Boba Stojnic, il viaggio di un’attrice
Dobrila Stojnic che tutti chiamano Boba è una delle attrici protagoniste indiscusse della scena balcanica ed europea. Nelle sue vene scorre sangue verace d’artista, tenace e poliedrica, cresciuta sin da bambina con il pane del teatro, della letteratura, della musica, della pittura. Attrice di teatro e cinema, l’abbiamo incontrata in un bar di Skadarska a Belgrado e ogni discorso con chi ha vissuto e lavorato nella ex Repubblica Federale di Jugoslavia non sfugge a considerazioni che viaggiano tra cultura e politica, confessandoci pure orgogliosamente che negli anni Settanta a Belgrado arrivavano copie de Il manifesto che lei leggeva assiduamente.
Possiamo dire che l’incontro tra i più importanti della tua vita è stato quello con Fernando Arrabal?
Sì, grazie al Bitef- Belgrade International Theatre Festival, di cui è stato assiduo ospite dalle prime edizioni, ho interpretato due testi di Arrabal, Lettere d’amore, centrato sulla scomparsa di suo padre dopo la guerra civile spagnola e poi quel testo scritto appositamente per me Aspettami in cielo, amore adorato, entrambi diretti dalla mia amica regista Tatjana Mandic-Rigonat. Quando gli ho chiesto di scrivere un testo su Dalì, lui ha scritto un testo surrealista.
‘Tu devi rispettare le regole del teatro – dicevo a Tatjana- non puoi fare un testo su Dalì chiudendolo in una cornice piccolo borghese, non puoi mettere piccole farfalline attorno a un Uovo grande. Quando dissi ad Arrabal che non avevo soldi per produrre lo spettacolo, contattò per la prima mondiale prevista a Parigi, dapprima Isabella Rossellini e poi Andréa Ferréol. «Ma intanto comincia tu le prove», mi diceva. Non era sicuro che Andréa sarebbe arrivata alla fine perché il testo era troppo complesso, seguiva il movimento vorticoso dei pensieri di Dalì. Io per poter capire e far capire quel testo, l’ho prima tradotto in francese, ho fatto quarantasei disegni, quarantasei strisce di fumetto per entrare nel tema. Arrabal li ha fatti vedere ad Andréa e lei si chiedeva: «Che cosa ha questa donna nel cervello? ». I miei fumetti dovevano in realtà servire non per essere usati da lei, ma perché capisse che doveva creare le sue personali associazioni tra pensieri, parole e immagini. Alla fine Andrèa non è andata in scena, sono andata io in scena e c’era persino Amanda Lear che voleva farlo, disponibile a interpretare Dalì anche senza i baffi.
Poi nel 2014 l’annuncio dello spettacolo «Dali vs Picasso» di Fernando Arrabal con la «sublime» Dobrila BOBA Stojnic…
Sul bigliettino d’auguri di Natale inviato ad Arrabal avevo messo come firma «Boba, Frida, Dalì e mi manca Picasso». E lui mi aveva risposto mandandomi il testo «Dali vs Picasso». Ruotava attorno alla discussione avuta tra Dalì e Picasso in un salone parigino davanti ai quadri Morbida costruzione con fagioli bolliti: premonizione della guerra civile, il quadro del mostro con i fagioli e davanti a un’altra un’opera di Picasso, che in seguito diventerà Guernica. Fu Dalì che suggerì a Picasso di cambiare il titolo a quella opera che all’inizio Picasso voleva chiamare, credo, Nella gloria della lampadina. Cambia, gli disse Dalì, chiamala Guernica perché Guernica era stata bombardata due giorni prima, parla della guerra civile spagnola e vedrai che guadagnerai tanto.
Ma a te cosa interessava del mondo di Dalì e di Picasso, cosa ti portava verso quel mondo?
Arrabal mi parlava molto di lui. Ha vissuto con loro quando è arrivato a Parigi, rappresentavano la comunità artistica spagnola a Parigi con Buñuel e Aragon. Lui aveva appena 17 anni quando Dalì l’ha ospitato nella sua casa. «Dalì – mi diceva- era un uomo semplice, un campesino, un timido, ha costruito un mondo incredibile intorno a sé. Picasso invece era quello che amava i soldi, anche se Picasso dava i soldi a Dalì per finanziare i suoi viaggi». Dali vs.Picasso è un testo davvero incredibile, provocatorio e visionario nello stesso tempo, portato in scena anche dai Teatri Nazionali di Lussemburgo e Madrid.
Un’altra figura decisiva nel tuo percorso artistico è Frida Kahlo, che porti in scena da oltre dieci anni.
Il testo è di Sanja Domazet con la regia di Ivana Vujic. Bravissime entrambe, anche se con Ivana abbiamo litigato molto perché voleva eliminare i personaggi, i pilastri drammaturgici. Lei quando arriva alla fine, prende il martello e rompe tutto, rompe lo spettacolo, rompe gli attori. Le sue indicazioni erano keyboard e icona gay. Senza alcun movimento. Frida invece per me è un’esplosione, è una bomba. Di colori, di vita, di dolori, di tutto. E io non potevo farne una sfinge egiziana che sta a letto tutto il tempo. A chi piace guardare la vita di una vecchia che sta sul letto e ricordare come è arrivata a essere una grande pittrice? Alla fine lei ha firmato questa regia e il pubblico continua ad amare questo spettacolo.
Puoi dirmi del tuo incontro con Ellen Stewart e La Mama di New York?
Mi hanno sempre chiamata la bambina del Bitef perché sono entrata giovanissima a lavorare al Bitef Teatro e al Teatro Nazionale, poi sono diventata anche «la bambina La Mama». Ellen me l’aveva presentata Branko Milicevic quando lei è venuta a vedere il nostro Amleto in cantina che facevo con Branko e con Caca-Slobodanka Aleksic. Ci considerava i bambini La Mama, i La Mama kids, eravamo i suoi figli. Come ho detto nella serata in memoria della sua morte «Ci ha fatto volare e vegliava costantemente su di noi e aggiungeva vento alle nostre ali. A lei devo tutto della mia vita artistica e della mia carriera.
Pensi di aver scoperto un modo nuovo di recitare?
Recitare non è passare una serata sulla scena, che tutti ti guardano, ti metti i baffi, il bel costume e così diventi attore. L’atto del recitare è qualcosa di doloroso, sofferente che però non si deve vedere. Devo arrivare a un punto tale che non recito, non devo fingere la vita. il pubblico ti deve credere, deve credere che è venuto a vedere davvero Frida Kahlo. Toccare l’energia, dice Arrabal, cioè andare dentro quelle vie sovrannaturali, scivolare nella pazzia. Fai ancora un passo avanti per Dalì, soltanto i coraggiosi vanno avanti. A un certo punto, ho capito che non potevo tornare indietro e sono entrata in un buco spaziale, ho detto ad Arrabal. Non potevo mangiare e dicevo a me stessa che va bene lo stesso se non mangio ma c’è lo spazio, lo spazio eternale senza fine. Recitare non è una cosa normale per l’uomo. Non è una cosa normale essere un altro.
Cosa puoi dirmi della situazione politica in Serbia?
Ora vado a protestare in piazza perché hanno rubato i voti nelle elezioni del 17 dicembre. Non so se sia veramente Vucic a governare. Di certo suo fratello è un criminale, è un mafioso, è mafia. Tiene la città nelle sue mani. E’ suo fratello che gli dà gli ordini, E lui deve obbedire. Dicono che suo fratello lo picchia. Quelli che votano Vucic lo ritengono il Dio Salvatore dei Serbi. Le pensioni sono basse, i salari sono da fame e allora lui dà 5 euro in più al mese. Ha promesso 150 euro a tutti i pensionati, a ottobre ha dato per ogni bambino 90 euro a tutte le madri e nelle case fanno gran festa. Ma è come l’elemosina, perché se vai al supermercato, non puoi comprare nulla. Rivolge discorsi a tutta la nazione ogni 3- 4 giorni ma non dice niente di niente. Non ho paura di dire le cose. Sanno chi sono. L’ opposizione è debole, male organizzata, manca di persone carismatiche come Zoran Dindic. Aiutateci, dico all’Europa, non fate da spalla a Vucic.
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