Bombe su mezza Ucraina: è la vendetta russa
Crisi ucraina Mosca rivendica l’ondata di missili, da Kiev a Kherson, in risposta «agli attacchi terroristici ucraini». Bakhmut ancora nella morsa. I negoziati Onu servono a poco: ore senza energia per la centrale di Zaporizhzhia
Crisi ucraina Mosca rivendica l’ondata di missili, da Kiev a Kherson, in risposta «agli attacchi terroristici ucraini». Bakhmut ancora nella morsa. I negoziati Onu servono a poco: ore senza energia per la centrale di Zaporizhzhia
Occhio per occhio. È in sintesi la spiegazione del ministro della Difesa russo rispetto alla nuova ondata di bombardamenti massicci lanciata ieri notte contro le città ucraine. Almeno 11 le vittime accertate e 30 i feriti distribuiti tra Kiev, Leopoli, Kharkiv, Kherson e Dnipro. Diverse infrastrutture energetiche sono state seriamente danneggiate o rese inutilizzabili, lasciando di nuovo larghe aree del Paese al buio.
«È un attacco che non ricordo di aver mai visto prima – ha dichiarato il portavoce del Comando delle forze aeree dell’Ucraina, Yuri Ingat – Per la prima volta la Russia ha usato nei raid diversi tipologie di missili e ben sei Kinzhal». I Kinzhal, anche noti come missili ipersonici, sono saliti agli onori delle cronache nelle ultime settimane perché costruiti in modo da poter anche trasportare testate nucleari.
IL COMANDANTE in capo della forze armate di Kiev, Valery Zaluzhny, ha spiegato su Telegram che le testate lanciate dall’artiglieria russa sarebbero 81, tra cui otto droni kamikaze iraniani e i sei missili ipersonici sovracitati. I lanci sono stati effettuati da aerei sia e da tre navi di stanza nel Mar Nero (ma secondo Ingat gli attacchi marittimi sarebbero partiti contemporaneamente dal Mar Nero, dal Mar d’Azov e dal Caspio) e la contraerea ucraina sarebbe riuscita ad abbattere 34 testate. Tuttavia, a oggi le batterie a disposizione dei difensori non sono in grado di contrastare né missili Kinzhal, né i missili da crociera, che sono i più devastanti.
Da Mosca il ministro della Difesa Sergei Shoigu ha dichiarato che «armi di alta precisione a lungo raggio lanciate da aria, mare e terra, compresi i missili ipersonici Kinzhal, hanno colpito obiettivi cruciali delle infrastrutture militari, imprese del complesso militare-industriale e strutture energetiche che le alimentano», aggiungendo che l’attacco è una «rappresaglia in risposta agli attacchi terroristici» degli ucraini la settimana scorsa a Bryansk.
Non solo le autorità di Mosca stavolta hanno rivendicato chiaramente l’intento vendicativo dell’attacco, ma anche che il nome del missile ipersonico viene usato in modo esplicito. Il che rima con la volontà del Cremlino di ribadire che la potenza di fuoco delle forze armate russe non è ancora stata dispiegata interamente e, soprattutto, lo spauracchio di un attacco atomico.
Ma quando si parla di pericolo nucleare in Ucraina non si può dimenticare la centrale di Zaporizhzhia. Ieri la società ucraina Energoatom, che gestiva l’impianto prima dell’occupazione russa, ha dichiarato che «l’ultima linea di comunicazione tra la centrale nucleare occupata e la rete elettrica ucraina è stata interrotta a causa degli attacchi di razzi russi» aggiungendo che i generatori di salvataggio erano stati azionati per garantire un alimentazione minima della centrale elettrica».
IN MATTINATA si era espresso anche Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, lanciando l’allarme contro i rischi legati alle ripetute interruzioni di corrente nella struttura. Nel pomeriggio la fornitura di corrente alla centrale di Zaporizhzhia è stata ripristinata interamente e i 20 generatori diesel di emergenza sono stati spenti.
Dura l’accusa di Energoatom al Cremlino: «I russi stanno mettendo il mondo sull’orlo di una catastrofe nucleare. E questo avviene il giorno dopo i negoziati con le Nazioni unite sulla smilitarizzazione della centrale di Zaporizhzhia».
Intanto in Donbass la battaglia per Bakhmut continua. Dopo le dichiarazioni del presidente Zelensky rispetto alla necessità di resistere in città per evitare che i russi riescano a sfondare nell’intero Donetsk, in molti si sono interrogati sul futuro prossimo del fronte est. Dall’Istituto per gli studi sulla guerra (il centro studi americano, sbilanciato a favore di Kiev dall’inizio della guerra), ai servizi segreti britannici, passando per l’amministrazione Usa e la Nato, la caduta di Bakhmut è data come imminente.
IERI il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, ha dichiarato senza mezzi termini che «Bakhmut può cadere nei prossimi giorni», ma che ciò non rappresenterà «un punto di svolta per la guerra». Ha poi aggiunto: «Vediamo chiaramente che la Russia sta inviando più soldati e più mezzi (sul fronte est, ndr) e ciò che al suo esercito manca in qualità, provano a rimpiazzarlo con la quantità».
Dall’altro lato delle trincee la compagnia Wagner ha annunciato ieri la conquista del villaggio di Vasilevka, a nord-ovest di Bakhmut. Un ulteriore tassello per l’accerchiamento della città. Tuttavia, il colonnello generale Oleksandr Syrskyi, capo delle forze di terra ucraine, ha specificato che «l’esercito russo non ha circondato Bakhmut, ma la situazione è molto difficile».
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