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Bolsonaro rinchiude il disagio mentale nei manicomi

Bolsonaro rinchiude il disagio mentale nei manicomiUn’opera del graffitista Shalak esposta alla Bienniale d’arte di San Paolo – Ap

America Latina Brasile, salute pubblica sotto attacco. Parla lo psichiatra Jean Pierre Muller Hargreaves. La precedente riforma puntava al reinserimento sociale, ma si è fermata alla teoria

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 24 aprile 2022

ta facendo discutere in Brasile la revoca da parte del governo Bolsonaro del programma di deistituzionalizzazione riguardante il reinserimento sociale di persone in condizioni di disagio psichico per uso di alcol e droghe. La sequenza delle misure politiche dell’ex ufficiale militare nel campo della salute mentale denota una volontà di rafforzare i trattamenti in ospedali psichiatrici sullo stile del manicomio e limitare le attività esterne per il reinserimento sociale. In una dichiarazione congiunta organizzazioni della società civile per la salute pubblica – ispirate anche dal pensiero di Basaglia – come Plataforma Brasileira de Política de Drogas, Associação Brasileira de Saúde Mental e Iniciativa Negra por Uma Nova Política de Drogas hanno sottolineato la seria minaccia per «i diritti dell’essere umano e il benessere delle persone».

NE ABBIAMO PARLATO con lo psichiatra brasiliano Jean Pierre Muller Hargreaves, attualmente direttore della Casas das Palmeiras – istituto di riabilitazione mentale basato su terapie di carattere espressivo e da sempre impegnato contro forme coercitive e aggressive di trattamento della salute mentale. Casa das Palmeiras è stato fondato a Rio de Janeiro nel 1956 da Nise Magalhães da Silveira (1905-1999): donna di grande influenza per la visione democratica della psichiatria, alunna di Carl Jung che negli anni ’30 ha sofferto il carcere per la lettura di libri di Marx.

Jean Pierre Muller Hargreaves – pur criticando fortemente Bolsonaro – allerta sulle contraddizioni interne alle riforme della sinistra: «La proposta di Bolsonaro, come la maggior parte delle sue azioni, è di smantellare le strutture create dal Partido dos Trabalhadores con l’obiettivo di indirizzare risorse verso istituzioni altamente sospette. Questo è inqualificabile. Sembra che faccia tutto di proposito nel peggior modo possibile: è contro qualsiasi cosa che sia stata creata dalla sinistra, vuole distruggere i progressi fatti e rinchiudere le persone negli ospedali. Tuttavia, dobbiamo pensare non solo all’inadeguatezza della soluzione, ma quanto essa sia influenzata dalla mancanza di autocritica della sinistra sulle riforme psichiatriche».

LE RIFORME DEL PT – in particolare il De volta para Casa del 2003 – hanno avuto come obiettivo il reinserimento sociale di persone in condizioni di sofferenza psichica, favorendo l’interazione sociale e il benessere globale nel pieno esercizio dei diritti civili, politici e di cittadinanza. In particolare, tali presupposti si sono tradotti nella chiusura dei cosiddetti manicomi e l’apertura di residenze terapeutiche. Tuttavia, nel passaggio dalla teoria alla pratica non tutto è andato per il verso giusto.

«Il programma creato da Lula presenta grandi progressi in teoria, ma nella pratica quotidiana vediamo difetti importanti su cui non è mai stata fatta una revisione. Ci sono questioni che non possono essere risolte sulla carta, ma nella pratica. Chiaramente gli ospedali psichiatrici andavano chiusi perché erano grandi depositi di persone, con scarso effetto terapeutico e pessime condizioni. Il problema è che molti pazienti non si sono adattati alle residenze terapeutiche e che la richiesta di accoglienza era molto più grande della reale disponibilità».

LE RESIDENZE TERAPEUTICHE sono abitazioni ubicate in spazi urbani, costituite per rispondere ai bisogni abitativi di persone con gravi sofferenze mentali che non hanno un sostegno adeguato e supporto familiare e sociale.
Il numero di utenti in Brasile dovrebbe variare da una a non più di otto persone; un supporto professionale sensibile alle richieste e ai bisogni di ciascuno dovrebbe considerare l’unicità della persona e non solo progetti e azioni basati sul collettivo dei residenti: in sostanza cure personalizzate. Tuttavia, nella pratica le residenze terapeutiche in Brasile sono spesso sovrappopolate: «Il numero di pazienti è molto più alto di quello che le strutture possono accogliere, in alcuni casi con oltre venti persone. Molti finiscono per strada – spiega Muller Hargreaves – e senza nessuna cura. Politiche come queste dovrebbero essere fatte progressivamente valutando cosa funziona e cosa no. In Francia, ad esempio, la riforma psichiatrica è stata fatta gradualmente. Avevamo due anni per chiudere e per valutare bene le alternative».

LA GRADUALITÀ DELLA RIFORMA e adeguati investimenti economici che rendano possibili le premesse teoriche, non interessano certo al capitalismo che ha a cuore il profitto più che la cura della persona: «Il grande problema è che nella psichiatria bisogna investire molto per tempi lunghi e spesso piccoli risultati. Investire negli spazi e nella formazione del personale. Ad esempio, nella Casa das Palmeiras vediamo che può passare un anno prima che un paziente inizi a interagire con le persone. Il mondo capitalista non ha interessi concreti nell’investire un anno per un piccolo risultato. Così il numero di posti per pazienti psichiatrici in Brasile è diminuito in modo assurdo: mentre l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda da 3 a 5 posti ogni 100mila abitanti – nel 2016, la regione di San Paolo, la più ricca del Brasile, ne aveva solo 0,17».

NON SOLO GLI SCARSI INVESTIMENTI e la mancanza di gradualità, ma soprattutto la poca disposizione a valutare e verificare criticamente le proprie politiche, ha fatto il gioco di Bolsonaro per rilanciare un modello ospedalocentrico e colpire il settore pubblico, esautorando di fatto il Sus – organismo pubblico del Sistema sanitario brasiliano, e i Caps – Centri di assistenza psicosociale – la cui creazione era stata influenzata proprio dal lavoro di Nise Magalhães: «Nise elaborò per il governo Janio Quadros un piano per la salute mentale in Brasile che ha ispirato successivamente i Caps. Lei – sottolinea lo psichiatra – aveva una visione rivoluzionaria e l’autorevolezza di questa visione deriva dal fatto che viveva davvero in funzione del paziente. Il suo insegnamento è molto profondo perché la differenza sta nella disposizione ad avere a che fare con la sofferenza, con il disagio psichico. Nise è stata una persona utopica, ma capace di rivedere e questionare la pratica, quindi con un senso molto concreto. Senza tale problematizzazione è molto difficile vedere la realtà, si finisce col creare soluzioni immaginando che funzionino sempre e che siano le migliorima non è così. Ed è questa capacità di mettere in discussione la realtà che è mancata nelle riforme della sinistra dando così la spalla alla restaurazione di Bolsonaro».

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