Argentina, «El pueblo unido» funziona: revocata la «ley minera» a Mendoza
Argentina La legge avrebbe dato il via allo sfruttamento minerario nella nota area vinicola
Argentina La legge avrebbe dato il via allo sfruttamento minerario nella nota area vinicola
A fare la differenza è stato davvero il «pueblo unido», una volta tanto non solo evocato nelle piazze, ma concretamente e fisicamente presente nella lotta. Perché solo la mobilitazione oceanica, corale e permanente degli abitanti di Mendoza, protagonisti della più grande manifestazione della storia della provincia, ha costretto il governatore Rodolfo Suárez a revocare la legge (la 9209) che dava il via libera allo sfruttamento minerario nella nota area vinicola argentina.
La cosiddetta «ley minera», approvata in tempi record il 20 dicembre scorso grazie a un accordo tra le forze politiche e promulgata da Suárez il 24 dicembre, modificava la precedente legge 7722, la quale, proibendo l’uso di sostanze tossiche come il cianuro e il mercurio – in un territorio già in forte emergenza idrica -, sbarrava di fatto la strada ai progetti estrattivisti perseguiti da tempo dalle multinazionali. Il presidente Alberto Fernández in persona – di cui sono ben noti i piani per rafforzare l’estrattivismo nel paese, sulla scia delle politiche già portate avanti dai governi Kirchner – aveva dato la benedizione al progetto, per poi cambiare linea dinanzi all’esplosione delle proteste. Né aveva potuto calmare le acque l’annuncio da parte del governatore, il 26 dicembre, della sospensione della «regolamentazione della legge», accompagnato da «un grande invito al dialogo» per «dare alla gente la possibilità di informarsi», per esempio sul fatto che «lo sfruttamento minerario non necessariamente è inquinante». Dichiarazioni a cui il noto dirigente popolare Juan Grabois aveva risposto consigliando ai difensori dell’attività mineraria, al momento del brindisi, di versare nelle coppe di champagne «una goccia di cianuro».
L’annuncio del governatore, seguito ad attacchi ai manifestanti «violenti e prepotenti», aveva anzi avuto l’effetto di un boomerang, tanto più dinanzi alla notizia dell’immediato avvio delle procedure per l’autorizzazione di un progetto minerario a Uspallata.
«Vogliono mandarci a casa, guadagnando tempo per consentire l’avanzamento dei progetti estrattivisti», aveva messo in guardia, tra molti altri, Karina Castañar, dell’Assemblea di Tupungato in difesa dell’acqua.
E le proteste, con tanto di minaccia di sospensione del Festival della vendemmia – una delle principali attrazioni turistiche della regione – erano così continuate, unendo un’intera popolazione attorno alla stessa causa: «la legge 7722 non si tocca», «l’acqua non è una merce». Persino i figli del governatore, secondo fonti vicine alla famiglia, si sarebbero pronunciati contro il provvedimento.
La capitolazione è avvenuta la sera del 27 dicembre, quando Suárez è apparso nuovamente in conferenza stampa, accompagnato da tutti i suoi ministri, per annunciare l’invio in parlamento del progetto di revoca della «ley minera»: «Evidentemente – ha detto – la legge non ha legittimità popolare».
Per festeggiare, però, dopo un fine settimana ancora nel segno delle mobilitazioni – talmente bassa la fiducia nelle autorità da indurre i manifestanti a non abbassare ancora la guardia – la popolazione ha atteso la giornata di ieri, quando prima il Senato e poi la Camera dei deputati hanno approvato il ritiro del provvedimento. Una vittoria piena, dunque, e dalle forti implicazioni in un paese estrattivista come l’Argentina.
Tant’è che l’eco delle proteste in Mendoza, insieme a un’ampia mobilitazione popolare al grido di «no vuol dire no», ha almeno per il momento scongiurato un analogo tentativo di introdurre lo sfruttamento minerario nella provincia di Chubut da parte del governatore Mariano Arcioni, alleato del presidente Fernández.
Dopo le voci di una possibile modifica della legge 5001, che nel 2003 ha proibito la «megaminería» nella provincia, il parlamento locale non si è infatti azzardato a trattare la questione nella sessione straordinaria del 27 dicembre. Ma la popolazione resta, opportunamente, vigile.
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