Brasile, così il governo Temer ruba le terre agli indigeni
Neocolonialismo Il governo brasiliano ha dichiarato guerra agli abitanti dell’Amazzonia per favorire la lobby ruralista, che mira ai terreni per disboscare e speculare
Neocolonialismo Il governo brasiliano ha dichiarato guerra agli abitanti dell’Amazzonia per favorire la lobby ruralista, che mira ai terreni per disboscare e speculare
Gli indigeni la chiamano «Ferrograo», ferrovia del grano. Un’opera progettata per collegare il Mato Grosso,Centro Ovest e cuore agricolo del Brasile, col Parà, nel Nord del Paese. Una ferrovia merci, un corridoio logistico che attraverso la foresta amazzonica deve portare la soia e il mais del Mato Grosso ai terminali fluviali del Rio delle Amazzoni e avere uno sbocco sull’Oceano, per le esportazioni verso Europa e Cina. Vi sono dei protocolli di consultazione che devono essere rispettati ogni qual volta un’opera va a impattare sui territori indigeni. Il popolo indigeno dei Munduruku che abita nel Parà, nella valle del fiume Tapajos, si mobilita e ottiene la sospensione del progetto, in attesa della consultazione. Sempre nel Parà una sentenza del Tribunale, nel dicembre 2017, obbliga il governo a consultare le popolazioni indigene Juruna e Arara sulla concessione mineraria all’impresa canadese Belo Sun: non vi può essere alcuna autorizzazione ambientale se prima non vengono consultate le due comunità. Le comunità indigene portano avanti le loro battaglie nei territori e nei tribunali. Il 2017 è stato un anno di lotte e di resistenza per le popolazioni indigene del Brasile. Il governo Temer sta conducendo un vero e proprio assalto nei confronti dei loro territori. Un assalto fatto di tentativi per cambiare la Costituzione, tagli finanziari agli organismi che devono attuare la loro difesa, concessioni alle imprese per operare nelle aree protette. Le «misure provvisorie» varate dal governo nel corso del 2017 hanno favorito, nell’area amazzonica, attività estrattive, insediamenti agricoli, interventi sui corsi d’acqua.
Guglielmo Carvalho, rappresentante degli Organi per l’assistenza sociale e coordinatore del Programma “Fase Amazonia”, afferma: «Il governo Temer, sostenuto da agrari e multinazionali, ha accentuato la visione coloniale sull’Amazzonia, determinando un aggravarsi del conflitto con le popolazioni indigene e i movimenti di opposizione sociale». Barbara Dias del Consiglio indigeno missionario (Cimi) sostiene: «Il governo Temer ha un progetto di economia e di società che va a intaccare pesantemente la vita delle comunità indigene del Brasile. Con le sue iniziative si costituisce come strumento a favore degli interessi degli agrari e delle imprese multinazionali, mostrando una deliberata volontà di danneggiare i popoli indigeni».
Oggi la popolazione indigena, secondo i dati del Funai (Fondazione nazionale dell’indio), è costituita da 900 mila persone, lo 0,4% della popolazione del Brasile. Sono 240 le tribù. Circa 500 mila indigeni vivono nei territori amazzonici, 400 mila sono insediati in altre aree del paese, in attesa di recuperare le loro terre. I territori indigeni rappresentano il 15% della superficie del Brasile. Quando gli europei giunsero nell’area che oggi corrisponde al Brasile, la popolazione indigena superava i 5 milioni, suddivisa in 2000 tribù. Dopo un secolo di occupazione coloniale era scesa a un milione. Da allora cresce o diminuisce in relazione alle politiche che lo Stato porta avanti nei loro confronti. In questi decenni i conflitti sono esplosi, soprattutto, in relazione all’individuazione e al riconoscimento dei territori. Quasi tutti i territori protetti si trovano in Amazzonia, di conseguenza la «questione amazzonica» e la «questione indigena» sono indissolubilmente legate. La Costituzione brasiliana, varata nel 1988 dopo vent’anni di regime militare, afferma che «le terre indigene sono quelle abitate dagli indigeni con carattere permanente, quelle utilizzate per le loro attività produttive, quelle necessarie a preservare l’ambiente per il loro benessere e quelle necessarie alla loro riproduzione fisica e culturale, secondo i loro costumi e tradizioni». Ma il processo di demarcazione delle terre indigene non si è compiuto nei tempi stabiliti (cinque anni) a causa delle forti pressioni politiche ed economiche.
Il Funai è l’organismo statale che ha la missione di proteggere e promuovere i diritti delle popolazioni indigene. Spetta ad esso il compito di individuare, demarcare, regolarizzare e proteggere i territori indigeni. In 30 anni sono state demarcate e regolarizzate solamente 466 terre indigene, delle 728 che erano state individuate. I drastici tagli finanziari operati dal governo Temer avranno la conseguenza di rallentare questo processo e indebolire la sua azione. I territori indigeni sono, di conseguenza, maggiormente esposti all’azione di agricoltori, allevatori di bestiame, taglialegna, cercatori d’oro. L’azione del governo Temer mira a ostacolare e influenzare la demarcazione delle terre in senso favorevole alla Bancada Ruralista, lobby ben rappresentata in Parlamento e impegnata nella tutela degli interessi dei grandi proprietari terrieri e del settore dell’agrobusiness. Sta di fatto che sotto la presidenza Temer non è stata operata alcuna demarcazione.
I settori anti-indigeni hanno ripreso forza, mettendo in discussione diritti che sembravano consolidati. Si sono moltiplicati gli atti di violenza contro la popolazione indigena, soprattutto in alcuni Stati (Mato Grosso, Parà Amazonas). Si assiste a una duplice azione portata avanti dal governo: strategie militari aggressive nei confronti delle popolazioni indigene dell’area amazzonica, gravi interferenze nella organizzazione sociale delle popolazioni che vivono nelle aree dove la demarcazione non è ancora avvenuta, nel tentativo di assimilarle culturalmente. Il governo del Mato Grosso ha avviato una richiesta di risarcimento per alcune terre assegnate alle popolazioni indigene.. Si negava il diritto all’assegnazione in quanto le terre non erano occupate alla data del 5 ottobre 1988 (quando la Costituzione è entrata in vigore). Non era la prima volta che veniva proposta la tesi del «limite temporale». La sua accettazione avrebbe escluso dal diritto all’assegnazione tutti gli indigeni scacciati dalle loro terre prima del 1988. La Corte Suprema ha rigettato la richiesta di risarcimento e si è espressa a favore dei diritti territoriali delle popolazioni indigene, rifiutando la tesi del limite temporale e riconoscendo i loro diritti originari. Ma il governo Temer non demorde. Il ministro della Giustizia ha presentato una «Proposta di regolamentazione per la demarcazione delle terre indigene», con lo scopo di interrompere i 260 processi di demarcazione in corso. Le comunità indigene brasiliane fanno appello al mondo affinché le loro vite e i loro territori siano salvaguardati.
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