Tre condanne a sei mesi di carcere con sospensione della pena. È finito così il primo grado del processo in corso a Bologna a carico di tre attivisti di Ultima Generazione, il gruppo ecologista famoso per le azioni eclatanti nei musei e i blocchi stradali. Alla sbarra Mida, Ettore e Silvia, che nel novembre del 2022 si erano incollati all’asfalto bloccando per alcune ore il traffico della tangenziale nel capoluogo emiliano. Scopo della protesta, come per tutte le mobilitazioni di Ug, è il contrasto alla crisi climatica: stop alle infrastrutture fossili, sblocco delle rinnovabili e risarcimenti ai territori danneggiati dagli eventi meteorologici estremi (da finanziare con gli extraprofitti del settore energetico). Il giudice ha considerato illegali le modalità della manifestazione, ma ha riconosciuto tra le attenuanti «l’aver agito per particolari motivi di ordine morale e sociale».

«SIAMO SOLLEVATI, quando siamo entrati in aula stamane (ieri ndr) temevamo potesse finire molto peggio» commenta Mida, una delle attiviste coinvolte nel processo. «Essere i primi in Italia in un procedimento del genere (altre condanne erano già arrivate da tribunali vaticani) ci ha preoccupato, e sicuramente testimonia il clima di repressione che si respira nel nostro paese. Ma dai 5 anni massimo a cui potevano arrivare i capi d’accusa siamo scesi ai due chiesti dal pm, fino ai sei mesi con sospensione della pena del giudice. Che si riconoscessero i motivi morali e sociali della protesta, poi, non era assolutamente scontato. Per noi è importante». Di certo c’è che, dal giorno dell’azione, l’iter legale non è stato semplice.

I TRE ATTIVISTI furono arrestati a novembre e subito sottoposti a misure cautelari: divieto di dimora per due di loro, obbligo di firma per la terza. I divieti di dimora sono stati poi revocati e trasformati in altri obblighi di firma, ma nel mentre gli attivisti hanno dovuto affrontare anche la procedura del foglio di via, che impedisce di tornare nella città in cui è stato emesso. Solo a dicembre il giudice ha considerato illegittimi questi ultimi provvedimenti. Nel mentre sono iniziate le udienze. Dentro gli imputati e la magistratura, che contestava i reati di violenza privata aggravata, interruzione di pubblico servizio, danneggiamento e manifestazione non autorizzata.

FUORI I SIT-IN di solidarietà: sempre presenti altri gruppi ecologisti, come Fridays For Future e Extinction Rebellion, ma anche associazioni civiche e semplici cittadini. Anche la Cgil nei mesi scorsi era scesa in piazza in solidarietà con gli attivisti. «È preoccupante il tentativo di criminalizzazione di una protesta non violenta: il diritto al dissenso democratico è il sale della nostra Costituzione, così come ci ricorda la storia del movimento operaio e dei lavoratori» aveva commentato il segretario cittadino.

LA SENTENZA di ieri ha fatto cadere le accuse di danneggiamento e manifestazione non autorizzata e riconosciuto varie attenuanti tra le quali, appunto, le nobili motivazioni del gesto. I tre sono liberi dalle misure cautelari e, grazie al dispositivo della sospensione, non entreranno in carcere. Ma i sei mesi di pena diverranno effettivi se dovessero ripetere il reato. Le azioni di Ultima Generazione hanno tenuto alta l’attenzione dei media sui temi climatici in un momento in cui altre questioni sembrano aver sopravanzato le emissioni nell’agenda politica. Ma il prezzo da pagare per chi si espone è alto. «Io studio antropologia qui a Bologna, quando sono stata arrestata ero da poche settimane in UG» ci spiega Mida. «Certo, le misure cautelari ti stravolgono un po’ la vita, mi ci è voluto qualche tempo per abituarmi. Ora non abbiamo la fedina penale sporca, ma siamo sicuramente più esposti a futuri problemi».

LA VICENDA LEGALE, intanto, potrebbe continuare. «Valuteremo con calma se fare appello» dice ancora l’attivista. «Comunque Ultima Generazione andrà avanti. Ora siamo in fase di ridefinizione, e cercheremo anche altre strade per far sentire la nostra voce. Il nostro primo obiettivo è il fondo di riparazione. Abbiamo visto con le alluvioni in Emilia Romagna e in Toscana come la crisi climatica possa mettere in ginocchio le persone. Serve un fondo di 20 miliardi ad hoc subito, da finanziare non con le tasse delle persone comuni ma con gli extraprofitti delle big del fossile. Il principio è che chi inquina paga».