nel merito» la prossima settimana con il Mef. Però invita a non farsi illusioni perché «un primo passaggio con il ministro Giorgetti aveva fatto emergere già il primo agosto la necessità di una mediazione». Come dire: «ci abbiamo provato».

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento