Politica

Bianchi a D’Amato: «No a manovrine da Prima Repubblica»

Bianchi a D’Amato: «No a manovrine da Prima Repubblica»Donatella Bianchi – Ansa

Intervista La candidata del M5S alla Regione Lazio rifiuta il voto disgiunto. E spiega: «Ecco il nostro programma sostenibile e inclusivo»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 8 febbraio 2023

«In ogni angolo del territorio laziale incontro cittadini che mi parlano delle proprie urgenze e aspirazioni. Chiedono una Regione inclusiva, a misura per tutti e non solo di chi abita i centri urbani», racconta Donatella Bianchi, candidata presidente della Regione Lazio per il M5S e il «polo progressista», giunta all’ultimo rush di campagna elettorale. «Ho deciso di ripartire da questo confronto e dal loro disagio quotidiano – prosegue Bianchi – Dal dramma dei pendolari alla medicina territoriale che latita, dalla (in)sicurezza stradale ad un reddito regionale per difendere chi verrà abbandonato dal governo Meloni».

Questa partita rimanda inevitabilmente al piano nazionale: la prima prova del voto per le destre al governo, la sfida tra Pd e M5S per la ridefinizione del quadro politico e del centrosinistra. Come si è districata in questo scenario?
La mia «candidatura di servizio» marca proprio la differenza da certi aspetti che interessano più gli addetti ai lavori che i cittadini. Ho scelto di ripartire dalla trasparenza di un programma sostenibile e inclusivo, di valorizzare le reti di mutualismo solidale e l’associazionismo. Nella nostra agenda per il Lazio ci sono le persone. Il M5S ha mostrato la giusta sensibilità, il Pd ha anteposto logiche politiciste facendo una fuga avanti sul nome del candidato e cestinando il confronto sul programma.

In Lombardia però Pd e M5S corrono insieme.
È la dimostrazione che il M5S non ha nessun pregiudizio. Lì il Pd ha accettato il confronto: si è parlato di temi e programmi per essere credibili con i cittadini, non di poltrone e cartelli elettorali a tempo determinato. Lì i dem hanno detto «basta inceneritori», proponendosi anche di dismettere gradualmente quelli esistenti. Nel Lazio invece ci sono gli ultrà dell’inquinamento. Ci sono troppi Pd diversi che vanno ognuno per la proprio strada e poca attenzione a cittadini e programmi.

Alessio D’Amato sostiene che porre il termovalorizzatore come discriminante per un’alleanza è «pretestuoso»: la Regione non ha diretta competenza sulla vicenda.
Nel Piano rifiuti regionale – approvato anche da D’Amato – non è previsto il ricorso all’incenerimento per chiudere il ciclo dei rifiuti e anche Gualtieri si guardò bene dal mettere l’inceneritore nel suo programma elettorale. Poi però sappiamo come è andata: la forzatura del Pd nel decreto aiuti e l’anomalia di un partito che si veste da ambientalista pur sponsorizzando questo ecomostro. Ma è Carnevale, ogni scherzo vale. Forse a D’Amato interessavano più le lusinghe di Renzi e Calenda che hanno tirato fuori il suo nome dal cilindro, commissariando i dem e chiudendo il dialogo con il M5S.

Sull’invito al voto disgiunto e il voto utile cosa risponde?
Se il Pd, in pieno congresso, insiste con l’errore già commesso da Letta alle Politiche significa che la strada imboccata è sbagliata. Il candidato di Renzi, D’Amato, si preoccupi di fidelizzare il suo elettorato che ha già dimostrato di non gradire manovrine politiche da Prima repubblica. I cittadini non sono pacchetti di voti o numeri di tessere: trattarli così è la prima causa dell’astensione.

È molto dura nei confronti di D’Amato…
Prima parla di ticket e mi «concede» un posto da sua vice, poi insulta gli elettori M5S parlando di «voto inutile». Non è così che si racimolano voti, anzi. Spiegasse piuttosto perché un cittadino laziale dovrebbe volere a guidare la Regione un amministratore che ha distratto da quella stessa Regione fondi pubblici per 275 mila euro per la propria attività politica.

Cosa non va adesso nella sanità gestita negli ultimi dieci anni dal centrosinistra e su cosa punterebbe?
Aver fronteggiato bene la pandemia non può essere un’amaca su cui cullarsi beatamente. La sanità laziale risponde ad un modello ospedalecentrico che produce l’ingolfamento dei pronto soccorso, lunghe liste d’attesa e migrazione sanitaria. Un cittadino non deve essere costretto a cambiare regione per fare un esame diagnostico, né può rimanere in una barella parcheggiata in un corridoio per 24 ore prima di essere assistito. E poi: stabilizziamo medici, infermieri e operatori sanitari precari. Durante la pandemia media e cittadini li hanno chiamati «angeli, ‘eroi»; non vorrei ci fossimo dimenticati di quanto hanno fatto e ancora possono fare per tutti noi.

La Regione ha importanti competenze sulle politiche abitative. Come affronterebbe il tema il diritto alla casa?
Preferisco parlare di diritto all’abitare, formula che tiene dentro anche la dimensione dei servizi in cui un cittadino vive, non solo la questione centrale del «tetto sulla testa». La mia proposta parte da un programma pluriennale di implementazione di alloggi, ragionando di nuove costruzioni solo dopo aver riqualificato il patrimonio immobiliare regionale. Nessuna cattedrale nel deserto: case ma anche trasporti, ambulatori, scuole e servizi.

Che rapporto ha avuto in questa campagna elettorale e nella definizione del programma con le due assessore uscenti del M5S che facevano parte della giunta Zingaretti?
Piena collaborazione, un contributo importante. Non ho mai rinnegato quanto di buono fatto e prodotto dall’ingresso del M5S nella giunta regionale: l’ho sempre considerato un punto di partenza per un aggiornamento del programma da offrire ai cittadini.

Infine: il Lazio come regione di mare. Come valorizzerebbe questa risorsa?
La blu economy oggi rappresenta un’opportunità di crescita straordinaria per il Lazio, ma è necessario riconoscere la centralità dei principi di sostenibilità investendo anche su soluzioni promosse dall’Unione europea. È un settore giovane e rappresenta un ottimo volano occupazionale: insomma, un valore aggiunto.

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