«Voglio ricostruire il partito». Giornata di caccia grossa per il ministro Andrea Orlando, anche se la metafora non è adatta all’aplomb del Guardasigilli e alla sua felpatissima corsa nelle primarie del Pd. Non parte favorito, ma in questi giorni, con passo lento ma costante, incassa una notevole quantità di consensi. Interni, per ora, in linea con una campagna fatta «per unire il Pd». Ieri il Guardasigilli è stato impegnato in un vero tour de force fra le diverse anime del partito. Di buon mattino al Nazareno iniziativa con Goffredo Bettini, padre nobile del Pd veltroniano delle origini, della stagione del centrosinistra al Campidoglio ma soprattutto – in questo caso – primo fautore del giovane Orlando, negli anni della fondazione del Pd e della ricerca di un gruppo dirigente più giovane. In questi ultimi tempi Bettini, oggi europarlamentare, si è schierato con Renzi. Ieri invece, dichiarando il suo sostegno alla corsa del Guardasigilli ha usato parole pesanti all’indirizzo dell’ex segretario:  «La demagogia si paga ed è un linguaggio di destra, lui ha deluso. E la rottamazione è andata avanti fino a rottamare tutto il partito». Contro questa fine ingloriosa «Orlando è una persona tenace che sa ascoltare, può rappresentare il tempo della ricostruzione». La chiusa è scoppiettante: «Qualcuno ha detto che Andrea è figlio del partito, comunque meglio figlio del partito che figlio di mignotta». Poi la scena si sposta nell’assemblea di Sinistradem, la corrente di Gianni Cuperlo. Dove Orlando raccoglie l’ovazione della platea: «Andrea è un ottimo ministro, ha equilibrio, il renzismo è alle spalle», ha giurato il grande candidato alle primarie del 2013. Il candidato ringrazia e ricambia anche se non nasconde le differenze politiche. Se Cuperlo ha chiesto al ministro Luca Lotti un passo indietro dopo il coinvolgimento nel caso Consip, Orlando fa sfoggio di cultura politica e garantismo assicurando che il collega di governo «ha tutto il diritto di restare al suo posto».

Scena finale, la terza, insieme a Retedem, la corrente dei civatiani rimasti nel Pd guidata da Sergio Logiudice, che annuncia il suo appoggio.

Ieri è arrivato anche il sì ufficiale della pattuglia rimasta vicina all’ex presidente del consiglio Enrico Letta. Che non scenderà nell’agone delle primarie, come il manifesto ha anticipato negli scorsi giorni. Ma chi gli sta vicino (Marco Meloni, direttore della Scuola di Politiche fondata dall’ex premier, l’eurodeputata Alessia Mosca, l’ex segretario regionale ligure del Pd Lorenzo Basso, l’ex ministra Carrozza, l’ex sottosegretario Dell’Aringa, il senatore Paolo Guerrieri) non ha dubbi: Orlando è l’unico candidato che «può rappresentare al meglio la pluralità delle culture e delle forze costitutive del Pd, secondo la miglior tradizione dell’Ulivo».