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Appalti irregolari, non c’è pace nelle casette per i terremotati

Appalti irregolari, non c’è pace nelle casette per i terremotatiLe casette di Muccia (Macerata)

Marche post sisma Chiusa l’inchiesta: abuso d’ufficio, truffa e falso i reati ipotizzati dalla Procura, 35 gli indagati tra persone e aziende, alcune senza certificazione antimafia. Sono 4.256 le soluzioni abitative provvisorie nella Regione, dove vivono circa 8mila persone

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 16 febbraio 2020

È giudiziario questa volta il terremoto che si abbatte sulle Marche: sono trentacinque gli indagati, tra persone e aziende, dalla procura di Ancona per gli appalti delle casette provvisorie degli sfollati del sisma del 2016. Le ipotesi di reato sono abuso d’ufficio e truffa, e nelle trenta pagine di capo d’imputazione firmate dalla pm Irene Bilotta si leggono i nomi del capo della protezione civile regionale David Piccinini, del responsabile del procedimento Stefano Stefoni, del direttore dell’esecuzione Lucia Taffetani e del presidente del Consorzio Arcale Giorgio Gervasi.

Oltre a loro, a far rumore sono i nomi di imprese come la Item di Napoli e la Tony Costruzione di Afragola.

Gli investigatori anconetani sostengono che almeno una parte dei lavori di realizzazione delle cosiddette Sae (nelle quali vivono ancora oltre ottomila persone) sia stata affidata a ditte prive di iscrizione all’anagrafe antimafia. Questo avrebbe portato a profitti milionari grazie agli appalti ottenuti indebitamente.

Non solo, per quello che riguarda Visso (Macerata), la costruzione delle casette sarebbe stata ritardata in maniera dolosa: l’inizio dei lavori nell’area era previsto per il luglio del 2017, ma ci sono voluti diversi altri mesi prima di cominciare. Questo a causa di una richiesta di lavori suppletivi che ha fatto salire il valore dell’appalto da 1,1 a 2 milioni di euro. Nell’attesa, i materiali edilizi erano stati conservati all’aperto, si sono in parte deteriorati e questo ha portato a numerosi disagi per i terremotati che le abitano: boiler esplosi, rubinetti rotti, tetti ammuffiti, pavimenti disastrati e mura marcite.

L’INDAGINE, andata avanti da due anni, è stata così chiusa e adesso i coinvolti avranno venti giorni di tempo per presentare memorie difensive o chiedere di essere ascoltate.

L’esplosione del bubbone sulle Sae, a volerla dirla tutta, non è poi una gran sorpresa: nella relazione sul tema che l’Anac di Raffaele Cantone presentò alla Camera lo scorso giugno, infatti, si parlava in maniera esplicita di aziende che avevano avuto rapporti anche con la ‘ndrangheta. Sempre Cantone, un anno prima, aveva segnalato che undici subappaltatori risultavano privi di iscrizione alle white list delle prefetture. Particolari che avrebbero dovuto portare dritti all’esclusione dai lavori.

Va detto, ad ogni buon conto, che solo per le richieste di forniture di casette alla Regione Marche erano arrivate circa 1.300 richieste di subappalto, con 98 ditte coinvolte. Numeri enormi che hanno travolto gli uffici pubblici, in grave affanno nell’affrontare un’impresa che ha portato all’installazione di 4.200 moduli in 85 comuni diversi.

L’incredibile mole di burocrazia è anche alla base degli enormi ritardi accumulati durante i lavori: ci sono voluti quasi tre anni perché tutti i terremotati che ne avevano fatto richiesta ricevessero le chiavi di una delle scatole di plastica e ferro ottimisticamente chiamate «casette».

SULLO SFONDO restano le elezioni regionali, in programma a fine maggio. La campagna elettorale deve ancora cominciare, ma già si intuiscono quelle che saranno le coordinate dell’assalto a Palazzo Raffaello: a cavalcare il tema del terremoto (e della sua sin qui disastrosa gestione) sarà soprattutto la destra, mentre il centrosinistra più che provare a difendere il proprio operato, appare intenzionato a cercare di ridimensionare il problema.

D’altra parte, nelle Marche, i terremotati sono appena trentamila, tutti schiacciati sull’Appennino, mentre i voti e il potere sono concentrati nelle città più grandi, lontane dal cratere e dai suoi drammi.

È un copione consolidato: nelle zone del sisma, sia alle politiche del 2018 sia alle europee dell’anno successivo, a farla da padrone è stata la Lega, stabilmente sopra al 40% e talmente forte da riuscire a eleggere in Senato il sindaco di un paese piccolissimo come Visso, Giuliano Pazzaglini, a rischio processo per una storia di donazioni dirottate su conti corrente privati. Fino al 2018 Matteo Salvini è passato spesso e volentieri nei paesi distrutti, tra selfie, bacioni, abbracci e pesantissime accuse a un Pd che, sin qui, ha avuto sempre in mano il pallino del gioco sul sisma. Che poi a campagna finita, il leader leghista non si sia visto appare come poco più di un dettaglio, almeno per la minoranza di popolazione che ancora va a votare.

Adesso i terremotati non sembrano più merce di scambio elettorale e vivono in pieno quella strategia dell’abbandono teorizzata da più parti per descrivere la loro situazione.

AD AGOSTO saranno passati quattro anni dalla prima scossa: centinaia di tonnellate di macerie sono ancora per terra, la ricostruzione non è mai partita e gli abitanti diminuiscono di settimana in settimana. Un pezzo d’Italia che ormai sta scomparendo.

Aggiornamento del 23 novembre 2021

Il testo originario dell’articolo è stato modificato a seguito della richiesta di rispetto del diritto all’oblio di uno dei soggetti citati.

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