Bari, l’assessora, il marito e i voti comprati: il «sistema» svelato per vendetta
L'inchiesta L’ex sodale Armando De Francesco ha rivelato il modo in cui avveniva la compravendita di consensi: «Posso pagarne il prezzo pur di vedere l’impero cadere»
L'inchiesta L’ex sodale Armando De Francesco ha rivelato il modo in cui avveniva la compravendita di consensi: «Posso pagarne il prezzo pur di vedere l’impero cadere»
Il figlioccio si ribella al «padrino» e parla: «Io posso anche pagare il prezzo di questa cosa. Ed è giusto che sia così, pur di vedere il suo impero cadere». Le parole sono quelle dell’ex consigliere circoscrizionale barese Armando De Francesco, ora indagato e ai domiciliari. La sua è una testimonianza chiave del nuovo filone di inchiesta della Procura di Bari per svelare il «metodo Sandrino».
L’impero che sperava di vedere crollare era quello di Alessandro Cataldo, leader del movimento politico pugliese Sud al Centro e marito di Anita Maurodinoia, l’assessore regionale ai trasporti definita lady preferenze, partita dal centrodestra e approdata al Pd, indagata e dimissionaria (dimissioni accettate ieri) dopo la perquisizione fatta giovedì dai Carabinieri. Il consorte, secondo gli inquirenti, è il deus ex machina dell’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale in favore di sua moglie e non solo.
Sono 72 gli indagati, 8 con misure cautelari (uno è il primo cittadino di Triggiano, Antonio Donatelli, sospeso dalla prefettura) e 2 con divieto di dimora su disposizione del gip Paola De Santis della Procura di Bari. Tre le tornate elettorali al centro dell’inchiesta, 2mila i cittadini schedati, 50 euro a voto. Fotocopie di documenti di identità e schede elettorali finite nei cassonetti per eliminare le prove, poi rinvenute in brandelli.
Su Bari, ancora scossa dalle 137 misure cautelari del 26 febbraio e dalle ripetute sparatorie (in ultimo l’omicidio a Pasquetta di un esponente del clan Capriati), restano accesi i riflettori. La magistratura svela un progetto criminale consolidato, con cui sarebbero state pilotate le preferenze nelle elezioni amministrative di due comuni della provincia, Triggiano (nel 2020) e Grumo Appula (nel 2021), e in quelle regionali del 2020. Sarebbe stato il risentimento ad aver fatto saltare i piani di Cataldo.
Il suo fedelissimo De Francesco lo tradisce. In ballo ci sono gli affari dei centri di formazione (De Francesco punta ad averne uno tutto suo). Volta le spalle e parla non sapendo di essere registrato. È gennaio del 2021. L’interlocutore è un maresciallo della Guardia di Finanza, Gerardo Leone, denunciato da Cataldo e poi arrestato. L’ipotesi di poter trovare solidarietà spinge De Francesco a vuotare il sacco.
«Fa scacco al re», come lui stesso dice intercettato. Descrive Cataldo come «il capo di un’associazione a delinquere, dallo stesso ideata, volta principalmente alla corruzione elettorale e al successivo controllo di amministrazioni ed enti pubblici». La traccia audio finisce in una relazione ma pochi mesi dopo lui ritratta, accusando il maresciallo di aver orchestrato tutto. Gli inquirenti indagano e trovano un database con 2mila nominativi di elettori che sarebbero stati pagati dai 25 ai 50 euro.
Agli accompagnatori ne sarebbero stati dati 10. Un segno identificativo sulle schede avrebbe confermato ai rappresentanti di lista presenti nei seggi l’avvenuta compravendita. Tutto fila liscio. Le preferenze ottenute da Anita Maurodinoia negli anni destano polemiche: 6234 voti al consiglio comunale nel 2019, circa 20mila in Regione nel 2020. Tra i messaggi finiti agli atti ce n’è uno esemplificativo del modus operandi. Una delle sodali di Cataldo dice all’elettrice: «Questo è il bigliettino. È semplicissimo. Dovrà barrare il simbolo di Sud al centro e scrivere Maurodinoia». In cambio? Una bustina chiusa con una molletta con dentro i soldi lanciata direttamente dal balcone. I favori in alcuni casi sarebbero stati anche ricambiati con l’assegnazione di lavori pubblici e forniture di servizi. Bastava moltiplicare: «Quanti siete in famiglia? Quattro? Ti do 200 euro».
Cataldo nel frattempo avrebbe osteggiato l’autonomia professionale di De Francesco, che sperava a sua volta di usare i clienti dei corsi come futuri elettori. Nel frattempo viene convocato dall’autorità giudiziaria. Chiama il deputato della Lega Davide Bellomo, avvocato penalista, non indagato: «Amico mio, non mi abbandonare» gli dice. L’onorevole gli consiglia un altro collega: Michele Laforgia, oggi candidato 5S alle prossime comunali di Bari di giugno. De Francesco poi ritratterà. Ma le indagini sono partite. Ieri si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Nicola Lella (l’unico in galera) e lo stesso De Francesco.
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