Bandiere a mezz’asta, fino all’ora del tramonto dell’11 maggio, sugli edifici pubblici statunitensi per rispetto e in memoria delle vittime di «un atto insensato», la sparatoria di sabato scorso a Dallas che ha causato otto morti e almeno sette feriti gravi. Joe Biden reagisce così, con un forte atto simbolico, all’ultima strage, il secondo mass shooting per numero di vittime del 2023. Al primo maggio di quest’anno, si contano ben 5.971 morti per colpi d’arma da fuoco, 11.035 feriti, 184 mass shooting.

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UNA CATENA DI MORTI a cui la reazione pur doverosa delle bandiere a mezz’asta per l’ultima carneficina dà la misura dell’impotenza politica di fronte all’enormità senza fine dello stragismo quotidiano: ancora una volta, alle parole di condanna e di dolore, non sembra seguire nulla che somigli anche vagamente all’annuncio di una svolta politica nel contrasto al fenomeno, fosse pure solo al suo aspetto più terrificante e incredibile, la diffusione e l’impiego di vere e proprie armi da guerra – come il fucile d’assalto AR-15 usato dal trentatreenne Mauricio Garcia nel centro commerciale di Dallas – e di relative cartucce illimitate di proiettili.

Va detto che il potere federale di Washington deve misurarsi con poteri di Stati che vanno nella direzione opposta a una politica, anche molto limitata, di controllo delle armi, comprese quelle semiautomatiche. Nel Congresso del Texas, lo stato dove hanno avuto luogo, a distanza di pochi giorni, le ultime due stragi, una proposta di legge dei democratici per elevare da 18 a 21 anni l’età minima per acquistare armi come l’AR-15, ha scarsissime possibilità di essere anche solo presa in esame in sede di commissione.

D’altra parte, per quanto cinica, non è infondata la considerazione di Greg Albott, il governatore del Texas, uno dei peggiori banditi politici in circolazione in America, quando afferma che uccisioni e stragi per armi da fuoco sono in aumento egualmente negli Stati con norme più severe e negli Stati con norme più lasche. Le democratiche Chicago e California hanno in effetti poco da insegnare al Texas.

E SÌ, LA SITUAZIONE sembra andata troppo avanti perché si possano intravvedere efficaci politiche in grado di contrastare questa vera e propria guerra civile permanente causata dalla circolazione senza limiti di pistole, fucili e armi belliche, a cui ogni strage sembra dare alimento più che freno e in cui hanno più voce in capitolo produttori e commercianti di armi, e relative lobby, che la politica. E ne è un segno eloquente lo scivolamento progressivo verso un ritorno a Washington di chi meglio d’ogni altro simboleggia e rappresenta quest’America senza limiti, armata fino ai denti: Donald Trump.

IL FANTASMA DELLA SUA rivincita torna ad angustiare l’America progressista con l’avvio della campagna elettorale per le presidenziali 2024, a due settimane dall’annuncio della ricandidatura di Biden, e con gli immancabili sondaggi che, come sempre, fanno somigliare la competizione a una corsa dei cavalli.

E il cavallo Joe sembra già in affanno, secondo un recente rilevamento commissionato da Washington Post e ABC.
I sondaggi, come si premette sempre, sono solo sondaggi, e spesso, quando si vota davvero, non trovano conferma. In effetti l’interesse di quest’ultimo non è tanto nel vantaggio, comunque non trascurabile, che ha Trump su Biden (49% e 42%). Colpiscono i dati sull’indice di approvazione del lavoro svolto sin qui dal presidente democratico, crollato al 36%, rispetto al 42% di febbraio. Colpiscono il 56% che disapprova il suo operato e, di questi, il 47% che lo disapprova «fortemente». E, considerando che il suo sfidante, 76 anni, non è esattamente un giovanotto, ed è pure sovrappeso e iperteso, colpisce che solo su Biden si concentri l’attenzione sull’età – il presidente inizierebbe un secondo mandato a 82 anni – e che, se per il 63% degli intervistati Biden non ha più «l’acutezza mentale» per svolgere il suo ruolo, nel caso di Trump, la maggior parte del campione (54%) ritiene che abbia le capacità mentali per essere presidente.

GLI STRATEGHI democratici sono consapevoli di queste vulnerabilità, lo sono fin dall’inizio dell’avventura di Joe Biden. Per questo, nello sceglierlo, gli avevano affiancato Kamala Harris, 58 anni, donna, black, californiana. Non solo un ticket espressione della “diversity”, ma anche un’operazione preliminare a una staffetta per un secondo mandato nel segno di Biden ma senza Biden.

IL PROBLEMA DUNQUE è di rimediare al sostanziale insuccesso di quest’operazione politica, dovuto, come si è detto più volte, alla manifesta inadeguatezza di Kamala Harris. Altrimenti le primarie democratiche, che avrebbero dovuto suggellare la staffetta diventano adesso il solitario e persino penoso percorso di un presidente in difficoltà verso l’incoronazione alla convention di Chicago, mentre all’interno del campo repubblicano Trump sbaraglia le ultime resistenze alla sua candidatura.