Della storia del sindacato, in Italia, si tende a raccontare solo certe fasi. Gli albori ad esempio, con l’epopea delle prime organizzazioni dei lavoratori nel triangolo industriale. La repressione del primo novecento, con la borghesia spaventata che preferisce le squadracce fasciste alle idee egualitarie del biennio rosso. E poi i grandi successi del dopoguerra, da Di Vittorio allo Statuto dei lavoratori. Degli ultimi trent’anni, invece, si parla molto meno. Un po’ perché la vicinanza non aiuta la freddezza dell’analisi. Un po’ perché il sindacato è da tempo, pur con qualche eccezione, travolto dalla crisi dei corpi intermedi.

l’annuncio della costituzione della Camera del Lavoro il 26 marzo 1893 foto

PROPRIO PER QUESTO è originale già dal titolo “Accorrete dunque. La Cgil negli ultimi 30 anni della storia di Bologna”, il documentario di Valerio Lo Muzio e Marco Santangelo che verrà presentato questa sera nel capoluogo emiliano. A commissionarlo è proprio il principale sindacato italiano, che festeggia i 130 anni dalla fondazione della locale camera del lavoro.

«DALLA SCONFITTA DI MIRAFIORI, quando i rapporti di forza tra lavoratori e proprietà si sbilanciarono drammaticamente a favore della seconda, fino al ritorno delle mobilitazioni nell’onda lunga di Genova 2001 e del movimento no-global, c’è un buco nero. Eppure in quegli anni il sindacato ha fatto molto. È stato il momento in cui si è iniziato a ragionare di arrivo delle nuove tecnologie, occupazione femminile, immigrazione, precarietà. Questo lavoro vuole raccontare anche quella fase», spiega Michele Bulgarelli, che della camera del lavoro di Bologna è Segretario generale.

IL DOCUMENTARIO, di circa un’ora, è diviso in nove capitoli. Ognuno corrisponde ad un pezzo di attività sindacale. In un viaggio per i luoghi simbolo del lavoro in città, si dà voce a lavoratrici e lavoratori. Di fronte ai microfoni sfilano gli Rsu, rappresentanti sindacali eletti dai dipendenti, dei settori più diversi. Alla Ducati, fiore all’occhiello della metalmeccanica italiana, è Salvatore Carotenuto – detto Totò dai colleghi – a spiegare come la pressione sua e del sindacato ha portato a migliorare le condizioni di chi in fabbrica passa le sue giornate. Sulla sicurezza come sui salari. In piazza Maggiore le telecamere di Lo Muzio e Santangelo si soffermano su Tania Orsoni, rider e delegata Filt Cgil in Just Eat. Il suo è il settore simbolo delle nuove forme di sfruttamento nel capitalismo delle piattaforme. «Prima le piattaforme ci inquadravano come collaboratori occasionali o tramite partita Iva. Era un’autonomia finta», spiega Orsoni. «Quando nel 2021, dopo la lotta del sindacato, in Just Eat è arrivato il contratto, è stata una svolta. Abbiamo ottenuto le ferie, la malattia, la maternità. Purtroppo ancora non è così in altre aziende simili».

L’ESEMPIO DI JUST EAT è anche sintomatico di come le nuove forme di lavoro precario rendano più difficile che in passato l’unione tra lavoratori. «Lavoriamo da soli, di fronte ad un telefono. Solo col sindacato abbiamo fatto comunità».

Il segretario della Cgil Bologna Michele Bulgarelli

Ancora diverso l’esempio di Daniela Poli, delegata Rsu per Fp Cgil e maestra d’asilo nido comunale. La sua è la storia di un’eccellenza emiliana – quella dei servizi pubblici di qualità per l’infanzia. Ma anche il sintomo di una crisi sempre peggiore: «l’asilo si chiama ancora comunale, ma di lavoratrici inquadrate come tali siamo rimaste in quattro, tutte prossime alla pensione», racconta Poli.
Assieme ai lavoratori, in “Accorrete Dunque” molto spazio è lasciato ai segretari di categoria, la dirigenza locale del sindacato. «Non è un caso», spiega Lo Muzio. «Potevamo fare solo il film con le storie dei lavoratori in sciopero, in lotta contro i padroni e i crumiri. Ma un’organizzazione è anche la sua struttura, la sua leadership carismatica. Volevamo catturare questo aspetto poco raccontato».

«DA QUESTO DOCUMENTARIO emerge l’attualità del modello sindacale confederale», fa eco Bulgarelli. «Da un lato di categoria, dentro i posti di lavoro, saldamente ancorato alla realtà delle esigenze immediate di chi lavora. Dall’altro sociale, che contratta con le istituzioni e dice la sua sulla società in generale. Un modello mai aziendalista. Questo secondo aspetto emerge quando mostriamo piazza Lucio Dalla, la vecchia sede dei mercati cittadini sul cui riuso il sindacato ha avuto voce in capitolo».

TRA I TEMI, IN EFFETTI, non rientra solo ciò che ci si aspetta da un prodotto del genere – contrattazione, vertenze aziendali. I registi e la voce guida del documentario, rappresentata dallo stesso Bulgarelli, toccano temi caldissimi del dibattito pubblico emiliano e italiano. La gentrificazione, in quartieri come la Bolognina. L’antifascismo, con le voci delle sindacaliste che hanno dato vita alla sezione Anpi della camera del lavoro e lanciano l’allarme di fronte «al governo più di destra della storia». L’immigrazione, con i servizi di Caf e patronati rivolti a chi ha il problema di rinnovare un permesso di soggiorno o fare domanda d’asilo.

Dalla sicurezza e dai salari alla Ducati ai rider di Just Eat che da partite Iva hanno conquistato ferie e malattia, dalle eccellenze degli asili comunali alla lotta alla gentrificazione

E poi, cornice di tutto, la storia. Parallela alla linea tematica scorre quella temporale. Il documentario si apre con un evento ben preciso: l’omicidio del giurista Marco Biagi, ucciso a Bologna nel 2002 dalle Nuove Brigate rosse. Nelle settimane dell’assassinio la Cgil era impegnata in una campagna di mobilitazione contro l’abolizione dell’articolo 18 promossa dal ministero di cui Biagi era consulente. Per il 23 marzo, quattro giorni dopo l’omicidio, era prevista a Roma una grande manifestazione nazionale sul tema. «La notizia dell’attentato fu un fulmine a ciel sereno. Immediatamente il corteo per la giustizia sociale divenne anche per la democrazia e contro il terrorismo», spiegano nel documentario le voci di chi visse quella fase. Il risultato è noto: il 23 marzo del 2002, al Circo Massimo a Roma, ha luogo la più grande manifestazione della storia repubblicana. Tre milioni di persone fermano l’abolizione dell’Articolo 18 – che arriverà, solo dopo anni, per mano del centrosinistra – e danno una spallata alla violenza politica. «Abbiamo deciso di partire dall’incontro tra la Cgil e quello che all’epoca si chiamava il “movimento dei movimenti”. Il sindacato io credo abbia fatto mea culpa, ha capito l’importanza dell’unità con le realtà studentesche», conclude Lo Muzio.

ACCORRETE DUNQUE. La Cgil negli ultimi 30 anni della storia di Bologna è un film sul recente passato. Ma, vedendolo, è inevitabile farsi domande sul prossimo futuro. «Non nascondiamoci dietro a un dito: gli anni di cui parliamo sono anche quelli del neoliberismo, del trionfo del pensiero unico», risponde Bulgarelli. «Nel nostro territorio siamo di fronte a un’emergenza. La Bologna del lavoro, del welfare, dei diritti, sta diventando una città di rendita e di speculazione. È la lotta che portiamo avanti anche in sede di contrattazione sociale, con le istituzioni pubbliche: c’è una rendita da aggredire e redistribuire, per non perdere il patrimonio che abbiamo. Tempo fa si ottenne l’1% sociale: una quota della massa salariale dei privati da destinare a salute, scuole, trasporti, welfare. Siamo di nuovo là».