Enrico Berlinguer restituito alla sua dimensione storica: seconda giornata, ieri, di Berlingueriana al Circolo Ilva di Bagnoli, organizzato da Infinitimondi. Francesco Barbagallo ha ripercorso la parabola del leader del Pci, tre momenti sembrano estrapolati dal tempo presente. Nel 1973 il paese affronta lo choc petrolifero e la guerra del Kippur: «Berlinguer – ricorda Barbagallo – al Comitato centrale legherà la crisi mondiale all’acuirsi della crisi italiana. All’assemblea dice “precipita fino al fallimento un modello di sviluppo che è stato tra i più fragili e distorti dell’intero mondo capitalistico, venuti meno alcuni dei pilastri su cui era fondato: i bassi salari, lo sconsiderato drenaggio di risorse dal Mezzogiorno”». Nel 1977 si scatena contro il Pci un’offensiva ideologica, l’accusa è di leninismo: «È proprio certo, replicava Berlinguer a Scalfari, che oggi, nel 1978, il problema con il quale dobbiamo confrontarci sia quello di rispondere alla domanda se siamo leninisti o no? Chi ci chiede di emettere condanne e compiere abiure nei confronti della nostra storia ci chiede una cosa al tempo stessa impossibile e sciocca. Non si rinnega la storia, si cerca di capire e rinnovarsi nella continuità».

NEL 1981 su Critica marxista Berlinguer ammoniva: «Se si toglie all’impegno politico la tensione verso l’avvenire e lo si riduce a giochi di potere, polemiche e trattative tra esponenti di partiti, allora si contribuisce ad aggravare una crisi di fiducia che ha già dimensioni allarmanti». Barbagallo però racconta anche cos’è successo nel decennio successivo, con lo sguardo agli intrecci tra economia, politica e criminalità organizzata: «La sinistra veniva da stagioni di battaglie su questo campo. Dagli anni Novanta la lotta ai clan è stata lasciata ai magistrati, la politica locale e nazionale si è disinteressata perché veniva infiltrata a partire dal livello locale, un tratto comune a tutti gli schieramenti. I clan danno lavoro in modo lecito e illecito, anche ai professionisti, e così ottengono consenso. Mentre la sinistra non c’è più: esistono personalità interessate alla carriera. Renzo Lapiccirella si opponeva ad Amendola che gli offrì un posto da deputato nel 1948. La risposta fu: “Mi sono iscritto al Pci per fare politica non per fare il deputato”».

FIAMMA LUSSANA ha indirizzato lo sguardo al di fuori dei confini italiani: «Alla fine del 1979 il presidente dei paesi non allineati, Fidel Castro, lancia dall’Onu un drammatico appello: qual è il destino dei paesi sottosviluppati, morire di fame? A che servono le Nazioni unite? Berlinguer riprende l’appello di Castro nel suo viaggio in America Latina. Al centro dei conflitti non c’è più solo lo scontro tra capitalismo e socialismo ma anche tra paesi industrializzati e sottosviluppati, tra un nord industrializzato su cui soffia la crisi energetica e un sud che muore di fame».

E POI C’È IL DIALOGO CON L’SPD di Willy Brandt, che nel 1980 presenta il suo rapporto alla Commissione Nord-Sud in cui scrive: «La pace è il presupposto dello sviluppo. Tragico che il trasferimento di tecnologie tra paesi ricchi e paesi poveri sia sotto forma di strumenti di morte». Berlinguer, su questo solco, prepara la Carta per la pace e lo sviluppo: «Un programma innovativo – spiega Lussana -. Solo emancipando i due terzi dell’umanità il mondo sarà più sicuro. Il sottosviluppo è uno strumento del capitalismo imperialistico, la politica di potenza si basa sulla corsa alle armi per accaparrarsi l’uso del mondo. La logica dei blocchi si riflette nella tensione tra Est e Ovest, anche l’Urss ha un ruolo negativo nella liberazione dei popoli. È necessario ripensare il mondo con una nuova etica che all’individualismo e al consumismo sostituisca i valori socialisti, una cultura dello sviluppo che abolisca gli sprechi, sia innovativa, dia spazio alla crescita soggettiva. Promotori di questa riforma per Berlinguer sono i soggetti emergenti: donne, giovani, emarginati. È un socialismo rinnovato, senza dogmi: pragmatismo e idealismo rivoluzionario, quello che le socialdemocrazie hanno perduto».

GIANNI CUPERLO mette a fuoco gli ultimi anni di Berlinguer, dalla morte di Aldo Moro alla sua tragica fine nel 1984 durante un comizio a Padova: «L’approdo al governo non era più possibile perché gli interlocutori non erano più disponibili. Così chiude la stagione della solidarietà nazionale e apre quella dell’alternativa democratica. Posiziona quel patrimonio di consenso in un nuovo tempo che apre a categorie di pensiero e parti della società ricollocate nella storia del Pci: pacifismo, disarmo, femminismo, ecologismo, battaglie civili. Noi generazione venuta dopo non siamo stati all’altezza».

ALDO TORTORELLA è stato testimone di quel percorso: «Berlinguer era un fermissimo sostenitore del togliattismo, cioè del passaggio dalla dittatura del proletariato alla democrazia progressiva. Quando gli stati alleati occidentali si schierarono contro la partecipazione del Pci al governo e il dialogo si trasformò in un mediocre compromesso per il sostegno di un esecutivo Dc il cui capo venne ucciso, Berlinguer capì che serviva un’altra linea. La questione morale è un invito a tornare alla fonte dei propri principi, gli ideali socialisti e quelli del cristianesimo di base. Ecologismo, femminismo, pacifismo, disarmo sono le parole d’ordine. Il sistema capitalistico aveva vinto sulla quantità ma non sulla qualità dello sviluppo, vinto la guerra sui mezzi di consumo e di produzione ma non nei rapporti tra le persone. È la critica al capitalismo dentro al patriarcato, come forma tragica di dominio».

ERANO I SEMI di un futuro che non si è realizzato: «Una parte del partito non voleva stare all’opposizione in eterno – prosegue Tortorella -, voleva una nuova forma per togliersi il fardello della propria storia e andare al governo. Mente Berlinguer rivendica la storia del Pci lavorando a una politica nuova. Nel 1980 va ai cancelli della Fiat e dice agli operai “se voi lo decidete noi saremo dalla vostra parte” cioè se voi decidete, anche se sbagliate, saremo al vostro fianco. Altri credevano in politiche che gli operai non capivano mentre subivano un attacco ai loro diritti. Una parte dei compagni pensava che la questione fondamentale fosse l’accesso al governo per fare il bene dei lavoratori, non è andata così».

HANNO PARTECIPATO alla giornata di dibattiti Pierluigi Totaro, Anna Maria Carloni e Franca Chiaromonte, Vincenzo Vita, Roberto Esposito e Michele Grimaldi, Giacomo Di Gennaro e Leandro Limoccia, Alberto Diaspro, Ugo Leone, Peppe De Cristofaro e Maria Monticelli. Oggi alle 9.30 lectio di Vandana Shiva. Alle 11.30 Una politica per la pace con Antonio Bassolino, Maria Luisa Boccia, Pietro Folena, Marco Fumagalli, Alessandro Genovesi, Luciana Castellina.