Europa

Breton contro von der Leyen: «Mi dimetto»

Breton contro von der Leyen: «Mi dimetto»Thierry Breton e Ursula von der Leyen; in basso la cornice vuota pubblicata dall’ex commissario in un post su X: «Il mio ritratto ufficiale della prossima Commissione europea» – Ap

Bruxelles Con un annuncio a sorpresa il commissario uscente, e designato di nuovo dalla Francia, si ritira dalla partita con un duro attacco. Macron ha subito trovato il sostituto, Stéphane Séjourné, ministro dimissionario degli Esteri. Da Le Pen a la France Insoumise, le opposizioni contro il presidente

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 17 settembre 2024

Colpo di scena alla vigilia della prevista presentazione della nuova Commissione proposta dalla presidente Ursula von der Lyen: il commissario uscente e designato di nuovo dalla Francia, Thierry Breton, ha annunciato «dimissioni con effetto immediato» ieri mattina. Un ostacolo in più nel già complicato percorso di von der Leyen. Il presidente Macron ha subito trovato il sostituto, Stéphane Séjourné, ministro dimissionario degli Esteri, da luglio con un seggio all’Assemblée Nationale, è stato deputato europeo dal 2019 allo scorso giugno ed era presidente del gruppo liberale Renew.

LEVATA DI SCUDI delle opposizioni. Per il Rassemblement National è la «sottomissione» della Francia a Bruxelles, «una tedesca decide chi sceglie la Francia» mentre il presidente favorisce «gli amichetti». Reazione simile da parte del segretario del Pcf, Fabien Roussel, è «scandaloso, Ursula von der Leyen viola la sovranità della Francia». Manon Aubry della France Insoumise afferma che «Macron invia il suo clone» a Bruxelles «senza consultare nessuno». Ma il primo ministro Michel Barnier risponde di essere stato “associato” alla decisione su Séjourné, in cui ha «fiducia».

Breton ha spiegato le ragioni dell’abbandono accusando Ursula von der Leyen di aver chiesto alla Francia di «ritirare» la sua candidatura: «Per ragioni personali, che si è ben guardata di discutere con me», avrebbe proposto a Parigi «come compenso un portafoglio più influente per la Francia». Breton era commissario al Mercato Interno (anche in carica per Tecnologia e Difesa), è con la vice-presidente Margrethe Vestager il padre del Digital Market Act, in vigore da marzo, che regola il controllo delle multinazionali del digitale nello spazio Ue, i gatekeepers che approfittano delle loro posizioni dominanti schiacciando la concorrenza rischiano multe fino al 20% del fatturato.

Ieri sera, la ceo di X (di proprietà di Elon Musk) ha affermato che «è una buona giornata per la libertà di espressione». Macron ha riconfermato in fretta Breton dopo il risultato delle legislative (anche per sottrarre la scelta al Nuovo Fronte Popolare, nel caso non fosse riuscito a impedire alla sinistra di andare al potere), ma aveva chiesto a von der Leyen dei poteri allargati: un vice-presidente esecutivo, con un portafoglio più ampio, che includesse oltre al Mercato Interno anche la «sovranità industriale, la tecnologia e la competitività europea».

I rapporti tra Breton e von der Leyen sono tesi da tempo, il commissario francese aveva criticato la “governance” della presidente tedesca, e aveva fatto cadere il candidato di von der Leyen per la carica, molto ben remunerata, di emissario per la piccola e media impresa. Per Breton, il posto promesso al tedesco Cdu Markus Pieper era uno scambio con il Ppe, qualche settimana prima del congresso di Budapest, per ottenere l’appoggio della destra alla sua riconferma alla testa della Commissione.

SULLE RAGIONI delle immediate dimissioni di Breton circolano varie ipotesi, al di là del gesto di rabbia del commissario: von der Leyen non voleva ascoltare le richieste francesi per un portafoglio allargato, approfittando della debolezza di Macron? Oppure Breton si è dimesso a Bruxelles per essere libero di accettare un posto di rilievo nel governo che il primo ministro Michel Barnier dovrebbe presentare oggi? Matignon smentisce: «Nessun legame» tra dimissioni e governo. Ma nella sede del primo ministro aggiungono che «i due uomini si conoscono molto bene e si apprezzano».

BRETON È UN EX ministro, di un governo di destra. Barnier ieri ha di nuovo ricevuto gli alti papaveri della destra, Gérard Larcher e Bruno Retailleau (presidente del Senato e capogruppo Lr), oltre al leader Laurent Wauquiez, che sogna le presidenziali. A sinistra, solo il Pcf ha accettato l’invito di Barnier, per oggi. Per il primo ministro designato, ci sono grandi difficoltà a mettere assieme un governo “ampio”, il Ps resta nel Nuovo Fronte Popolare e al massimo ci saranno singoli che cedono alle sirene. Lr, diventato un partitino del 5%, con un grande passato di potere gollista, è in preda all’hubris, per essere tornato a sorpresa nelle stanze del potere dopo 12 anni di astinenza.

Rn si vanta di avere il governo sotto tiro. Ma l’estrema destra ha davanti giorni difficili: il 30 settembre si apre il processo a Marine Le Pen e altre 26 persone per la truffa degli assistenti parlamentari. Un nuovo processo che arriva tre mesi dopo la condanna definitiva in Cassazione per la truffa dei “kit di campagna” elettorale.

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