L’emergenza Covid19 cancella la Mostra dell’architettura e in quel desolato 29 agosto rimasto con i padiglioni vuoti si fa spazio un immaginario lungo 125 anni: quello che accompagna le vicende stesse della Biennale di Venezia, declinate in ogni sua disciplina. Si va dagli anni del fascismo, con le visite dei gerarchi nazisti, ai musicisti «degenerati» come Stravinskij e Bartók, alle contestazioni del ’68 o il controfestival in Campo santa Margherita nel 1972, fino alle trasformazioni dello sciamano Harald Szeeman. Si torna così al «laboratorio permanente» che mette in dialogo tutte le arti, come ha dichiarato il presidente Roberto Cicutto. Alla...