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Brasile, le forze democratiche ora non hanno più scelta

Brasile, le forze democratiche ora non hanno più sceltaFernando Haddad con la sua candidata vice presidente, Manuela D'Avila, dopo la proclamazione dei risultati ufficiali – Afp

Caccia ai voti Fernando Haddad, il "candidato di Lula", si prepara al ballottaggio del 28 ottobre: «Vogliamo unire tutti coloro che hanno a cuore la democrazia e si preoccupano per i più poveri, per realizzare la giustizia sociale». Nuovo Congresso dominato da maschi bianchi. Dilma Roussef esclusa dal Senato

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 9 ottobre 2018

Ci sono solo tre settimane di tempo per colmare l’abissale divario – 29,28% contro 46,03% – che divide Fernando Haddad dal candidato di estrema destra Jair Bolsonaro. A un passo dalla barbarie, le forze democratiche non hanno altra scelta che unirsi in una mobilitazione senza precedenti contro il pericolo neofascista, tentando di convincere le fasce popolari che il presunto candidato anti-sistema è in realtà la versione più radicalizzata e violenta del modello economico-sociale neoliberista promosso dal governo Temer.

«QUESTI RISULTATI sono una sfida – ha dichiarato il “candidato di Lula” -, perché ci mostrano i rischi che corre la democrazia in Brasile. Noi vogliamo unire tutti coloro che hanno a cuore la democrazia e si preoccupano per i più poveri, per realizzare la giustizia sociale».

Difficile tuttavia che Haddad possa contare su alleanze diverse da quella, già sicura, con Guilherme Boulos (0,6%), e da quella, piuttosto probabile, con Ciro Gomes (12,47) – il quale ha già pronunciato il suo Ele não, «Lui no» -, considerando che in molti, tra le forze di centro-destra, passeranno armi e bagagli sul carro di Bolsonaro.

LA SFIDA POTRÀ ESSERE VINTA, insomma, solo pescando massicciamente tra i 7 milioni di schede nulle, i 3 milioni di schede bianche e i quasi 30 milioni di astensioni che hanno caratterizzato il primo turno, per un totale di 40 milioni di persone che non hanno espresso alcuna preferenza. E sarà possibile farlo soltanto riportando al centro della scena i contenuti, le proposte e i programmi di governo dei due candidati, completamente oscurati durante la campagna che ha preceduto il primo turno. Su questo piano, Haddad ha attaccato ripetutamente il suo avversario, evidenziando come egli «non potrà continuare a nascondersi» fino al ballottaggio dietro la coltellata che ha ricevuto e auspicando «un confronto faccia a faccia».

La questione, tuttavia, è più complessa, dal momento che la televisione ha smesso di essere la principale fonte di informazione dell’elettorato, perdendo terreno a favore di Internet e delle reti sociali, utilizzate dal 42,5% degli elettori (rispetto al 36,7% di quanti si rivolgono ancora in maniera privilegiata alla tv). E che sono proprio le reti sociali – con almeno 100 gruppi di WhatsApp, diffusissimo in Brasile – il regno di Bolsonaro e dei suoi adepti, in cui essi hanno dato prova di una straordinaria capacità di utilizzo delle fake news contro Haddad e il Pt.

Una strategia che si è rivelata assolutamente vincente, se è vero che il candidato di estrema destra, sconfitto solo nel Nordest e in Pará, è riuscito a trasformare un partito che era poco più di una sigla, il Psl (Partido Social Liberal), in una grande forza parlamentare, passando da 8 a 51 deputati e restando dietro soltanto al Pt, che di seggi ne ha avuti 57 (rispetto agli attuali 61).

IN GENERALE, SE A SALVARE il Partito dei lavoratori è stato soprattutto il Nordest, la regione più povera del Paese e quella che più ha beneficiato dalle politiche sociali dei governi del Pt, il Psl ha dominato in particolare i due più importanti Stati del Paese, São Paulo – dove il figlio di Bolsonaro, Eduardo, è stato il candidato più votato della storia alla Camera dei deputati – e Rio de Janeiro, dove un altro figlio, Flávio, è stato eletto come senatore con il maggior numero di voti.

In un Congresso che sarà ancor più dominato da maschi bianchi – pochissime le donne e praticamente assenti afrodiscendenti e indigeni – mancheranno invece all’appello molti esponenti politici legati alle forze golpiste, le quali, scatenando la loro campagna d’odio contro il Pt, nella convinzione di poter agevolmente controllare l’estrema destra, sono cadute vittima del loro stesso gioco.

QUANTO AL PARTITO dei lavoratori, se assai amara appare l’esclusione dal Senato di Dilma Rousseff, giunta solo quarta in Minas Gerais malgrado i sondaggi l’avessero data a lungo al primo posto nelle intenzioni di voto, il Pt può almeno consolarsi con l’elezione già al primo turno di tre governatori: Camilo Santana in Ceará, Wellington Dias in Piaui e Rui Costa in Bahia. Fátima Bezerra va al ballottaggio in Rio Grande do Norte con Carlos Eduardo (Pdt). Mentre in Maranhão ce l’ha già fatta Flávio Dino del Partido Comunista do Brasil (PCdoB), alleato storico del Pt.

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