Attivismo globale in camice bianco, ora si ribellano anche gli scienziati
Scientist Rebellion Carichi di carbone bloccati, una sede di governo coperta di documenti sul clima, uffici parlamentari bloccati...
Scientist Rebellion Carichi di carbone bloccati, una sede di governo coperta di documenti sul clima, uffici parlamentari bloccati...
Mentre a Dubai si incontrano i capi di stato, leader internazionali e numerosissimi lobbisti dell’industria fossile, in giro per il mondo va in scena la rivolta degli scienziati.
Dall’inizio della Cop 28 centinaia di ricercatori del movimento Scientist Rebellion danno vita a azioni di disobbedienza civile e manifestazioni per denunciare l’inerzia nella lotta al cambiamento climatico.
Gli scienziati hanno bloccato un carico di carbone in Olanda. A Stoccolma, il palazzo del governo è stato ricoperto dalle pagine degli studi che documentano il global warming. Occupato l’ufficio del Parlamento europeo di Barcellona. I camici bianchi hanno protestato anche in Messico, Ecuador, Svizzera, Ruanda, Kenya e altrove.
Le ragioni della campagna stanno in una lettera aperta firmata da 1400 scienziati. Tra loro, anche una trentina di membri dell’International Panel on Climate Change, l’organismo incaricato dall’Onu di documentare periodicamente l’impatto globale del cambiamento climatico.
Se adesso anche loro chiamano all’azione diretta, significa che l’inazione dei governi ha esaurito il tempo a disposizione.
«Nessun Paese ha messo in campo interventi in grado di frenare il riscaldamento a 1,5 °C come auspicato nell’accordo di Parigi» scrivono gli scienziati ribelli. «I paesi ad alto reddito e a maggiori emissioni continuano a autorizzare nuovi giacimenti di gas e petrolio, a finanziare i combustibili fossili con miliardi di dollari ogni anno, e a perseguire pratiche agricole distruttive. I paesi ricchi, i maggiori responsabili della crisi, sostengono di avere ancora decenni di tempo per decarbonizzarsi, mentre i paesi poveri sopportano il grosso dell’impatto senza alcun indennizzo o aiuto».
La prima Cop si svolse nel 1992, ricorda Marthe Wens, esperta di rischio idrogeologico all’università di Amsterdam e portavoce di Scientist Rebellion. «Eppure – dice – da allora le emissioni sono cresciute del 60% con impatti devastanti. I politici ci hanno tradito».
Per questo la lettera degli scienziati si rivolge al pubblico più che a loro: «Se vogliamo un futuro vivibile, l’attivismo climatico non può più essere delegato ad altri». Non ci sono alternative all’attivismo in prima persona, concorda un altro esponente del movimento, professore di economia all’università di Quito (Ecuador) Jorge Enrique Ferrero. «Nessun altro potrà salvarci: né una tecnologia magica né un partito politico».
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