Israele protesta e alza la voce all’Onu. Ma dietro le quinte il governo israeliano festeggia. La decisione dell’Autorità nazionale palestinese di ritirare la risoluzione di condanna per la legalizzazione da parte dell’esecutivo di estrema destra guidato da Benyamin Netanyahu di nove avamposti coloniali nei Territori occupati, rappresenta un indubbio successo diplomatico per Israele. La dichiarazione approvata dal Consiglio di Sicurezza (CdS) che definisce le colonie israeliane «un ostacolo» per la pace, non è vincolante, quindi, ha soltanto un significato simbolico.

«Quella dichiarazione non doveva essere pronunciata e gli Usa non avrebbero dovuto aderirvi», ha tuonato l’ufficio del primo ministro. Invece sotto il tavolo Israele batte le mani all’Amministrazione Biden che ha premuto sull’Anp affinché ritirasse la bozza di risoluzione contro Israele – presentata attraverso gli Emirati membri temporanei del CdS – per accontentarsi di una semplice dichiarazione, altrimenti avrebbe cozzato contro il veto degli Stati uniti. Cosa abbia ottenuto in cambio l’Olp da Washington è l’interrogativo degli analisti. Promesse di qualche aiuto umanitario o poco più, pensano alcuni. Di sicuro il presidente Abu Mazen ha scelto consapevolmente di perdere ulteriori consensi tra la sua gente. Inoltre un documento di condanna della sua decisione firmato da sette formazioni politiche palestinesi, a cominciare dal movimento islamico Hamas, definisce il ritiro della risoluzione un atto di «subordinazione all’Amministrazione americana che è complice dell’occupazione israeliana…La scelta è impopolare, a livello nazionale e politico di fronte alle politiche di Israele nei confronti dei palestinesi».

Irritazione hanno provocato anche le parole di Hussein al Sheikh, segretario generale dell’Olp, considerato uno dei successori più probabili di Abu Mazen (87 anni). Al Sheikh ha espresso, tra lo sbigottimento di molti, soddisfazione per il testo della dichiarazione del CdS senza considerare che la mediazione statunitense per la cessazione delle iniziative unilaterali di Israele e Anp non riguarda l’ultima decisione del governo Netanyahu di costruire migliaia di nuovi alloggi per coloni in Cisgiordania. Una fonte israeliana ha spiegato che l’intesa raggiunta è temporanea e limitata solo alla concessione di nuove licenze edilizie e alla legalizzazione di altri avamposti ebraici mentre le case già annunciate saranno costruite. Secondo indiscrezioni, Netanyahu avrebbe solo accettato di tenere a freno i gruppi religiosi di destra in occasione del mese di Ramadan, della Pessach ebraica e della Pasqua e di evitare provocazioni sulla Spianata delle moschee.