La Cnn lo aveva anticipato una settimana fa, ma ora le voci sono diventate più concrete: l’amministrazione Biden ha approvato l’invio in Ucraina di “cluster munitions”, bombe a grappolo, bandite nel 2008 da una convenzione dell’Onu a causa della loro pericolosità per i civili, sia durante gli attacchi che in seguito.

Più di 120 Paesi hanno ratificato la convenzione, fra cui 31 membri della Nato. Ma fra le nazioni che si sono schierate contro le munizioni a grappolo non compaiono gli Stati uniti, l’Ucraina e la Russia. Il divieto internazionale contro l’uso di munizioni a grappolo non è così compatto come quello contro le armi biologiche o chimiche, ma è una delle classi di armamenti, insieme alle mine antiuomo, che i sostenitori dei diritti umani e del disarmo hanno preso di mira per via del loro funzionamento.

LE CLUSTER BOMB funzionano esplodendo in aria sopra il bersaglio, e rilasciando fino a centinaia di submunizioni più piccole che si sparpagliano in un’area più ampia, come piccole mine: i tassi di fallimento di queste armi sono alti, e le submunizioni inesplose mettono in pericolo sia le truppe amiche che i civili per decenni dopo la fine di un conflitto.

La storia dell’uso della cluster bomb è molto lunga, e gli effetti della loro pericolosità nel tempo sono comprovati. Il loro primo utilizzo risale al 1943, quando l’allora Unione sovietica le usó contro l’esercito tedesco; gli Stati uniti le utilizzano dagli anni ’60 e tuttora in Vietnam e in Laos (dove ne sono state sganciate qualcosa come 270 milioni) qualcuno salta in aria. .

Le bombe a grappolo sono state utilizzate dagli Usa in entrambe le guerre in Iraq, in Afghanistan, in Kossovo, ma dal 2016 la loro produzione è interrotta. Quelle che verranno mandate in Ucraina sono praticamente avanzi di magazzino, così come era accaduto per i missili Patriot.

Gli Stati uniti, con un’eccezione nel 2003, avevano interrotto l’uso delle bombe a grappolo, ma non ne hanno mai vietato del tutto l’uso, e un questo caso, poiché né l’Ucraina né gli Stati uniti sono membri del trattato dell’Onu, non c’è nulla di tecnicamente illegale nell’invio di cluster bomb all’Ucraina da parte degli Usa.

AL MOMENTO la Casa Bianca e il Dipartimento della Difesa non hanno risposto a una richiesta di commento, la reazione russa, invece, non si è fatta attendere: “Le bombe a grappolo fornite dagli Usa sarebbero una pericolosa escalation”, ha detto l’ambasciatore di Mosca alle Nazioni Unite Vasily Nebenzya .

L’ipotesi che l’invio di bombe a grappolo statunitensi possa creare un’escalation non è stata sollevata solo dalla Russia.

L’ex vice presidente di Trump, Mike Pence, ora candidato alle primarie repubblicane per la corsa alla presidenza del 2024, ha dichiarato: «Se l’Ucraina dovesse perdere la guerra contro la Russia, gli Stati uniti dovranno inviare delle truppe per combattere l’aggressione. Non ho dubbi che se Vladimir Putin dovesse prendere il controllo dell’Ucraina, non passerebbe molto tempo prima che le forze armate russe attraversino un confine in cui dovremmo inviare i nostri uomini e le nostre donne per combattere contro di loro».

TUTTAVIA LA QUESTIONE se gli Stati Uniti debbano inviare cluster bomb in Ucraina è molto diversa dai dibattiti precedenti sulle forniture di armi a Kiev.

Fino ad ora il dibattito è sempre stato se ciò potrebbe provocare Mosca e se queste armi siano davvero un aiuto efficace per le forze ucraine. Il dibattito sulle munizioni a grappolo entra in un campo diverso perché l’invio di cluster bomb diventa una prova dell’adesione degli Stati uniti al consenso internazionale, che va dalla parte opposta, e di come la decisione di Biden potrebbe minare la lotta internazionale contro l’uso di queste armi.

«QUI SI TRATTA molto di come tutti gli altri Paesi – ha dichiarato a Vox Jennifer Erickson, esperta di sicurezza internazionale e controllo degli armamenti presso il Boston College – risponderanno a questo invio, sia gli alleati della Nato che la più ampia comunità internazionale. Si tratta di testare quella che è una norma internazionale ben più ampia, di: ‘Se vendiamo quel carro armato, la Russia lo prenderà come un’escalation’. La questione è dove sta andando un’alleanza che vuole proiettare un’immagine di unità e coesione».