Indagini sull’omicidio di Marielle Franco: c’è la pista Bolsonaro
Brasile Dopo le rilevazioni sulla vicinanza del «clan» con le milizie sospettate del crimine, un testimone tira in mezzo il presidente
Brasile Dopo le rilevazioni sulla vicinanza del «clan» con le milizie sospettate del crimine, un testimone tira in mezzo il presidente
Si arricchisce di un nuovo e clamoroso colpo di scena il caso dell’omicidio di Marielle Franco, la consigliera del Psol uccisa il 14 marzo del 2018 insieme al suo autista Anderson Gomes. Dopo le tante rivelazioni sugli stretti legami del clan Bolsonaro (e in particolare di Flávio, il figlio maggiore del presidente) con le milizie sospettate del crimine, nelle indagini è finito il presidente in persona.
A chiamarlo in causa è stato il portiere del condominio Vivendas da Barra – lo stesso in cui Jair Bolsonaro viveva a Rio de Janeiro insieme al figlio Carlos – dove il sergente in pensione della polizia militare Ronnie Lessa, indicato dal Pubblico ministero e dalla Polizia civile come il responsabile di aver sparato a Marielle e al suo autista, si sarebbe riunito quello stesso 14 marzo con Élcio Queiroz, l’ex poliziotto cacciato dal corpo sospettato di aver guidato l’auto da cui sarebbero partiti gli spari.
COME RIVELATO dalla Rete Globo, il portiere, nella sua deposizione, ha riferito che, poche ore prima dell’assassinio di Marielle Franco, Queiroz, noto anche per aver postato su Facebook una foto in cui è abbracciato all’attuale presidente, gli aveva detto che stava andando a casa di Bolsonaro, allora deputato, al n. 58, come risulta anche dal registro delle visite. Vedendo tuttavia che il visitatore si era recato al n. 66, dove si trova la casa di Lessa, il portiere aveva nuovamente chiamato l’appartamento di Bolsonaro, e chi gli aveva risposto aveva assicurato di sapere dove si stava dirigendo Queiroz (il quale sarebbe poi uscito in macchina dal condominio proprio insieme a Lessa). Entrambe le volte in cui aveva chiamato, la voce, ha riferito il portiere, gli era sembrata quella di Bolsonaro.
È PROBABILE tuttavia che non fosse la sua, dal momento che quel giorno l’allora deputato era in Brasilia per una sessione alla Camera dei Deputati. Avendo peraltro acquistato per quel giorno un biglietto per Rio, avrebbe un modo facile per chiarire la sua situazione: basterebbe, come ha suggerito il giornalista Fernando Brito, che mostrasse il numero del volo dimostrando di aver viaggiato in un orario incompatibile con la sua presenza nel condominio al momento dell’ingresso di Queiroz.
Ma non l’ha ancora fatto. E in ogni caso resterebbe sempre da verificare l’identità di chi ha parlato con il portiere dal suo appartamento autorizzando l’ingresso di uno dei sospettati dell’omicidio di Marielle. E mentre gli investigatori stanno recuperando le registrazioni audio della guardiola del condominio per verificare a chi appartenga quella voce, dall’Arabia Saudita, il presidente, visibilmente furioso, ha ammesso di aver saputo già il 9 ottobre dal governatore di Rio de Janeiro Wilson Witzel che il portiere aveva fatto il suo nome durante la sua deposizione e se l’è presa, oltre che con la Globo, proprio con Witzel, accusandolo di aver divulgato in maniera illecita dettagli delle indagini in corso per danneggiarlo in vista delle prossime presidenziali, a cui il governatore intenderebbe candidarsi.
IL PRESIDENTE ha inoltre affermato di aver chiesto al ministro della Giustizia Sergio Moro di attivare la Polizia federale (Pf) perché il portiere sia nuovamente sentito nell’ambito delle indagini sull’omicidio della consigliera del Psol, al fine, naturalmente, di farlo ritrattare. Una misura chiaramente illegale, non rientrando nelle attribuzioni presidenziali il diritto di interferire in un’indagine della Pf.
Moro, comunque, è immediatamente scattato sull’attenti, sollecitando la Procura generale della Repubblica ad aprire un’indagine per verificare le circostanze, ritenute sospette, della deposizione del portiere.
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