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Attacchi jihadisti e Covid, l’economia nigeriana non regge l’urto

Attacchi jihadisti e Covid, l’economia nigeriana non regge l’urtoUn giacimento petrolifero in Nigeria

Nigeria Polemiche nel paese dopo il ritiro dei soldati dalle basi più periferiche. La mancanza di sicurezza spaventa le compagnie petrolifere straniere che ritardano la firma di accordi commerciali

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 22 gennaio 2021

L’esercito nigeriano ha ripreso lunedì scorso la base militare della città di Marte, nello Stato di Borno (nord-est), dopo che nello scorso week-end i miliziani jihadisti dello Stato islamico dell’Africa occidentale (Iswap) ne avevano preso il controllo, uccidendo almeno una decina di militari e causando la fuga di centinaia di civili, residenti in città, verso la capitale dello Stato, Maiduguri.

Polemiche sulla situazione della sicurezza in tutto il paese e specialmente nello Stato del Borno, dove sia le milizie jihadiste di Boko Haram che quelle dell’Iswap hanno i loro bastioni: secondo la stampa nazionale, «neanche i militari sarebbero al sicuro nelle loro basi e i soldati avrebbero abbandonato le loro posizioni dalla base di Marte», ufficialmente con «una ritirata tattica», secondo quanto dichiarato dal ministero della difesa.

Le difficoltà sono state evidenziate da un altro attacco dello scorso sabato contro un convoglio militare nello Stato settentrionale di Yobe (13 soldati nigeriani uccisi in un’imboscata), rivendicato da Iswap, e dall’uccisione di quattro poliziotti e il rapimento di altri due agenti nello Stato di Kaduna (centro), dopo un attacco di questa domenica da parte di una banda criminale armata nell’area di Birnin-Gwari.

E nel paese montano le accuse, sempre più veementi, per l’inerzia del presidente Muhammadu Buhari e delle più alte sfere militari, tenuto conto che nell’ultimo anno gli attacchi contro basi militari e civili sono all’ordine del giorno in tutti gli Stati settentrionali, con «gravi ripercussioni che ricadono sulla crisi economica che sta colpendo il paese», come accusano le opposizioni.

«Nonostante le richieste delle autorità federali di aumentare le misure di sicurezza – afferma un recente report dell’Istituto degli studi sulla sicurezza di Bamako(Iss) – la situazione continua a peggiorare a causa anche della decisione dei militari di abbandonare gli avamposti di campagna verso basi più grandi, cosa che ha lasciato le comunità vulnerabili agli attacchi di terroristi e banditi».

Riguardo alla sicurezza nel paese, la scorsa settimana è stato pubblicato il rapporto del Maritime Information Center (Mica Center), agenzia francese specializzata nella sicurezza marittima, che indica il Golfo di Guinea come «l’area di mare più pericolosa del mondo, con 114 atti di pirateria registrati nel 2020».

La maggior parte degli incidenti si sono verificati nelle acque nigeriane dove almeno una decina di gruppi armati operano al largo del delta del Niger, con sofisticate attrezzature militari per attaccare e dirottare navi cisterna e petroliere, cosa che ha causato «rilevanti perdite economiche all’economia nigeriana».

Proprio per contrastare la crisi economica del settore petrolifero, l’Assemblea nazionale ha approvato lo scorso mercoledì la revisione dei regolamenti dell’industria nigeriana del settore, noto come Petroleum Industries Bill (Pib), che riguarda l’esplorazione petrolifera, i gasdotti e la regolamentazione delle concessioni in un settore che finanzia per il 70% il bilancio statale.

«Dobbiamo cambiare l’approccio nazionale alle vendite di petrolio colpite sia dalla crisi legata alla pandemia, ma anche da un progressivo deterioramento delle condizioni di sicurezza che si aggiungono a episodi di corruzione a tutti i livelli – ha dichiarato alla Reuters il presidente del Senato nigeriano, Ahmed Ibrahim Lawan – L’incertezza dal punto di vista fiscale e sicuritario ritarda inevitabilmente gli accordi con le compagnie straniere, come è recentemente avvenuto con Chevron, Total e ExxonMobil che stanno vendendo vari asset nigeriani».

«La mancanza di sicurezza in Nigeria sta aggravando la crisi economica e ha innescato una spirale di violenza nel paese – conclude il report di Iss – Occorrerebbe puntare su una maggiore presenza del governo, non solamente militare, ma sociale ed educativa, su una migliore coesione tra le diverse etnie e su una reale crescita economica per cercare di invertire una crisi che rischia di far implodere uno dei paesi più ricchi e popolosi del continente africano».

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