Un rigore per l’Australia ai Mondiali. E anche per il Kenya, casa sua. Awer Mabil, esterno offensivo del club turco Kasimpasa (ma a breve passerà al Cadice, nella Liga spagnola) è stato uno dei rigoristi che ha regalato l’accesso alla Coppa del Mondo in Qatar alla nazionale australiana nello spareggio con il Perù di un paio di giorni fa a Doha. Nella sua complicata storia, raccontata anche dalla Bbc, c’è un po’ di tutto ma soprattutto tanta riconoscenza per il paese australiano, che l’ha accolto ormai da 16 anni. Mabil è un rifugiato politico, originario del Sud Sudan, il paese dei genitori che, dopo lo scoppio della seconda guerra civile in Sudan (20 anni di orrore, quasi due milioni di morti), si sono diretti in Kenya. Mabil è nato a Kakuma, in uno dei campi profughi della città keniana, nella miseria più nera e un ambiente dove la violenza, paura e degrado la fanno da padrone. Dove le riserve alimentari andavano centellinate: un chilo di riso e tre di fagioli una volta al mese dall’Onu, come ha raccontato lo stesso Mabil, che ha vissuto per anni in una capanna di fango condivisa con padre, madre e sorella.

La svolta nella vita di Mabil è arrivata con il viaggio della speranza, per un futuro diverso, in Australia, all’interno di un programma di aiuti umanitari al Kenya

UN PASTO al giorno, di più non si poteva. A un certo punto nella sua esistenza di stenti è arrivato il calcio, in particolar modo la passione per le imprese del Manchester United: due ore a piedi per poter assistere su un vecchio televisore alle partite dei Red Devils di Sir Alex Ferguson, il meglio di quanto potesse offrire la Premier League che diventava un modello sia in Africa che in Estremo Oriente. Costava un dollaro a testa sedersi e guardare, se non lo avevi l’alternativa era il racconto di un amico per immaginare le giocate dei vari Beckham, Giggs, Stam, Giggs, Scholes.

LA SVOLTA nella vita di Mabil è arrivata con il viaggio della speranza, per un futuro diverso, in Australia, all’interno di un programma di aiuti umanitari al Kenya. Il processo d’integrazione non è stato facile, Mabil ha dovuto patire dopo il suo arrivo in Australia anche lo stigma del razzismo. L’ha conosciuto a 16 anni ma aveva le spalle coperte perché aveva un obiettivo in mente. Aveva già iniziato a fare sul serio con il pallone: ingaggiato dall’Adelaide United che ne intuisce subito le potenzialità, un paio di stagioni nella A-League, il massimo campionato australiano, prima di un’esperienza in Danimarca, al Midtjylland, con un gettone in Champions League.

TRA POCO sfiderà il Real Madrid in Spagna e tra qualche mese sarà ai Mondiali in Qatar, garantendo all’Australia la quinta partecipazione consecutiva alla Coppa del Mondo, Awer dopo il rigore al Perù si è sentito di ringraziare gli australiani, che l’hanno accolto, nonostante il razzismo e la diffidenza. Quel rigore è la restituzione di un sogno.
Nel frattempo l’ala del Kasimpasa ha creato la sua fondazione, Barefoot to Boots, portando scarpe da calcio, attrezzature sportive, mediche, per i rifugiati di Kakuma. Non è il primo africano che investe parte delle ricchezze accumulate in carriera per concedere una chance alla sua città d’origine. Prima di lui in tanti, da Yaya Tourè a Eto’o, Drogba. Un segno di gratitudine per aver costruito le basi del suo sogno.