«Benvenuto Matías», il 130mo nipote ritrovato in Argentina
Desaparecidos Le «Nonne» di Plaza de Mayo colpiscono ancora. Estela Carlotto: «Oggi è un bel giorno»
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Si chiama Javier Matías Darroux Mijalchuk e ha 40 anni. È il 130esimo nipote ritrovato dalle Abuelas de Plaza de Mayo, l’associazione di nonne argentine che cercano gli oltre 500 bambini sottratti illegalmente dai militari durante gli anni della dittatura (1976-83). Matías è figlio di Elena Mijalchuk e Juan Manuel Darroux ed è sparito quando aveva appena 4 mesi.
ALLA FINE DEL DICEMBRE 1977 Juan scomparve, qualche giorno dopo Elena ricevette una chiamata in cui le si intimava di farsi trovare il 26 dicembre a Buenos Aires in via Pampa, tra Lugones e Figueroa Alcorta, per avere notizie del compagno. Elena andò all’appuntamento con il figlio Matías e da allora non si hanno più notizie di lei. Il neonato fu trovato da una signora in strada e fu dato in adozione. Oggi, grazie all’instancabile lavoro delle Abuelas, Matías conosce il suo vero nome, la sua identità e la sua famiglia, ma ha cominciato una nuova ricerca: Elena era incinta di due mesi quando fu sequestrata, Matías ha un fratello o una sorella da qualche parte.
«Ho sempre pensato di essere figlio di persone scomparse durante la dittatura – spiega durante la conferenza nella sede delle Abuelas a Buenos Aires – ma non volevo fare il test del dna. Non mi interessava sapere di chi fossi figlio in realtà, stavo bene con la famiglia che mi aveva adottato. Ma nel 2006 ho capito quanto fosse egoista il mio comportamento. Ho capito che anche se non era importante per me, dall’altra parte poteva esserci una nonna, un fratello o uno zio che mi stavano cercando. E così ho fatto il test del dna e si è scoperto che mio zio mi cercava da 40 anni».
MATÍAS SAPEVA di essere stato adottato e un giorno decise di rivolgersi alla filiale delle Abuelas della provincia di Córdoba. Nel suo fascicolo si leggeva che era stato trovato il 27 dicembre 1977 da una donna che stava camminando per strada, all’incrocio fra via Ramallo e via Grecia, a pochi isolati di distanza dalla Esma, il più grande campo di sterminio dell’Argentina, dove furono detenute oltre 5000 persone. Il bambino venne dato in adozione a Buenos Aires e nel 1999 si trasferì a Córdoba.
«La restituzione della mia identità è un omaggio ai miei genitori- dice Matías – un simbolo di memoria, verità e giustizia. E per questo voglio ringraziare mio zio Roberto che non ha mai perso la speranza e che in 40 anni non ha mai cambiato numero di telefono fiducioso di ricevere quella chiamata che stava aspettando e che un giorno finalmente è arrivata. Quando ci siamo potuti incontrare, mio zio mi ha guardato e mi ha detto «Sei tu Javi?» e mi ha abbracciato come mai nessuno aveva fatto prima e come nessuno potrà fare in futuro. È difficile capire quello che ha vissuto, perché il fatto di avermi trovato significa anche che non potrà mai più rivedere sua sorella».
ROBERTO MIJALCHUK, fratello di Elena, non ha mai smesso di cercare notizie sue, del cognato e del nipote. La loro scomparsa fu denunciata da Roberto nel 1999 e da quel momento la Comisión Nacional por el Derecho a la Identidad (Conadi) cominciò a investigare sul caso, mentre i campioni ematici delle famiglie furono inseriti nel Banco Nacional de Datos Genéticos.
Come in altri molti casi di desaparecidos, non si nulla della sorte di Elena e Juan. Nessun sopravvissuto li ha visti e la loro presenza in un campo di detenzione non è mai stata confermata. «Della storia mia, di mio fratello e dei miei genitori non si sa nulla, e la possibilità di renderla pubblica mi dà speranza di trovare qualcuno che sappia cosa ne è stato della loro vita», dice Mathías, il secondo nipote ritrovato dall’inizio dell’anno. Lo scorso aprile infatti è stata ritrovata la nipote n° 129, figlia di Carlos Alberto Solsona e Norma Síntora, mentre durante il 2018 è stata recuperata l’identità di un solo nieto.
Il primo ritrovamento di un figlio di desaparecidos risale al 1978 e da allora i casi sono aumentati di anno in anno: nel 1984, primo anno dopo la caduta della dittatura, furono 12 i nipoti ritrovati dalle Abuelas. Ad accogliere il 130esimo nieto ritrovato, c’è una stanza gremita di persone. «Diamo il benvenuto a Matías – dice Estela Carlotto, presidente delle Abuelas – Oggi è un bel giorno».
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