Internazionale

«Avete visto cosa potremmo fare con più armi. Mandatele»

«Avete visto cosa potremmo fare con più armi. Mandatele»Le macerie di Pokrovsk – foto Ap/Darvik Maca Vojtech

Dal fronte ucraino Sarebbe bello colpire Rubliovka o la residenza di Putin a Krasnodar, ma non cambierebbe nulla. Ma sarebbe peggio lasciare Putin libero di minacciare l’Europa

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 17 settembre 2024
Sabato AngieriInviato a Pokrovsk

L’ultimo ponte per entrare a Pokrovsk è crollato, ora non c’è neanche più il checkpoint, solo tre cubi di cemento che bloccano la strada. Attraverso una lunga deviazione tra i campi però si riesce lo stesso a entrare in città, ieri bersagliata ripetutamente dell’artiglieria russa di medio calibro anche di giorno. Vuol dire che le forze di Mosca si sono avvicinate ancora. Non abbastanza da inviare i droni, che generalmente vengono fatti alzare in volo a una distanza massima di 1,5 km, né per tirare con i mortai, ma nei pressi.

NELLA NOTTE i canali Telegram russi e ucraini sono stati invasi da messaggi a proposito di Selidove, un’altra cittadina sconosciuta del Donetsk che sta acquistando notorietà per le vicissitudini belliche. Da Mosca la davano per conquistata, ma i difensori hanno smentito dichiarando che i russi ora starebbero invece cercando di aggirarla. «Non l’hanno presa – ci spiega Sergey Tsekhotskyi, ufficiale capo del servizio informazioni della 59° brigata separata di fanteria motorizzata ucraina, di stanza nell’area da quasi un anno – Pensavano di riuscire a sfondare rapidamente ma hanno incontrato più resistenza del previsto, ne abbiamo fatti fuori molti ma siamo comunque in inferiorità numerica».

Perché questo nuovo assalto? «Da quando hanno trovato un punto debole nelle nostre difese i russi stanno usando sempre la stessa tattica: aggirare l’ostacolo principale per creare una ‘sacca’ intorno ai nostri e poi martellare con l’artiglieria». Tsekhotskyi apre una mappa dal cellulare e mostra nella pratica quale sia la situazione: «Non gli interessa impantanarsi in battaglie campali come in passato, stanno spingendo il più possibile per assalire Pokrovsk da tutti i lati e le cittadine intorno (come Selidove, ndr) gli servono solo a tagliare la nostra catena di approvvigionamento». Quindi ora con i ponti distrutti siamo all’ultimo atto? «Non ancora, abbiamo altre vie, non sono comode ma finché restano aperte resistiamo».

GLI DICIAMO che non riusciamo a capire come dopo mesi di stallo i russi siano riusciti ad avanzare così rapidamente nel Donetsk. «La battaglia era già in corso da molto prima che si iniziasse a parlarne: per otto lunghi mesi la mia brigata ha difeso la città, abbiamo tenuto finché a Myrnograd – indica un punto speculare a Selidove ma a nord – il fronte non ha ceduto». E ora? «I nostri servizi di intelligence ci dicono che Putin vuole conquistare Pokrovsk entro l’autunno, per esibirla come trofeo e dimostrare al mondo che stanno vincendo la guerra». Ma l’impressione da fuori l’Ucraina è che sia proprio così. «Noi – riprende Tsekhotskyi – abbiamo dimostrato a tutti cosa potremmo fare se solo avessimo più armi».

Eppure le forniture sono riprese con regolarità. «Non è mai abbastanza: nell’ultimo mese i russi hanno lanciato una media di 150 proiettili di grosso calibro e di 200 droni al giorno, noi abbiamo disponibilità molto inferiori». In questo scenario non vediamo come l’autorizzazione a colpire il territorio russo con le armi occidentali potrebbe cambiare gli equilibri sul campo e sembra che anche a Washington siano scettici. Glielo facciamo presente ma lui risponde che colpire le basi dell’aeronautica o le batterie missilistiche farebbe la differenza, «anche se sarebbe bello colpire Rubliovka (un sobborgo di Mosca dove vivono molti degli oligarchi russi, ndr) o la residenza di Putin a Krasnodar, ma non cambierebbe nulla».

Quando obiettiamo che la situazione potrebbe peggiorare Tsekhotskyi, come tutti gli ufficiali ucraini, risponde che «sarebbe molto peggio lasciare Putin libero di fare ciò che vuole e minacciare l’Europa».

MA, A PARTE la guerra dalla distanza, l’impressione dal campo è che l’esercito ucraino sia stanco. «Un esercito stanco è un esercito sconfitto», recita un comunicato di mogli e madri dei militari al fronte che vorrebbero il ritorno dei propri uomini a casa. Nella sua brigata questa stanchezza non è evidente? «Non è un problema della mia brigata, è un problema di tutto l’esercito ucraino. Ricevo reclami del genere costantemente. Per farvi un esempio, tempo fa ho ricevuto la telefonata di una donna che diceva di essere la sorella di un soldato reclutato forzatamente dall’ovest. ‘Ha un glaucoma e fin dalla nascita gli hanno diagnosticato un ritardo mentale, non può combattere!’, mi ha detto la donna. Mi sono informato e ho riscontrato che l’uomo era già stato inviato in prima linea, ho fatto appena in tempo a richiamarlo. Quando l’hanno recuperato e gli hanno chiesto il suo nome si è sbagliato. Non sapeva neanche come si chiamava, capite? Queste sono le conseguenze di una mentalità che nel nostro Paese fatica a essere estirpata».

INCOLPA 30 anni di influenza sovietica, «il sistema di corruzione, mafioso e ignorante come quello degli oligarchi russi per cui si vuole una società di schiavi dello zar di turno, che esegua gli ordini senza farsi domande». A parte i casi specifici, non ha l’impressione che ormai la guerra si tenga solo sulle spalle di pochi? «Noi non andiamo in vacanza, noi siamo sempre qui a combattere da quasi tre anni. Eppure mi chiedo: nelle ambasciate, negli uffici ministeriali, nei posti di comando lontani dal fronte quest’estate sono andati in vacanza? Noi non abbiamo potuto, abbiamo continuato a combattere e a morire. Nelle retrovie i ristoranti sono aperti e sempre pieni, qui non sappiamo quando e se mangeremo. E poi immaginate come si sentono i soldati al fronte quando leggono degli arresti per corruzione dei capi degli uffici di arruolamento, dei ministri, dei funzionari delle imprese statali…».

È UNO SFOGO duro ma non emotivo, quello di Tsekhotskyi, che in ogni caso non concepisce compromessi. «Se il presidente decidesse di sedersi a un tavolo negoziale e cedere territori sono sicuro che esploderebbe il caos in Ucraina. Dopo tutto ciò che abbiamo perso, dopo le migliaia di fratelli morti…nessuno dei militari sarebbe d’accordo. Qui ho visto le migliori menti del Paese, persone laureate, in gamba, la guida dell’Ucraina dovrà spettare a loro dopo la guerra». Già, ma se i russi conquistano Pokrovsk? Dobbiamo chiederglielo due volte per avere una risposta: «Non sarà piacevole perderla, ma non vorrà dire che abbiamo perso la guerra».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento