Berlusconi reloaded: «Deluso da Putin, no all’embargo sul gas»
Il personaggio La "ridiscesa in campo" del Cavaliere: «La casa è sacra, sul catasto no alla fiducia»
Il personaggio La "ridiscesa in campo" del Cavaliere: «La casa è sacra, sul catasto no alla fiducia»
Plastificato lo sembrava già quando inviò ai tg la videocassetta che annunciava la “discesa” in un campo dal quale non è mai più uscito. Non si può pretendere che oltre 28 anni dopo, vicino agli 86 e senza un capello ingrigito, addirittura fresco sposino sia pur solo simbolicamente, non lo sembri anche di più.
Ma nel complesso merita tanto di cappello la resa scenica di Silvio Berlusconi nel “discorso del ritorno” di ieri, di fronte agli infervorati azzurri assemblati al Parco dei Principi di Roma per la Convention di Fi. Convenuti per applaudire hanno fatto il loro dovere e Silvio il Redivivo ha fatto il suo, allargandosi in un discorso tanto lungo da dover essere sforbiciato, con invito a farsene dare una copia per non perdersi i passaggi saltati.
NON È SOLO QUESTIONE di abilità, nel calcare le scene. Il Cavaliere doveva trarsi di impaccio su due fronti diversi, uno estremamente imbarazzante, i rapporti con Putin, il secondo a massimo rischio: lo scontro con Draghi (mai nominato e non a caso) sulla delega fiscale. In entrambi i casi se la è cavata da virtuoso.
In Italia nessun leader politico, neppure quelli che la faccia dello zar la sfoggiavano sulle magliette come una rockstar, è stato più vicino a Putin di Silvio Berlusconi. Quando ieri è salito sul palco, non lo aveva ancora mai nominato dal 24 febbraio, il giorno dell’invasione.
IERI LO HA FATTO, senza reticenze ma anche mantenendo un difficile equilibrio, senza sbilanciarsi troppo. «Non posso e non voglio nascondere di essere profondamente deluso e addolorato da Putin. Lo avevo conosciuto vent’anni fa e mi era sembrato un uomo di democrazia e di pace». Magari Putin democratico e pacifista è un po’ troppo persino per Silvio il Visionario, ma si sa che l’uomo dispone di una faccia tosta impareggiabile, non scalfita dal tempo.
L’ex amico dell’autocrate non si ferma qui. Sa che ogni sospetto di reticenza gli verrebbe rinfacciato e affonda la lama. Denuncia senza giri di parole «l’aggressione che ha portato la Russia nelle braccia della Cina anziché in Europa. Peccato!». Parla di «crimini di guerra», responsabilità che «la Russia non può negare» e di cui anzi la Russia stessa dovrebbe «identificare e mettere sotto processo i responsabili».
ALLO STESSO TEMPO PERÒ il leader che si propone, in questa «vera ridiscesa in campo», come unico e solo alfiere di una destra di governo non calca la mano, non degenera nella truculenza ormai diffusa, non si scaglia contro “orchi” o “macellai”. Auspica anzi che il dialogo tra Russia, Usa e Ue riprenda al più presto. Boccia l’ipotesi di embargo sul gas russo: «Non ce lo possiamo permettere anche per colpa di chi non ha voluto il nucleare».
Si candida a rappresentante politico del popolo della trattativa, ben più numeroso di quanto appaia dai talk show drogati: «L’Italia deve lavorare perché si arrivi a un compromesso accettabile da tutti». Condanna nettissima quindi, ma anche disponibilità a ricucire una tela che sembra irreparabilmente lacerata e trovare il punto di equilibrio non era facile.
SULLA DELEGA FISCALE, il leader di Fi tiene il punto ma allo stesso tempo indica una via d’uscita che è probabilmente l’unica: «Abbiamo fiducia nel governo che però non può fare a meno del supporto delle forze politiche e non può non considerare la necessità di una normale dialettica parlamentare».
Traduzione concreta: «Non consentiremo a nessun governo di colpire la casa, che per noi è sacra» e una richiesta esplicita di non mettere la fiducia. Vuol dire che la maggioranza si dividerà in aula sul catasto e, se il passaggio non verrà tolto dalla delega come è pure possibile, sul regime fiscale duale.
MA SENZA FIDUCIA LO STRAPPO non renderà inevitabile la crisi, tanto più che alla camera e probabilmente anche al senato il governo dovrebbe spuntarla anche senza Lega e Fi. Berlusconi non risparmia una stoccata a FdI che «non entrando nel governo ha perso un’occasione per partecipare al rilancio del Paese». Ma l’obiettivo non è polemizzare con gli alleati. È ritagliare un ruolo ben delineato per un partito che non può essere quello del ventennio trionfale, ma che Berlusconi non ha alcuna intenzione di dismettere. Per questo “ridiscende in campo.
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