«L’estate del 2023 sarà diversa da quella dello scorso anno, le portate del fiume sono aumentate e, a parte una zona critica nel piacentino, le falde si sono ricaricate in tutto il bacino» spiega Alessandro Bratti, segretario dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po ed ex direttore dell’Ispra. Con negli occhi le immagini della Romagna alluvionata, alla vigilia della nuova riunione dell’Osservatorio sugli utilizzi idrici del 25 maggio, pare surreale affrontare il tema della siccità, ma i due fenomeni si tengono: era stato Bratti, poche settimane fa, a sottolineare il pericolo in cui versava il 16% degli argini del fiume Po, anche a causa della siccità che gli aveva lasciati scoperti a lungo negli ultimi anni.

Alessandro Bratti
Dobbiamo prevedere soluzioni innovative, come e la delocalizzazione degli edifici e degli insediamenti più critici e di quelli gravemente danneggiati
A maggio le precipitazioni hanno riguardato tutto il bacino, ma hanno assunto carattere tragico in Romagna, dove gli argini pensili hanno collassato. Quali sono le possibili risposte di fronte a questi eventi estremi?
Le arginature presenti sul fiume Po, sui suoi affluenti principali e sui corsi d’acqua emiliano-romagnoli colpiti dagli ultimi eventi alluvionali, sono sistemi strategici per la difesa di amplissime porzioni di Pianura Padana. In numerosi casi questi sistemi difensivi non sono adeguati in quota, sagoma e struttura per il contenimento dei livelli di piena e per questo quei territori sono stati individuati come Aree a rischio potenziale significativo. È bene evidenziare che le arginature non possono mai garantire una sicurezza assoluta: non potendo resistere alla tracimazione, se superate collassano rapidamente riversando nei territori retrostanti buona parte dei volumi di piena.

Come possiamo affrontare questa situazione?
Una corretta manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere arginali e una adeguata gestione dei sedimenti e della vegetazione ripariale è intervento necessario ma non sufficiente. Le arginature sul Po e quelle sugli altri corsi d’acqua padani hanno raggiunto quote limite di altezza non più significativamente aumentabili ed emerge la necessità di definire nuovi indirizzi difensivi nel caso di eventi eccezionali sempre più possibili in epoca di cambiamento climatico. Si tratta, in particolare, di dare più spazio ai fiumi, invertendo la tendenza che aveva caratterizzato l’epoca in cui molte di tali arginature sono state realizzate, la bonifica dei primi del Novecento, di recuperare più spazio possibile all’agricoltura e allo sviluppo antropico. Oggi bisogna fare un ragionamento alla rovescia: laddove possibile vanno arretrate le arginature, anche creando golene chiuse al pari di quelle presenti sul Po, abbassati i terreni golenali nei tratti più pensili rispetto ai piani di campagna circostanti, vanno realizzati tratti di arginature tracimabili in modo tale che, se superate dalle acque, non collassino. Sono questi interventi innovativi che dovranno essere presi in considerazione in futuro, insieme al completamento delle casse di espansione in corso di realizzazione, all’adeguamento dei ponti e delle infrastrutture interferenti e alla delocalizzazione degli edifici e degli insediamenti più critici e di quelli gravemente danneggiati durante gli eventi alluvionali.

Circola una fake news sulla diga di Ridracoli, che sarebbe stata aperta all’improvviso causando l’alluvione, quando in realtà era stata oggetto di svuotamento controllato per poter immagazzinare l’acqua delle precipitazioni attese. Di fronte alla complessità del sistema idrologico, come aiutare il cittadino a comprendere i meccanismi che lo regolano?
Sulla previsione degli eventi di piena, sull’allertamento dei cittadini e sulla gestione delle fasi emergenziali molto è stato fatto e le alluvioni dei giorni scorsi, nonostante la gravità e l’eccezionalità, ne sono testimonianza. I morti avrebbero potuto essere molti di più. Serve continuare a fare formazione per rendere consapevoli i cittadini dei rischi, perché la memoria dell’uomo è breve e spesso tende a dimenticare ciò che è accaduto anche in un recente passato. Questo è necessario in un Paese che ha il 94% dei Comuni esposti al rischio di alluvioni, frane ed erosione costiera.

Nei giorni scorsi a Torino il Po ha allagato l’area dei Murazzi, cosa che accade ormai con frequenza. Serve un piano straordinario per l’abitabilità della Pianura Padana? Se sì, quali sono le priorità?
I Piani ci sono. Ad esempio il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico è stato approvato sul fiume Po già a fine anni 90 e contiene la perimetrazione delle fasce fluviali e le norme di uso del suolo rispetto alle quali deve uniformarsi la pianificazione urbanistica in capo alle Regioni ed ai Comuni.