La cessione del credito è ciò che consente alle famiglie, al di là che si tratti o meno del Superbonus, di agire. È di assoluta importanza. Eliminarlo vuol dire colpire le imprese e soprattutto le famiglie, perché quello è l’unico strumento pensato per aiutarle a fare un investimento nelle proprie case». A dirlo è la responsabile Energia di Legambiente Katiuscia Eroe.

L’associazione, poco prima della stretta sul Superbonus, ha lanciato insieme a Kyoto Club la campagna d’informazione e advocacy itinerante Caldaie a gas? Pezzi da Museo per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento e raffrescamento, responsabili quasi del 18% delle emissioni di CO2 in Italia. Con il blocco della cessione dei crediti e degli sconti in fattura come modalità alternative di fruizione di tutti i bonus fiscali in edilizia, approvato con il decreto-legge dal Consiglio dei Ministri su proposta della presidente Meloni e del ministro dell’Economia e delle finanze Giorgietti il 16 febbraio, efficientare le case degli diventa sempre più complicato.
«LE RAGIONI PER CUI ABBIAMO LANCIATO questa campagna – fa sapere Katiuscia Eroe – restano valide. Le caldaie sono ancora gli impianti più utilizzati nelle nostre case, alimentati da una delle principali fonti climalteranti, il gas metano. Abbiamo degli obiettivi globali, europei e del Paese da raggiungere, per far fronte all’emergenza climatica, ma non stiamo avanzando come dovremmo. Con le nuove disposizioni, sono stati posti degli ostacoli al Superbonus, ma gli incentivi esistono».

Il problema si fa socio-economico: come faranno le fasce meno abbienti a usufruirne? Non si tratta solo dei 5,6 milioni di cittadini che vivono in povertà assoluta, ma anche del ceto medio, «reduce – spiega Eroe – da una crisi sanitaria, da un post pandemia, da una crisi energetica e da un aumento dei prezzi».
L’IPOTESI DEGLI F24 VA BENE SOLO per i ricchi che pagano le tasse e le imprese. Il denaro va anticipato. Si richiede liquidità. E resta uno strumento complesso, non alla portata di tutti. Sarebbe auspicabile, invece, rivolgere ai cittadini – secondo Legambiente – l’appello di sensibilizzazione ad abbandonare la propria caldaia a gas per tecnologie di riscaldamento sostenibili. Occorrerebbe che a livello politico si decida di non concedere più sussidi per le prime, a favore delle seconde. La riduzione delle emissioni parte dalle abitazioni, che sono responsabili del 50% circa del totale dei consumi energetici nel nostro Paese. Intervenire nel settore del riscaldamento consentirebbe di progredire verso gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 e al 2050.

LEGAMBIENTE CHIEDE LO «STOP all’installazione di nuove caldaie a gas fossile dal 2025, di smettere di promuovere le caldaie a gas come una soluzione sostenibile, eliminando queste tecnologie da tutti i sistemi incentivanti fin da subito». Così si potrebbe anticipare di 4 anni lo stop imposto dall’Ue. Tra le scelte del governo italiano e quelle dell’Ue, in materia edilizia, è già stata evidente una collisione con la levata di scudi il 9 febbraio, quando in Commissione Industria, ricerca ed energia al Parlamento europeo tra i 18 voti contrari all’approvazione della proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (Epbd) c’era anche l’Italia. La posizione confermava quanto dichiarato dal capogruppo di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti, alla Camera che l’aveva definita «una patrimoniale camuffata».
MA DI FATTO IL VIA LIBERA CON 49 VOTI favorevoli raggiunto a Strasburgo apre la strada alla ristrutturazione, entro il 2033, di tutti gli edifici nelle classi E, F, G degli immobili residenziali in Italia. Si dovrà intervenire su oltre 9,7 milioni di edifici, ovvero il 75% circa del patrimonio edilizio residenziale. Il risultato sarà la riduzione delle emissioni di CO2 di 14 milioni di tonnellate. Prima che diventi definitiva la direttiva, si dovrà attendere l’approvazione nella sessione plenaria del 13-16 marzo a Strasburgo. L’altolà della politica nostrana in merito al patrimonio storico è stato già smentito non solo da alcune clausole della stessa direttiva che lo preserva, ma anche dai dati: «Si tratta del 12,8% su oltre 14 milioni di abitazioni residenziali», avverte Katiuscia Eroe.

PER IL PARLAMENTO EUROPEO tutti i nuovi edifici dovranno essere a zero emissioni a partire dal 2028. Per il riscaldamento, il divieto ai combustibili fossili dovrà essere raggiunto entro il 2035. «Le famiglie che hanno installato pompe di calore alternative alla caldaia a gas hanno risparmiato tra i 600 e gli 800 euro l’anno. In Italia vengono istallate ancora 800 mila caldaie a gas l’anno. Il nostro è un Paese – fa sapere Eroe – che conosce poco e poco investe sulle alternative. È un problema culturale e di conoscenza ma anche e soprattutto di strumenti». Oggi l’Italia usufruisce di 19 milioni di caldaie a gas. Questi «pezzi da museo», come li ha definiti Legambiente, consumano il 50% del gas utilizzato nel nostro Paese.

SUI COSTI DI INSTALLAZIONE, L’UTILIZZO degli incentivi e della cessione del credito è fondamentale: la differenza di prezzo tra caldaie a gas e pompe di calore, associate a un pannello solare o fotovoltaico, può oscillare dai 3 ai 5 mila euro, a sfavore delle seconde. Il rischio – spiega Eroe – «è che potranno farlo solo i ricchi». Legambiente quest’anno assieme alla campagna Caldaie a gas? Pezzi da Museo ha associato una mostra itinerante, che è partita da Bari il 14 febbraio.

Le tappe successive sono Avellino, Ivrea, Torino, Roma, Potenza, Perugia, Udine, Padova, Ancona, Enna e Napoli. L’obiettivo è di puntare alle amministrazioni comunali, «che potrebbero inserire all’interno dei loro regolamenti uno stop anticipato all’installazione di nuove caldaie a gas, ad esempio nel caso di ristrutturazioni». È prevista anche una petizione al governo per dirottare i sussidi sulle pompe di calore alternative. Gli incentivi sono fondamentali. I risultati conseguiti col Superbonus 110% sono evidenti: il risparmio medio in bolletta è stato di 964 euro l’anno, con una riduzione delle emissioni di 1,42 milioni di tonnellate di CO2 e un impatto sull’economia di 195,2 miliardi di euro.