Assassinato Oscar Oquelí Domínguez. Lottava per l’acqua dell’Honduras
America latina 128 ambientalisti uccisi dal 2012. Undici solo nel 2022
America latina 128 ambientalisti uccisi dal 2012. Undici solo nel 2022
È una strage senza fine quella dei difensori della terra e dell’acqua in Honduras, uno dei paesi più pericolosi al mondo per gli ecologisti. Se la più famosa tra di loro è Berta Cáceres, la dirigente ambientalista del popolo lenca uccisa il 3 marzo 2016 per la sua lotta contro il progetto idroelettrico Agua Zarca, molti sono caduti dopo di lei, di cui undici solo nel 2022 (e ben 117 tra il 2012 e il 2021, secondo l’ultimo rapporto di Global Witness).
L’ultima vittima è Oscar Oquelí Domínguez, attivista ambientale di Guapinol, nel nord del paese, ucciso venerdì in un attacco armato in cui è stata ferita anche sua madre.
UN COGNOME, il suo, tragicamente famoso: il suo fratello più giovane, Aly Domínguez, è stato assassinato appena 5 mesi fa, il 7 gennaio, insieme a Jairo Bonilla, mentre tornavano a casa in moto dopo il lavoro. Un crimine che la polizia aveva cercato di liquidare come un tentativo di rapina, malgrado sulla scena del crimine fossero stati trovati, accanto alla moto, cellulari e soldi.
Non c’è dubbio, in realtà, che dietro l’assassinio vi fosse l’impegno delle due vittime nella difesa del territorio e delle risorse idriche del Parco nazionale Montaña de Botaderos, minacciato dalla compagnia mineraria Inversiones Los Pinares di proprietà di una delle coppie più potenti dell’Honduras: quella composta da Lenir Pérez Solís, già protagonista di altri conflitti minerari, e da Ana Facussé Madrid, figlia del noto latifondista e produttore di palma africana Miguel Facussé Barjum.
Il fratello più grande, invece, Reynaldo Dominguez, anche lui della comunità di Guapinol, era stato arrestato arbitrariamente nel 2019, insieme ad altri undici difensori dell’ambiente, per reati come furto, sequestro di persona, incendio doloso aggravato e usurpazione, oltre che di associazione a delinquere. Tutti in seguito prosciolti da ogni capo di imputazione dopo quasi due settimane di carcerazione preventiva.
Per tutti loro, la colpa era una sola: combattere dal 2018 – quando l’acqua dei rubinetti di Guapinol è diventata marrone e i residenti hanno dovuto cominciare a ricorrere all’acqua in bottiglia per bere, cucinare e lavarsi – contro la grande miniera a cielo aperto operativa dal 2013 nella zona centrale del parco naturale, attraversata dai fiumi Guapinol e San Pedro, in un paese in cui più del 35% del territorio è occupato da concessioni minerarie.
E QUESTA È STATA anche la colpa di Oscar Oquelí Domínguez, il cui omicidio, come ha evidenziato l’avvocato dei diritti umani Joaquín Mejía, è avvenuto a pochi mesi dal viaggio di Reynaldo in Europa durante cui ha denunciato la passività del governo di fronte all’illegalità delle operazioni estrattiviste.
«In mancanza di risposta da parte delle autorità – ha denunciato l’organizzazione Guapinol Resiste -, l’ondata di violenza non ha fatto che peggiorare nell’area. E la causa è il progetto minerario illegale, che ha provocato solo morte e distruzione».
NON VA MEGLIO neppure al popolo garífuna – gruppo etnico di origine mista indigena e africana – della comunità Triunfo de la Cruz, nel dipartimento di Atlántida, i cui leader vengono perseguitati e uccisi per la loro lotta in difesa dei territori ancestrali minacciati da progetti estrattivisti: dall’inizio dell’anno sono già due i dirigenti garífuna assassinati, Martín Morales e Ricardo Montero. Già lo scorso anno la Ofraneh (Organización Fraternal Negra de Honduras) aveva segnalato le aree più esposte a intimidazioni, minacce di morte, attentati e aggressioni da parte degli invasori. Ma, denuncia l’organizzazione, le autorità «non hanno fatto assolutamente nulla».
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