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Asso Ventotto, chiuse le indagini: individuati due possibili responsabili del respingimento

Asso Ventotto, chiuse le indagini: individuati due possibili responsabili del respingimentoIl centro di detenzione di Zawiya, Libia – Ansa

Il comandante della nave italiana e il D.P.A. dell’Augusta Offshore indagati per aver sbarcato arbitrariamente 101 persone nel porto di Tripoli. Per la Procura di Napoli violate la Convenzione di Ginevra e la legge italiana che vieta il respingimento e l'espulsione di minori e di donne in stato di gravidanza

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 1 luglio 2020

Dopo due anni, la Procura di Napoli chiude le indagini sul caso Asso Ventotto e individua due possibili responsabili: il comandante della nave italiana, Giuseppe Sotgiu, e il D.P.A. (Designated Person Ashore) dell’Augusta Offshore, Pollice. Le accuse sono pesanti: entrambi, in concorso, avrebbero sbarcato arbitrariamente 101 persone nel porto di Tripoli. Avrebbero altresì abbandonato cinque minori e cinque donne in stato di gravidanza al loro destino in un paese non sicuro.

Il 30 luglio 2018 la Asso Ventotto imbarcò le 101 persone in acque internazionali senza comunicare il salvataggio ai centri di coordinamento e soccorso competenti. Decise autonomamente di far rotta sulla Libia. Le si contesta, inoltre, una serie di gravi omissioni: non identificò i naufraghi, non verificò le loro condizioni di salute e non accertò la loro volontà di chiedere asilo allo Stato di bandiera della nave, ovvero l’Italia.

Nella comunicazione di fine indagini per il caso del 30 luglio 2018, vengono enumerati tutti gli articoli presumibilmente violati dalla Asso Ventotto. Tra di essi spiccano l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra, ovvero il divieto di espulsione, e l’articolo 19 del D.lgs. 286/98, legge italiana che vieta in ogni caso il respingimento e l’espulsione di minori e di donne in stato di gravidanza, nonché il respingimento di cittadini stranieri verso un Paese ove siano a rischio di subire torture e trattamenti disumani e degradanti.

A quanto sembra, la Asso Ventotto compì un vero e proprio respingimento collettivo segreto verso la Libia. L’evento venne rivelato soltanto grazie a una conversazione radio intercettata e registrata dagli attivisti sulla nave di salvataggio Open Arms. Nell’audio, che è stato essenziale per le indagini, Mr. Ronald Ceci, manager della piattaforma della Mellitah Oil and Gas (partecipata al 50% da Eni), discuteva con la plancia della Asso Ventotto in merito ai migranti da trasferire.

A denunciare il fatto alla Procura di Napoli, il 4 agosto 2018 furono gli avvocati Danilo Risi ed Elena Coccia, assieme a un folto gruppo di giuristi e personalità come Moni Ovadia e il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Raggiunto da noi al telefono, l’avvocato Risi si ritiene molto soddisfatto per la notizia di ieri.

C’è un precedente che coinvolge le navi della Augusta Offshore, ne abbiamo parlato soltanto qualche giorno fa. Anche il 2 luglio 2018, meno di un mese prima, una nave Asso prese a bordo almeno 276 rifugiati, tra cui donne incinte e bambini, e arbitrariamente li condusse a Tripoli, ignorando la loro volontà di chiedere asilo all’Italia.

A rivelare la storia sono state le stesse vittime. Il minorenne eritreo Yoseph (nome di fantasia) era sulla nave. Domani sono due anni esatti che sopravvive sul pavimento di un lager libico, in condizioni disumane, assieme a tanti altri passeggeri respinti dalla nave Asso, due dei quali sono deceduti. Ci racconta che il comandante della nave fece loro una promessa: “Vi porteremo in Italia. Adesso dormite” ma che il giorno dopo si risvegliarono nel porto di Tripoli. La Procura di Napoli adesso conosce anche questo caso.

Nel Mediterraneo avvengono continue violazioni dei diritti umani, molte delle quali restano segrete. Sono sempre di più, però, gli attivisti e i giornalisti che le scoprono e le denunciano, con passione e con coraggio. Due giorni fa, il giornalista Nello Scavo è stato pubblicamente minacciato dall’ex capo di gabinetto del governo di Malta. Tutta la nostra redazione si unisce nel dimostrare solidarietà e vicinanza al collega Nello Scavo e per ribadire il diritto a svolgere il proprio lavoro senza intimidazioni.

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