Visioni

«Another End», eros e thanatos intrappolati tra mente e corpo

Gael García Bernal in «Another End»Gael García Bernal in «Another End» – foto Indigo Film

Berlinale 74 Il primo film italiano in concorso, storia d’amore filosofica e sci-fi con un cast internazionale. Incontro col regista Piero Messina e con gli attori Gael García Bernal e Bérénice Bejo

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 18 febbraio 2024
Piero Messina alla Berlinale, foto Ansa

«Nella separazione c’è un momento in cui si percepisce in maniera più intensa, paradossalmente, il vissuto insieme. Per questo credo sia una condizione feconda per parlare di cosa sia l’amore» spiega Piero Messina in un incontro con la stampa italiana per presentare il suo Another End. Il film, selezionato nella «vetrina principale» ovvero il concorso della Berlinale, arriverà nelle nostre sale il 21 marzo.

È LA SECONDA prova del regista nato a Caltagirone nel 1981, dopo L’attesa (2015), che vedeva protagonista Juliette Binoche in un lavoro liberamente ispirato a Pirandello. Nella filmografia di Messina si possono già trovare alcuni temi ricorrenti: il lutto, l’amore e l’aver realizzato film con un cast internazionale, in una lingua diversa dalla propria. «Ma è ancora presto per parlare di come sia il “mio cinema”» afferma il regista.

Cosa amiamo davvero in qualcuno? È una delle domande su cui abbiamo più riflettuto, quella dimensione indicibile e determinante Piero Messina
Stavolta sono Gael García Bernal, Renate Reinsve e Bérénice Bejo a interpretare un film dove la scrittura e la trama sono centrali – tanto che si chiede in maniera decisa ai giornalisti di non svelare dettagli che potrebbero spoilerare il lavoro e rovinare la visione. Le premesse pongono Another End in un territorio limitrofo alla fantascienza: una nuova tecnologia permette di impiantare, per un periodo di tempo limitato, i ricordi e la personalità di un individuo deceduto in un corpo che le «ospita», così da avere la possibilità di metabolizzare e gestire meglio l’addio definitivo. Terapia? Aberrazione? Il giudizio è dello spettatore, anche se il film sembra racchiudere una riflessione a tutto tondo sulla tecnologia – in una scena in metropolitana, i passeggeri chiusi ermeticamente nei loro ricordi assomigliano molto a noi con i nostri smartphone. Così come colpisce vedere i vagoni fatiscenti fare il paio con tecnologie avanzatissime.

COMUNQUE, la possibilità di «impiantare» i ricordi dei morti nei corpi dei vivi solleva diverse questioni: la memoria è qui concepita per lo più come un insieme di immagini, di dettagli rilevanti, la vicinanza col cinema si fa quindi vertiginosa. E poi, riemerge inevitabilmente la frattura tra res cogitans e res extensa di cartesiana memoria. Un tema che affronta l’attore messicano Gael García Bernal (lo si ricorderà per il ruolo di Che Guevara ne I diari della motocicletta e in diversi lavori di Pablo Larrain). «Il film pone diverse domande filosofiche che i tempi in cui viviamo ci chiedono di tenere aperte. La cultura occidentale tende a distaccare la mente dal corpo, a considerare quest’ultimo un involucro, ma il film mette in questione l’assunto in maniera sensoriale, un aspetto che mi piace molto». E in effetti Another End flirta con la filosofia in più occasioni, basti pensare al riferimento al vedere-come di Wittgenstein, la celebre figura dell’anatra-lepre dove non si può decidere quale delle due interpretazioni prevalga sull’altra.

«Cosa amiamo quando amiamo qualcuno? È una delle domande su cui abbiamo più riflettuto, quella dimensione indicibile che è determinante per l’innamoramento» afferma Messina.
Il linguaggio e le conoscenze plasmano la percezione e questa ambiguità finisce per coinvolgere anche lo spettatore. «Se spiegassi come ho lavorato al mio personaggio, svelerei tutto il senso film» chiosa l’attrice Bérénice Bejo. La scrittura dello stesso Messina insieme a Giacomo Bendotti, Valentina Gaddi e Sebastiano Melloni in effetti ha richiesto agli interpreti un gran lavoro, che rendesse credibile e inaspettato il gran finale.

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