Nel giorno in cui l’Istat certifica come crescita media prevista delle retribuzioni per il 2022 un misero 0,8% rispetto a un’inflazione già acquisita del 5.2%, Confindustria torna ad attaccare il ministro Andrea Orlando per la sua proposta di un «avviso comune delle parti sociali per aumentare i salari in cambio di aiuti strutturali alle imprese».

L’intervista al manifesto del ministro del Lavoro non è andata giù a Carlo Bonomi che, anche traviato da strumentalizzazioni di agenzia, ha risposto piccato: «Sto assistendo dall’ultima legge di bilancio ad una discussione in cui tutti sostengono l’equità sociale ma che non danno risposte nel merito: famiglie e imprese stanno soffrendo in maniera molto forte, ed è chiaro che noi dobbiamo dare risposte a chi soffre ma la strada non è la detassazione degli aumenti salariali (mai proposta formalmente, ndr): le imprese non hanno spazio per aumentare i salari con il costo attuale delle materie prime e dell’energia». E ancora: «Chi dice vi faccio pagare meno l’aumento salariale ma tu dai di più è gente che non ha mai frequentato un giorno di fabbrica soprattutto in questo periodo», conclude il presidente di Confindustria riferendosi ancora a Orlando.

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Più tardi i toni si abbassano ma la sostanza rimane durissima: «La nostra posizione è ridicola? Io aspetto di avere dal ministro una proposta migliorativa. Se fa una proposta, noi siamo disponibilissimi a guardarla. Numeri della mano però», ribadendo che per Confindustria «non c’è altra strada» per «mettere più soldi in tasca agli italiani e rendere competitive le aziende» se non quella del taglio del cuneo fiscale-contributivo. Un Bonomi dunque rimasto a novembre – alla legge di bilancio – e che sembra non accorgersi delle conseguenze sociali della guerra.

Ieri comunque è arrivata anche la risposta da parte sindacale. «Tutelare i salari o pensare a come aumentarli non è solo una questione di tutela dei lavoratori, è anche affrontare il mercato interno e il mercato dei consumi», ha commetato il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. «Oggi la situazione «è peggiore di due anni fa, all’inizio della pandemia» quando sono stati rinnovati contratti «importanti». Con Confindustria «non voglio costruire conflitti» ma «se Bonomi pensa che in questa situazione non ci sia anche la questione di affrontare l’aumento dei salari – osserva Landini – sta facendo un errore che va anche contro le imprese che rappresenta».

Ancora più duro il leader Uil Pierpaolo Bombardieri: «Spero che Bonomi non pensi di far arrestare i sindacalisti che in modo reazionario chiedono aumenti salariali. Siccome alcune sue aziende stanno in Russia non vorremo che il clima della guerra abbia coinvolto anche il presidente di Confindustria. Chiedere aumenti salariali e chiedere che si viva in condizioni migliori fa parte di un percorso di civiltà del paese», conclude.

Molto più conciliante il segretario Cisl Luigi Sbarra: «Non è il momento delle polemiche o dei bracci di ferro. Il patto sociale è la strada per affrontare questa fase difficile e complicata. Per tutelare i salari, bisogna aggiornare l’Ipca (il metodo di calcolo che escludeva il costo dell’energia, ndr) senza smantellare il “patto della fabbrica”, ammodernando i meccanismi contrattuali di governo delle dinamiche salariali in modo tale da frenare l’inflazione reale in corso di vigenza dei contratti nazionale, e non alla scadenza, senza automatismi, che peggiorerebbero l’inflazione, o salari minimi legali che farebbero uscire milioni di lavoratori dalle tutele contrattuali», conclude.