I civili e anche le notizie escono dalla Azovstal con lentezza esasperante e il massimo beneficio del dubbio possibile. Il sindaco di Mariupol Vadym Boychenko ieri mattina denunciava in tv che la zona era sotto il fuoco russo, altro che corridoi umanitari. Il primo cittadino aggiungeva anche di aver perso i contatti con i «ragazzi» asserragliati nell’acciaieria, segnalando una trentina di bambini tra le persone in trappola.

Sergei Shoigu
Qualsiasi convoglio carico di armi dell’Alleanza atlantica sul territorio ucraino verrà considerato come un legittimo obiettivo

NELLE STESSE ORE fonti russe stimavano in circa 2mila miliziani e 200 civili l’umanità “residua” nella Azovstal, negando però che fosse in corso un attacco, malgrado testimonianze e immagini girate per tutta la giornata raccontassero una storia diversa. E in serata mentre anche il leader della maggioranza parlamentare di Kiev David Arakhamia parlava di «irruzione delle truppe russe nel territorio di Azovstal», aggiungendo però che il governo manteneva i contatti con i combattenti ucraini all’interno, l’agenzia Interfax ci metteva una buona parola: l’annuncio di una tregua, decretata dal comando militare russo.

Una tregua, con annesso corridoio umanitario lungo tre giorni, da oggi a sabato, per evacuare i civili di Azovstal. Che potranno scegliere, dettaglio extralusso aggiunto nella nota, se prendere la via dei territori controllati dall’Ucraina o quella verso la Russia.

TRA LE SMENTITE RUSSE del giorno c’era stata quella riguardo i presunti propositi da parte di Putin di approfittare delle celebrazioni del 9 maggio per una dichiarazione ufficiale di guerra all’Ucraina. Sarebbe un «nonsense», ha assicurato il portavoce del Cremlino Dmytro Peskov. Senza commentare il senso che avrebbero altre nubi che si addensano all’orizzonte in vista del giorno in cui la Russia celebra la vittoria sul nazismo, e che secondo i vertici di Kiev potrebbe dare il “la” a una mobilitazione generale dell’esercito russo per provare a ottenere quanto negato fin qui dall’inaspettata resistenza opposta dagli ucraini. Il ministro della Difesa russo Serguej Shoigu si è “limitato” a segnalare che «qualsiasi convoglio  carico di armi dell’Alleanza atlantica sul territorio ucraino verrà considerato come un legittimo obiettivo».

Il presidente Volodymyr Zelensky, collegato stavolta con una conferenza organizzata a Londra dal Wall Street Journal, ha chiuso a qualsiasi ipotesi di accordo che comporti un «congelamento del conflitto». Ricorderebbe troppo a suo parere quello sancito dagli accordi di Minsk, con le truppe russe che in questo caso resterebbero nelle porzioni di territorio ucraino occupate nel frattempo: «Non lo accetteremmo».

DI TORNARE A MINSK lo chiedeva del resto Mosca, poco prima che Putin scatenasse l’invasione. Ebbene «l’Ucraina non finirà più in un simile pantano diplomatico», ha giurato Zelensky, opponendo un niet anche alla possibilità di digerire l’attuale status quo della Crimea.
Il presidente ucraino in un’intervista rilasciata a Fox News ha poi dato del “Goebbels” a Serguej Lavrov, rilanciando il delirio innescato dall’ormai tristemente celebre intervista a Rete4 del ministro degli Esteri russo, la storia del sangue ebreo nelle vene di Hitler e degli ebrei «maggiori antisemiti». La crisi che si è aperta tra Russia e Israele – ieri è intervenuto anche il presidente della Repubblica Isaac Herzog, augurandosi che Lavrov «ritratti le sue parole e si scusi» – era l’ultima che mancava alla collezione.

A rincarare la dose, se possibile, ci ha pensato Maria Zacharova, portavoce-star del ministero guidato da Lavrov, che denunciava ieri la presenza di «mercenari israeliani» in Ucraina al fianco del battaglione Azov. Accusa smentita da Kiev con un sarcastico tweet in cui il consigliere della presidenza Mykhaylo Podolyak si chiede sarcasticamente se «la carenza di cocaina abbia costretto il ministero degli Esteri a passare a qualcosa di più pesante». Il riferimento è al recente sequestro da 3 tonnellate e mezzo avvenuto in Estonia di un carico destinato al mercato russo. Il livello dell’interazione diplomatica è quello che è.

DECISAMENTE SOPRA LE RIGHE anche l’incursione dell’ex e aspirante futuro presidente brasiliano Lula Da Silva nelle vicende ucraine in occasione di una lunga intervista che ha prodotto una copertina del settimanale Time. A Zelensky, che «dovrebbe passare più tempo seduto a un tavolo negoziale» manda a dire «ok, sei stato un buon attore, ma non dobbiamo fare la guerra per farti apparire in tv». E a Putin, «hai molte armi, ma non hai bisogno di usarle in Ucraina». Per Lula sono sullo stesso piano, entrambi volevano il conflitto, senza dimenticare le colpe di Nato, Usa, Europa.

Intanto a Parigi Emmanuel Macron dopo aver fallito l’ennesimo approccio frontale con Putin, ieri ha ricevuto il premier indiano Narendra Modi. Portare l’India su posizioni meno favorevoli alla linea di Mosca sull’invasione dell’Ucraina sarebbe per l’Eliseo un discreto premio di consolazione.