Italia

Borgo Mezzanone, paura tra i migranti per la demolizione sventata

Borgo Mezzanone, paura tra i migranti per la demolizione sventataRaffaele Falcone, Flai-Cgil, durante l’assemblea autorganizzazta nell’ex-pista a Borgo Mezzanone – Alessandro Tricarico

Ruspe in azione Assemblea dei 2mila braccianti che vivono nell’ex pista. Salvini aveva annunciato la chiusura del Cara a pochi metri da lì

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 21 febbraio 2019
Alessandro TricaricoBROGO MEZZANONE (FOGGIA)

L’ex Pista di Borgo Mezzanone fa parte del comune di Manfredonia ma a tutti gli effetti è hinterland di Foggia. Ieri mattina i braccianti che ci vivono, circa 2mila persone, sono stati svegliati dal rumore di un elicottero che dalle 5 sorvolava i container, preparando i suoi abitanti al panico generale dello sgombero. Molti di loro a quell’ora stavano andando a lavorare nei campi, restando in continuo contatto telefonico con chi era rimasto nei container per paura di non avere più una casa al loro rientro.

L’operazione è stata denominata Law and Humanity. La procura precisa in un comunicato che «il sequestro odierno non riguarda immobili o baracche adibiti ad abitazione» ma alcuni edifici in cui si svolgono le attività illecite con la finalità di «spezzare il circuito tra criminalità, sfruttamento delle persone e mancato riconoscimento dei diritti umani». Sono 3 gli edifici dove venivano svolte attività di spaccio e prostituzione, oltre a una «discoteca». Il nome dell’operazione, spiegano ancora i pubblici ministeri, «vuole esprimere il convincimento sulla possibilità e doverosità di coniugare l’accoglienza dei migranti con il rispetto della legalità e della dignità umana».

La risposta mediatico-propagandistica dello Stato non è tardata ad arrivare dopo i fatti della baraccopoli di San Ferdinando, dove Moussa Ba è morto in un rogo nella baraccopoli.

La memoria torna indietro al marzo 2017, dove, a poco meno di 30 chilometri in linea d’aria, veniva sgomberato il ghetto di Rignano, riformatosi dopo pochi mesi. In quei mesi Michele Emiliano utilizzava il pugno duro in vista delle primarie del Pd che si sarebbero svolte dopo poche settimane. In questo caso, invece, le primarie sono del centro-destra, si svolgeranno questo fine settimana per la scelta del candidato sindaco di Foggia. Non è un caso che martedì sera a Bari ci fosse il ministro dell’interno, accerchiato da 350 fedelissimi leghisti pugliesi che sgomitavano per essere notati.

Durante la demolizione, uno dei primi ad arrivare sul campo è il sindaco uscente di Foggia Franco Landella (Forza Italia), che a favore di telecamera afferma, riferendosi ad un futuro sgombero del campo, che: «Quando accadrà dovrà essere accompagnato da misure di accoglienza dei migranti che si riverseranno a Foggia, accoglienza vera e non falsa come è accaduto finora».

 

Alle spalle della zona presidiata dalle forze dell’ordine, è arrivato Raffaele Falcone, segretario Flai-Cgil di Foggia. Parcheggia l’auto e “requisisce” una bicicletta ad un ragazzo del Senegal, invitando tutti gli abitanti da Alagi, 56enne Maliano, il più anziano abitante dell’ex-pista. In pochi minuti si forma un carosello di circa 150 persone che cercano risposte a quello che sta succedendo. Quel poco che sanno lo hanno appreso da internet e si chiedono come mai sia stata staccata la corrente elettrica sin dalle prime luci dell’alba.

«Non vi preoccupate, la corrente è stata staccata per fare la demolizione in sicurezza. Oggi hanno solo demolito questi 3 fabbricati, non è previsto che vi mandino via» spiega Falcone da un trespolo improvvisato, «l’intenzione è quella di eliminare lo spaccio e la prostituzione che sono un danno all’immagine di tutti voi che lavorate onestamente». I migranti si sbracciano per prendere la parola e uno di loro propone di realizzare una sorta di sicurezza interna, «se siamo noi a denunciare e segnalare alla polizia i delinquenti ci lasceranno in pace» tuona Alagi senza troppi giri di parole, «siamo stufi di essere considerati tutti delle cattive persone, su oltre 2mila di noi sono pochi i criminali, perché devono cacciarci tutti dopo che ci rompiamo la schiena e lavoriamo in nero? Perché non è direttamente la polizia ad arrestarli?».

L’autorganizzazione, ai suoi occhi, sembra l’unica soluzione. Che lo Stato sia lontano anni luce da questi luoghi è un dato di fatto.

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