La balla della Stella di David fatta coprire nell’hotel di Lipsia. «In questo momento il più grande danno alla lotta all’antisemitismo in Germania» come sottolinea la stampa nazionale senza troppi sensi di colpa.

UNA STORIA emblematica nel Paese che da tempo ha scelto di regolare politicamente la questione israelo-palestinese a suon di “Verboten” e misure preventive, e dove la grande informazione dà la caccia indifferentemente ai mostri veri (tipo le raccolte fondi per le azioni operative di Hamas) e ai mostri finti (per esempio la Kefiah indossata dagli studenti) dimenticandosi sempre che l’antisemitismo, c’è poco da fare, è istituzionale da quando Afd siede al Bundestag.
Mentre la voce della verità – l’unica in questa inquietante vicenda di abbaglio pressoché corale – viene spedita nel borgo più sperduto della Germania-Est, perché 600 maccartisti sono scesi in strada coi cartelli per chiedere di levarla di mezzo. Fuori dai piedi. Lei e tutta la famiglia.

Viene fuori solo adesso, al sesto giorno del processo in tribunale: il roboante fatto di cronaca che fece il giro del mondo era sonoramente falso. Gil Ofarim, cantante pop al top delle classifiche musicali non solo tedesche, ex talent del format televisivo The Voice of Germany, si era inventato tutto, da cima a fondo.
Due anni fa nell’albergo Westin di Lipsia dove aveva prenotato la camera nessun receptionist gli chiese di coprire la collana con la stella di David appuntata sulla sua giacca, al contrario di ciò che lui aveva raccontato pubblicamente nel videoclip di denuncia con il record di visualizzazioni. La prova definitiva è che come finta vittima di antisemitismo ieri ha dovuto patteggiare il vero pagamento di 5mila euro ciascuno alla Comunità ebraica di Lipsia e al Centro commemorativo della casa della Conferenza di Wansee, oltre al risarcimento della cifra rimasta riservata «per il dolore e la sofferenza provocata al personale dell’hotel ingiustamente accusato di un atto mai compiuto».

TRA LE VITTIME della sua diffamazione spicca il direttore dell’albergo di Lipsia la cui testa era stata chiesta dalla manifestazione più o meno spontanea di centinaia «indignati» davanti all’hotel nel 2021. Dopo aver ricevuto minacce di morte per la responsabilità diretta nell’«atto antisemita» era stato costretto a trasferirsi con massima fretta e famiglia al completo in un borgo lontano nella ex Ddr con la carriera virtualmente distrutta. Fin dall’inizio si era spolmonato a spiegare che Ofarim mentiva. Nessuno gli ha dato retta fino a ieri quando la magistratura lo ha riabilitato anche come direttore dopo la piena confessione dell’artista.

«Aveva ragione lui. Mi sono inventato tutto» ha ammesso con un fil di voce, due anni dopo, a processo già iniziato, Gil, figlio del celebre cantante israeliano Abi Ofarim, nato a Monaco nel 1982, frontman delle band Zoo Army e Acht. Provocando l’immediata reazione del mondo degli artisti che nel 2021 aveva creduto in lui sostenendolo pubblicamente.
«Chiunque sostenga di essere insultato in modo antisemita va preso sul serio. Conosco Gil da anni, per questo mi ha delusa molto. In questi tempi l’antisemitismo reale esiste in Germania come altrove e sui social, a scuola, nei campi sportivi. Sfortunatamente ci sono abbastanza problemi veri per la comunità ebraica che nessuno dovrebbe sentire il bisogno di inventarli. Spero che un errore dovuto all’ego personale non venga mescolato al dibattito sull’antisemitismo» si augura l’amica modella Sandy Meyer-Wölden.

TROPPO TARDI. «D’ora in poi la vicenda di Ofarim sarà la migliore scusa a disposizione degli antisemiti. In pratica potranno dire che tutti gli atti contro gli ebrei sono fondamentalmente falsi» è la quantificazione del gigantesco danno causato dal cantante sulla Taz. «La sua menzogna adesso non deve essere sfruttata al contrario. Ma il suo caso dimostra chiaramente come la solidarietà istintiva possa rivelarsi assai controproducente» concludono a Die Zeit.