Il comitato antiterrorismo russo, dopo che la polizia ha arrestato una donna – Darya Trepova – per l’attentato di domenica che ha ucciso il l blogger filoputiniano Vladlen Tatarsky, ha indirizzato le sue accuse contro i soliti (convenienti) sospetti. La bomba nel caffè di San Pietroburgo sarebbe infatti stata il frutto di un piano «dei servizi speciali dell’Ucraina con la collaborazione di agenti che hanno collaborato alla cosiddetta Fondazione anticorruzione di Navalny».

Secondo quanto riportato dai media russi, oltre a uccidere Tatarsky la bomba avrebbe ferito oltre 30 persone, e sarebbe stata contenuta in un busto del blogger consegnatogli da Trepova.

La donna è stata arrestata ieri, e a detta della polizia russa avrebbe confessato. L’interpretazione dell’attentato da parte di Kiev è diversa: un funzionario governativo ha parlato di dissidi fra gruppi fedeli al Cremlino, mentre l’intelligence ucraina sostiene che è il frutto del lavoro di partigiani russi. Anche il capo della brigata Wagner, Prigozhin, ha sostenuto una versione diversa da quella delle autorità russe: «Credo sia opera di un gruppo di estremisti che non hanno legami con nessun governo».