I rifugiati ucraini continuano ad arrivare ma il sistema d’accoglienza italiano deve ancora ingranare la marcia. Dei primi 2 milioni di profughi complessivi, 35 mila hanno varcato le Alpi orientali: 14 mila minori, 18 mila donne e 3 mila uomini. Finora è andata bene perché la gran parte è stata accolta da parenti e amici. Per il futuro il governo ha previsto l’ampliamento dei posti in accoglienza. La circolare del 9 marzo firmata Viminale dispone l’attivazione di 5 mila posti in Centri di accoglienza straordinari (Cas) e l’autorizzazione per altri 3 mila nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai, ex Sprar). In base ai casi ci vorranno giorni o mesi per toccarli con mano e difficilmente basteranno.

Del resto nessuno sa quante persone arriveranno, né per quanto tempo. A breve il governo comunicherà all’Ue quante è disposto ad accoglierne. Su questa base riceverà la copertura finanziaria europea. Intanto nel quadro dello stato di emergenza la Protezione civile, con gli enti locali, sta individuando altre possibili strutture: dai Covid hotel dismessi a edifici pubblici, come foresterie o caserme. L’obiettivo è doppio: fornire una risposta immediata mentre si cerca di ampliare l’accoglienza; preparare una riserva per quando anche quei posti saranno pieni.

Venerdì a Roma si è riunito il Consiglio nazionale Anci, l’associazione dei comuni, che ha chiesto alle Regioni di definire «un comportamento uniforme di adozione del modello di emergenza». Il rischio è che si creino situazioni eterogenee «che potrebbero vanificare o indebolire l’efficacia del sistema di accoglienza». I primi casi stanno già venendo fuori. Uno lo denuncia Filippo Miraglia, responsabile nazionale immigrazione Arci, che fa notare come l’Abruzzo preveda tra 55 e 60 euro giornalieri a persona per offrire solo vitto e alloggio. «Nei Sai sono 41 euro, mentre nei Cas sono passati da 23 a 27 euro. Questa cifra resta comunque troppo bassa perché oltre a tetto e cibo vanno garantiti servizi qualificati», afferma Miraglia.

L’Arci fa parte del Tavolo nazionale asilo che rivolge al governo due richieste. La prima è di non discriminare i cittadini stranieri che vivevano in Ucraina. In sede europea la mediazione con il blocco di Visegrád, contrario ad accoglierli, è stata di garantire la protezione umanitaria a tutti gli ucraini e ai soggiornanti stranieri con permessi di lungo periodo rilasciati da quel paese. Per gli altri devono decidere gli stati membri e l’Italia non ha ancora chiarito come intende muoversi. Il secondo punto riguarda le offerte di accoglienza delle famiglie. Lo spontaneismo iniziale andrà organizzato e sostenuto, anche economicamente. Il Tavolo asilo chiede di non creare una terza linea di finanziamento oltre a Cas e Sai, ma di puntare su quest’ultimo modello che garantisce standard più elevati. Così potrebbe offrire e controllare i servizi per i nuovi arrivati, accolti in case private o progetti istituzionali.

Il tema è cruciale anche per i Comuni: quando le cose non funzionano i problemi ricadono sulle loro casse. È uno dei nodi sollevati dal recente studio di Action Aid-Open Polis L’emergenza che non c’è. Il rapporto mostra come nel triennio 2018-2020 i migranti in accoglienza siano diminuiti del 42% e i centri del 25%, ma il modello è rimasto di tipo emergenziale. Sono state chiuse soprattutto le strutture più piccole e 7 persone su 10 sono finite nei Cas, che offrono meno servizi e di qualità più bassa. Un’occasione mancata che peserà anche nella nuova fase.

Anche per questo il sindaco di Prato e delegato Anci all’immigrazione Matteo Biffoni (Pd) chiede al governo di «mantenere un collegamento costante con i sindaci». Le questioni sul tavolo sono diverse e una riguarda proprio la novità dell’accoglienza familiare. «Manca una copertura normativa ed economica», dice Biffoni. Tale modalità è da tempo promossa dalla onlus Refugees Welcome Italia che fa incontrare migranti e persone disposte ad aggiungere un letto. «Le richieste sono aumentate in tutta Italia. Abbiamo già attivato una collaborazione con il comune di Milano e inserito le prime persone. A Roma e Ravenna partono gli albi delle famiglie accoglienti», dice la presidente Fabiana Musicco.

L’altro grande tema è quello dei minori non accompagnati. Il sistema italiano è settato sugli arrivi di adolescenti. Stavolta i bambini saranno molti più della media e i servizi richiesti di natura differente. Anche in questo caso c’è grande disponibilità delle famiglie. La Garante nazionale dell’infanzia, però, ha ribadito la necessità di rispettare i canali previsti dalla legge «per assicurare un’adeguata accoglienza e allo stesso tempo proteggere dal rischio di sparizione, tratta, traffico e sfruttamento, tutelando i diritti fondamentali».