Brexit, il ritorno del confine agita l’Irlanda del Nord
Verso il 31 ottobre Episodi di violenza in crescita, l’uscita dall’Ue senza accordo rischia di portare il caos. La polizia è in allarme e chiede più risorse per pattugliare la frontiera. Segnali inquietanti arrivano anche dalla Scozia, venerdì disordini a Glasgow
Verso il 31 ottobre Episodi di violenza in crescita, l’uscita dall’Ue senza accordo rischia di portare il caos. La polizia è in allarme e chiede più risorse per pattugliare la frontiera. Segnali inquietanti arrivano anche dalla Scozia, venerdì disordini a Glasgow
La decisione di Boris Johnson di chiedere alla regina la sospensione del parlamento inglese viene interpretata in Irlanda come la chiara volontà dell’esecutivo britannico di uscire dall’Unione Europea senza alcun accordo. Il che, dati i tempi stretti, difficilmente può evitare il ritorno a una frontiera tra le due Irlande. Questo avrebbe oggettive ripercussioni sulla fragile economia del Nord, che negli anni passati ha vissuto un risveglio proprio grazie agli scambi commerciali con la repubblica.
Il partito di maggioranza unionista, il Dup, su cui si regge il governo Johnson, sembra non temere tali conseguenze, nonostante la sua base, soprattutto tra i ranghi degli allevatori e degli agricoltori, ma anche tra i commercianti e gli industriali, sia in grande apprensione.
LA MOSSA DI JOHNSON rende, per la leader dello Scottish National Party Nicola Sturgeon, l’indipendenza scozzese «inevitabile». Un ministro di peso del governo irlandese, Michael d’Arcy, parla invece della decisione «più antidemocratica presa da un governo inglese sin dai tempi della “dittatura militare” di Oliver Cromwell». E si sa che Cromwell, in Inghilterra considerato un eroe repubblicano, richiama invece in Irlanda ricordi di efferati massacri contro la popolazione inerme.
Si moltiplicano intanto nel Nord le voci contrarie al ritorno di un confine, accompagnate da anatemi più o meno velati riguardanti un inevitabile ritorno alla violenza, oltre che al caos.
Un influente consigliere eletto nel distretto di Erne East, John McCLuskey, ripete da settimane il mantra della disobbedienza civile nei confronti dei checkpoint in arrivo. E ricorda che il problema sorgerà, come fu agli inizi del conflitto, tra le generazioni più giovani, abituate alla libertà di movimento e a cui verranno imposte restrizioni inaccettabili.
Anche dalle parti della polizia nordirlandese si sollevano enormi preoccupazioni. Il capo della Psni (Police Service of Northern Ireland) Simon Byrne chiede in maniera ossessiva e preventiva a Londra un aumento delle risorse, economiche e in termini di uomini, per poter fronteggiare eventuali reazioni alle postazioni di confine e doganali.
INTANTO, COMINCIANO a essere più chiari anche i dettagli dell’operazione in stile paramilitare culminata con l’esplosione di un forte ordigno potenzialmente letale lunedì 19 agosto. La bomba è detonata a due passi da un assembramento della polizia nordirlandese tra Wattle Bridge, contea di Fermanagh (Irlanda del Nord) e il confine con la contea di Cavan (Repubblica d’Irlanda). È sembrata a tutti gli effetti un’imboscata vecchio stile.
All’inizio la colpa è parsa ricadere sulla solita New Ira, un amalgama di formazioni più o meno attive la cui pericolosità, oltre che militare, sembra propagandistica, in quanto appaiono capaci di attrarre sempre più i giovani del Nord. Dopo una serie di indagini il sospetto si è spostato sui volontari della Continuity Ira, smentendo così la vulgata che questa formazione dissidente fosse oramai sopita.
Al contrario, l’azione dimostra una capacità militare e logistica assai sofisticata, soprattutto nella gestione di aree poco soggette a un controllo serrato da parte delle autorità di polizia, come sono le aree rurali a ridosso del confine.
Il vicecapo della Psni Stephen Martin fa notare come le attività della Continuity Ira siano aumentate quest’anno, e ricorda che con i più di 300 attraversamenti tra nord e sud e le forze di polizia ridotte, sarà virtualmente impossibile un controllo del confine. Aggiunge poi che le infrastrutture di un eventuale confine diverranno immediatamente un obiettivo militare.
Gli oltranzisti di Saoradh, il movimento rivoluzionario socialista repubblicano che si crede essere il referente più vicino della New Ira, e che nei mesi passati ha subito le critiche per le posizioni prese dopo l’omicidio a Derry della giornalista Laura McKee, rincara la dose delle velate minacce contro obiettivi militari posti al confine.
Un influente esponente, Paddy Gallagher, ha dichiarato che «la lotta armata continua a esistere, non è destinata a finire. Ci sono ancora donne e uomini capaci di portare avanti azioni di resistenza armata contro lo Stato Britannico».
Fa eco a queste dichiarazioni il Republican Sin Féin che, per nome di un portavoce, parla di un clima di generale «demonizzazione dei repubblicani», e sostiene che i «repubblicani resisteranno sempre, di fronte alla normalizzazione dell’occupazione. La resistenza è figlia dell’oppressione».
Preoccupazioni che Sinn Féin raccoglie, ma spostandole sul piano sociale. La deputata europea Martina Anderson, che nei giorni passati si è fatta notare per una potente retorica repubblicana e anti-britannica quasi di altri tempi, ha dichiarato che «qualunque tentativo di imporre un confine sarà visto come una cocente offesa. Non permetteremo che i nostri figli e nipoti vengano offesi in questo modo. Credo che, con la disobbedienza civile o altri metodi, le persone reagiranno».
Nel Regno Unito, intanto, si parla di dislocare forze di polizia scozzesi (almeno 300 uomini) e inglesi in Irlanda del Nord, nelle città e al confine, per «mantenere il controllo della situazione» qualora nascessero altre occasioni di conflitto. La Scottish Police Federation ha tuttavia sollevato dubbi sull’effettiva capacità dei propri agenti, che non girano di norma armati, di gestire la reazione ad attacchi paramilitari.
ED È PROPRIO DALLA SCOZIA, da Glasgow, che arrivano segnali inquietanti. Nella serata di venerdì per le strade del quartiere di Govan era in corso una marcia autorizzata della James Connolly Flute Band in favore di un’Irlanda unita. Centinaia di manifestanti contrari hanno tentato di bloccarla al grido «fuori l’Ira dalle nostre strade», e i tumulti hanno subito un’escalation, al punto che è dovuta intervenire la polizia con elicotteri, cani e fumogeni.
Immediata la condanna della contromanifestazione da parte di Nicola Sturgeon che in un tweet ha definito «del tutto inaccettabile quello che è accaduto a Gavon».
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