La strage avvenuta sabato, in un centro commerciale di Allen, un sobborgo di Dallas, è costata la vita ad otto persone ed è stata l’ultima in una scia di sangue che rischia di segnare un lugubre record, perfino per gli Stati uniti, un paese apparentemente perduto in una inarrestabile spirale di morte. Nella ventiduesima settimana del 2023 la sparatoria di Allen ha segnato la ventiduesima strage dell’anno. Solo da gennaio, i mass killings (definiti dal Gun Violence Archive come «sparatorie che provocano quattro o più morti»), hanno ad oggi mietuto 115 vittime innocenti. Le dimensioni della crisi sono letteralmente epidemiche ed è non a caso oggetto di studio delle principali agenzie di salute pubblica, il Cdc e l’Nih, preposte idealmente ad analizzare altri tipi di patogeni. Le morti per arma da fuoco nel paese (suicidi, omicidi e accidentali) superano ormai le 20.000 all’anno e, nel paese più benestante del mondo, morire ammazzati da un proiettile è da poco diventata la principale causa di mortalità infantile. Ad Allen un bambino di cinque anni è stato trovato dai soccorritori, vivo sotto il cadavere della madre buttatasi su di lui per proteggerlo.

GLI SCHOOL SHOOTING sono ormai una macabra variante propria di violenza stragista che prende di mira le scuole. Nelle scuole pubbliche i curriculum comprendono esercitazioni di manovre evasive più in linea con addestramenti militari, alcuni istituti sperimentano con bunker o paratie antiproiettile per offrire riparo nelle aule. Una paradossale distopia legata alla vera marea di armi da fuoco in cui il annaspa paese che registra ormai 120 armi in circolazione per ogni 100 abitanti distaccando di gran lunga la nazione seconda al mondo per potenza di fuoco “civile”: lo Yemen con 50 armi per cento abitanti.

Il problema è endemico e nazionale e indice forse di una incrinatura più profonda nello stato psicopolitico degli Usa ma non è forse una coincidenza che la sindrome sia stata particolarmente mortifera di recente nel Texas dove pistole sono religione e storico totem identitario collegato alla diffidenza dall’autorità federale. Giusto un anno fa un diciottenne armato di AR15 ha metodicamente assassinato 19 bambini e due insegnanti in una scuola elementare di Uvalde. Nel 2019 un terrorista aveva aperto il fuoco in un Wal Mart di El Paso facendo 23 vittime e altrettanti feriti per «dare una lezione» agli immigrati. Solo la scorsa settimana un uomo aveva sterminato una famiglia per avergli chiesto di non fare tiro a segno (con un AR15) nel giardino attiguo.

IN OGNUNO DEI CASI il governatore texano, l’ultraconservatore Greg Abbott, si è rifiutato di varare iniziative atte a diminuire la diffusione illimitata di armi da fuoco nella cittadinanza, che vengono reclamate a gran voce da una parte sempre più consistente di opinione pubblica (e dal presidente Biden che chiede invano al Congresso di vietare le vendite delle armi semiautomatiche di tipo militare). La sua postura è indicativa della disfunzione politica, anche questa tutta americana, che sottende la strage infinita. L’affinità “costituzionale” per le armi da fuoco codificata nel secondo emendamento che nel 1789 ne garantiva il possesso per «milizie civili bene organizzate» per la difesa contro nuove tirannidi, è stata ormai appropriata dalla destra (ora nella variante trumpista) che ne ha fatto una principale bandiera politica. Il partito repubblicano (beneficiario di un fiume inesauribile di dollari proveniente dalla potente lobby delle armi) continua così a porre un veto perentorio ad iniziative volte ad arginare i problema – sebbene queste siano favorite da maggioranze sempre più consistenti di cittadini.

LA COLORATURA politica è anche sempre più presente i moventi delle sparatorie stesse. Mauricio Garcia, l’uomo di 33 anni ucciso da un agente polizia mentre scaricava un AR15 sulla folla, recava sulla divisa paramilitare che indossava uno stemma recante la dicitura Rwds (right wing death squad) usata da formazioni neonaziste come i Proud Boys. Una matrice che collegherebbe i suoi omicidi a quelli perpetrati recentemente contro Afroamericani (Buffalo), Lgbtq (Colorado Springs) ed immigrati ispanici (El Paso).

E quest’ultimo movente razzista sembrerebbe aver motivato un’altra strage in Texas sempre il passato fine settimana, quando un Suv è passato col rosso e ha accelerato su un marciapiede dove un gruppo di richiedenti asilo venezuelani aspettavano un autobus davanti ad un centro per migranti a Brownsville, sul confine messicano. La carneficina ha provocato sette morti ed i sopravvissuti feriti hanno detto che il conducente era già passato davanti al gruppo di uomini apostrofandoli con insulti razzisti. L’ultimo episodio in uno stato e un Paese in preda alla violenza ed all’odio di cui molti condividono una responsabilità.