Europa

Bloccata al largo di Malta. L’odissea dell’Aquarius 2

Bloccata al largo di Malta. L’odissea dell’Aquarius 2

Chiudo asilo Il maltempo impedisce lo sbarco dei 58 migranti a bordo: «Situazione sempre più difficile»

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 29 settembre 2018

«Siamo bloccati in mare dal maltempo, con le onde che a momenti sono alte anche tre metri. Su di noi raccontano una sacco di fandonie per orientare falsamente l’opinione pubblica e per di più ci tolgono la bandiera. Non si era mai visto che a una nave viene tolta la bandiera per due volte in un mese. Per la Aquarius 2 la situazione sta diventando davvero difficile», si sfoga Alessandro Porro. Dal telefono satellitare la voce va e viene a tratti ma quello che l’operatore di Sos Mediterranée vuole dire è chiarissimo. Nei confronti della ong francese, che insieme a Medici senza frontiere opera sull’unica nave ancora attiva nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo centrale «è in corso un’operazione per fermarci, per togliere di mezzo il soccorso messo in atto da civili», spiega Porro.

Da tre giorni l’Aquarius 2 è ferma in acque internazionali a 13 miglia dalle coste maltesi, senza la possibilità di fare altro che aspettare. Aspettare che il mare si calmi consentendo finalmente di trasferire su una nave della Valletta i 58 migranti che da mercoledì della scorsa settimana si trovano a bordo. Per la maggior parte si tratta di famiglie di libici fuggite da Tripoli e Zuara, terrorizzate dagli scontri tra milizie, ma ci sono anche pachistani, siriani, palestinesi e un uomo originario della Costa d’Avorio. In tutto le donne sono 17, ma ci sono anche 18 bambini. «Trascorriamo il tempo occupandoci dei più piccoli facendo attenzione che non si facciano male, ma per fortuna ci sono loro che rendono il clima più leggero», prosegue Porro.

Quella dell’Aquarius 2 potrebbe essere una storia emblematica di come si possa fare terra bruciata intorno a chi si ostina a operare nel Mediterraneo. Attiva dal 2016, la nave ha sempre agito in accordo con Mrcc Roma, la sala operativa della Guardia costiera che coordina le operazioni di salvataggio. Mai un problema in quasi tre anni fino a quando, lo scorso 20 agosto, Gibilterra – dove la nave era registrata con il nome Aquarius – comunica all’armatore di aver cancellato la nave dai proprio registri. La stessa cosa fatta da Panama – dove nel frattempo era stata registrata – pochi giorni fa. Il governo italiano ha smentito pressioni su Panama, ma Sos Med e Msf sono convinti del contrario. «E’ in atto una campagna di diffamazione delle ong che si basa su menzogne, intimidazioni a Paesi terzi, su un tentativo di criminalizzare la solidarietà. Siamo stanchi, è arrivato il momento di dire le cose come stanno», ha denunciato due giorni fa la presidente di Msf, Claudia Lodesani.

«Quello che ci viene contestato è di non obbedire alla Guardia costiera libica, ma la verità è che ogni volta che li chiamiamo loro non rispondono», prosegue Porro. «Poi, una volta che abbiamo i migranti a bordo, arriva una motovedetta e ci ordina di portare le persone a Tripoli o fare il trasbordo consegnandole a loro. Ma questa è una cosa che non faremo mai, perché sarebbe una violazione della Convenzione di Ginevra».
Non mancano le intimidazioni. Come quella avvenuta due giorni fa quando una nave di Tripoli si è affiancata alla Aquarius 2 e via radio ha chiesto all’equipaggio se voleva passare qualche settimana in Libia, salvo poi ordinargli bruscamente di andare via.

Fortunatamente le condizioni di salute dei migranti non destano preoccupazioni particolari. «Ci sono persone con ustioni di secondo grado provocate dal carburante e una donna incinta di cinque mesi, ma sono tutti sotto controllo del medico e degli infermieri», prosegue Porro. Il problema, semmai, è sbloccare la situazione. Quando il tempo lo consentirà i migranti verranno sbarcati a Malta e successivamente, sulla base di un accordo raggiunto nei giorni scorsi, suddivisi tra Francia, Spagna, Portogallo e Germania. La Aquarius 2 farà invece rotta verso Marsiglia dove perderà la bandiera e sarà costretta a rimanere ferma, almeno fino a quando un Paese dell’Unione europea non acconsentirà a registrarla. E fino ad allora il Mediterraneo sarà un mare ancora più pericoloso di quanto già non sia oggi.

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